E’ morto a Catania, dove era ricoverato in ospedale, Ivan Lo Bello, 62 anni, ex presidente di Confindustria Sicilia ed ex vicepresidente nazionale degli industriali.
Laureato in giurisprudenza, Lo Bello è stato in Sicilia tra gli artefici del Codice etico che prevedeva l’espulsione degli imprenditori che pagavano il pizzo. “Chi paga il pizzo verrà espulso” era la regola. Durante la sua presidenza di Confindustria Sicilia, nel 2007 Lo Bello arringò gli imprenditori dell’isola invitandoli alla ribellione contro il pizzo, pena l’espulsione dall’associazione. “Basta con l’alibi della paura” disse, occorre denunciare gli estorsori.
Chi era Ivan Lo Bello
Anni approfonditi all’interno del libro Mafia e pizzo “Pagare non paga”, di Elio Sanfilippo e Maurizio Scaglione.
Siracusano, si era affacciato al mondo dell’imprenditoria come socio dell’azienda di famiglia, la Fosfovit (biscotti dietetici per l’infanzia). Nel 1998 entra nel Consiglio d’amministrazione del Banco di Sicilia (ne sarà presidente dal 2008 al 2010, quando l’istituto di credito siciliano faceva già parte del Gruppo Unicredit) e l’anno successivo comincia il suo impegno in Confindustria guidando per sei anni gli imprenditori di Siracusa, prima di diventare presidente regionale ed esordire con il Codice etico che creò entusiasmo e polemiche: qualcuno lo accusò di criminalizzare gli associati, già vessati dal racket. Fu il periodo in cui la lotta contro le estorsioni chiamò a raccolta la società civile, già sollecitata alla rivolta dalla nascita di Addio Pizzo, nel 2004, ad opera di un gruppo di giovani che nottetempo aveva affisso sui muri di Palermo adesivi listati a lutto con la scritta: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Iniziativa che cadde nell’anniversario dell’assassinio di Liberio Grassi, l’imprenditore poco amato dai colleghi e ucciso nel ’91 per non essersi piegato alle richieste degli estorsori. Per Confindustria sembra la svolta. Nel 2012 Lo Bello viene chiamato in via Dell’Astronomia come vicepresidente di Confindustria e in Sicilia lascia il testimone al suo vice, quell’Antonello Montante che tre anni dopo sarà indagato, poi arrestato e definitivamente condannato nel 2024 per corruzione e accesso abusivo ai sistemi informatici. E attualmente coinvolto in un altro processo a Caltanissetta. Inizialmente Lo Bello difende Montante, prima che le accuse mostrano l’altra faccia dell’uomo che si spacciava per paladino dell’antimafia e della legalità. Nel 2016 anche Lo Bello è indagato a Potenza per associazione a delinquere nell’inchiesta sul petrolio, nell’ambito del filone siciliano dell’indagine che porta ad Augusta. Ma poco dopo la sua posizione sarà archiviata. Eletto presidente di Unioncamere, che guiderà per tre anni, fino al 2018, sarà per lui l’ultimo incarico: fiaccato dalla malattia, abbandonerà l’attività pubblica.