Quest’oggi si terrà alle ore 16.30 presso il Real Albergo dei Poveri la tavola rotonda sul tema“La scuola delle donne nel mondo greco. Dimensione femminile e trasmissione delle conoscenze nel mondo greco: una riflessione tra passato e presente” organizzata dal Centro regionale per il Catalogo e la Documentazione in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale.
Introdotto dall’archeologa Caterina Greco, Direttore del CRICD, l’incontro, che si baserà sull’intervento di Flavia Frisone, nella foto docente di Storia greca, Antichità e Geografia storica del mondo antico presso l’Università del Salento e Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici “Dinu Adamesteanu” di Lecce, è rivolto a esplorare un tema poco conosciuto al grande pubblico quale il sistema educativo femminile e il rapporto tra donna e organizzazione del sapere nel mondo classico.
Nel corso della discussione, che coinvolgerà alcune delle principali protagoniste del mondo femminile contemporaneo – da Valeria Ajovalasit, presidente nazionale Arcidonna, a Fiorella Palumbo, dirigente tecnico dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia e infine a Lina Prosa, drammaturga nonché promotrice del “Progetto Amazzone” – verranno indagate luci ed ombre nel ruolo delle donne nella trasmissione del sapere e della cultura, un aspetto fondamentale per il riconoscimento del contributo svolto dal mondo femminile ieri come oggi. Sfatando gli stereotipi in voga sino a qualche decennio fa, la discussione proporrà un’idea nuova e diversa della donna nell’antichità, il cui ruolo non era necessariamente relegato all’ambiente familiare e domestico. Ma, nel filo del confronto fra passato e presente, ci si interrogherà sulla effettiva capacità di elaborazione e condivisione di un pensiero e un metodo “femminile” nella gestione e trasmissione dei sistemi del sapere, solitamente relegati ai margini di competenze convenzionalmente demandate agli uomini.
Il dibattito verrà coordinato dalla giornalista Marina Turco, redattrice di TGS. L’iniziativa, che ha valore di esperienza formativa per gli operatori del mondo della scuola secondaria, è rivolta a studenti e docenti delle scuole e dell’università e vuole essere occasione di approfondimento culturale diacronico fra mondo classico e contemporaneo.
Due le domande su cui si porrà l’attenzione maggiormente: “Quale spazio era riservato al sapere, nell’universo femminile antico?” e “Quali “saperi” del femminile erano considerati importanti e socialmente accettabili nella Grecia antica?”. Si partirà da una riflessione sui ruoli educativi che erano destinati alle donne e sull’influenza che questo poteva avere nel definire la forma stessa della società. Dal ruolo di custodi delle memorie familiari, della vendetta e del sangue, a quello di prime destinatarie della promessa salvifica delle religioni misteriche, dall’istruzione pratica da sovrintendenti dell’azienda familiare alla possibilità di attingere agli orizzonti più alti della cultura contemporanea e di misurarsi con gli uomini, a prezzo però della propria dignità sociale, le vedremo, queste donne antiche, incarnate in modelli letterari o in donne vere, che lasciarono traccia della loro vita reale nella documentazione materiale. Ci mostreranno come lo spazio dedicato al loro sapere, o al sapere per loro, non fu mai neutro ma spesso aiuta a ricostruire un’immagine più autentica del mondo in cui vissero.
Ci insegna qualcosa, oggi, la storia di queste donne, il loro spazio nel margine di un modello culturale che pure ha costituito un paradigma fondamentale per la cultura moderna e contemporanea? Oggi, che l’educazione negata si rivela una schiacciante violenza esercitata su milioni di bambine e ragazze nel mondo, proviamo a chiederci quale peso abbia, per una società, una cultura che possa declinarsi anche al femminile. Per esempio: cosa significa la progressiva “femminilizzazione” degli studi classici che si manifesta sotto i nostri occhi, nella scuola e nell’Università italiane? Dobbiamo considerarla un’ulteriore forma di marginalizzazione, di fronte a una società che dà valore ad altri modelli di sapere? O possiamo guardare a questa come a un’opportunità da non perdere, per le donne e per la cultura?