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“La festa dei morti a Montedoro di Sicilia” | LA TRADIZIONE

giovedì 29 Ottobre 2020
La festa dei morti a Montedoro di Sicilia

Come si festeggiava “La festa dei morti” in Sicilia? Quali erano “I regali che i parenti morti portavano nottetempo ai loro nipotini”? Questo racconto, “La festa dei morti a Montedoro di Sicilia”, narra di questa antichissima e molto sentita festa siciliana del secolo scorso dedicata ai bambini. Tradizione che, ahinoi siciliani, è stata velocemente soppiantata da una ridicola festa americana – americanata diremmo a Palermo! – quale quella di Halloween che non c’entra nulla con le nostre belle ed emozionanti tradizioni culturali e sociali dedicate ai bambini. Purtroppo, dalla fine del Novecento, stiamo subendo, senza alcuna resistenza, una sorta di colonizzazione culturale americana alla quale i nati nella seconda metà del secolo scorso sono e sono stati particolarmente sensibili, e che imprudentemente hanno trasmesso e trasmettono ai loro figli e nipoti. Forse è arrivato il momento di ritornare alle nostre belle e antiche tradizioni siciliane. Forse sì! Noi ci proviamo nel nostro piccolo con questo racconto. E allora ascoltiamo questa storia che narra, con la magistrale voce di Emanuela Trovato, come si svolgeva questa bellissima festa per i bambini di Sicilia. La storia è ambientata a Montedoro di Sicilia, paesino siciliano il cui nome è inventato, ma che certamente rappresenta tutte le comunità della nostra isola che hanno vissuto nei secoli l’emozionante “Festa dei morti”.

 

“La festa dei morti a Montedoro di Sicilia”, clicca qui per ascoltare il racconto da YouTube:

YouTube player

“La festa dei morti a Montedoro di Sicilia”, clicca qui per ascoltare il racconto da Facebook:

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/videos/666276164291813/

Photo Gallery di dolci siciliani della “Festa dei morti”:

Il racconto de “La festa dei morti a Montedoro di Sicilia”:

La chiesa quella domenica era piena piena.

Era a’ prima missa cumannata dopo la festa dei morti che a Montedoro era una ricorrenza importantissima, soprattutto pì nuautri picciriddi..

Tutti i bambini sapevamo che durante la notte dei morti, tra il primo e il due di novembre di ogni anno, i defunti della famiglia: i bisnonni, i vecchi zii, i lontani parenti che avevano abitato nella nostra casa, tornavano per portare ai niputieddi tanti liccumarie e tanti giocattoli.

Tutti i bambini andavamo a letto la sera prima con il pensiero – anzi la certezza! – che la mattina dopo avremmo trovato, accanto al letto o nascosto da qualche altra parte della casa, i regali: giocattoli, caramelle, dolciumi belli zuccarati.

Era una grande festa per tutti noi picciriddi del paese.

Era l’unica sera dell’anno che andavamo a letto senza fare storie, belli convinti, anzi contenti!

E quando le nostre mamme, finito di cenare, ci dicevano che era ora di andare a dormire, filavamo dritti dritti come a tanti saittuna, senza mancu ciatari.

Ci mettevamo il pigiamino e, senza farinillu diri mancu na vota, c’infilavamo sotto le coperte, chiudevamo gli occhi subito subito, e aspettavamo di addormentarci presto presto perché sennò i morti non venivano e quindi niente regali, niente giocattoli e niente liccumarie.

Così dicevano i grandi.

La mattina all’alba del due novembre, ppena il sole entrava attraverso le persiane

e ci colpiva la faccia, ci svegliavamo di botto, spalancavamo gli occhi, saltavamo dal letto come tanti grilli, e cominciavano a cercare casa casa…

E chi trovava a’ bicirietta Graziella nuova nuova ch’i rotelle. Chi Ciccio Bello.

Chi i bambolotti morbidi morbidi della Mattel che noi picciridde ci andavamo pazze.

Chi la pianola Bontempi nica nica.

Chi la chitarra picchì ci piacieva a sunari.

E i maschili u’ palluni di cuoio originale del Milan, della Juve o dell’Inter, per giocare al campetto di pallacanestro o a’ Mulietta, là dove c’era il campo di calcio per i jucatura granni della terza categoria, chiddu di terra battuta.

Chi le scarpe di calcio chiodate – che non le aveva nessuno in paese!

Chi quelle da tennis ch’eranu boni pì curriri e pì passiari.

Insomma, di tutto regalavano i morti in quella notte felicissima! e lunghissima! ai bambini di Montedoro.

E così, afferrati i giocattoli, bevuto il latte e mangiati di cursa dui viscuota fatti n’casa, tutti sti picciriddi la mattina del 2 novembre ci riversavamo nelle strade e nelle piazze del paese per far vedere a tutti gli amichetti e compagnetti quello che avevamo ricevuto in dono dai morti quella notte.

 

– A tia chi t’arregalaru i murti Ciccio?

– A pista di machini Polistil… talè che bella… Vadda che corrono velocissime nel circuito a forma di otto.

– A mia u’ palluni di cuoio, talè che bello… ni faciemu dui palleggi?

– A mia u completinu dell’Inter… talè che bello…

– A tia Riccardo?

– A pistuola Edison superbum… talè ch’è bella… aspè ca’ sparu dui cuorpa… bum… bum… ci jucamu a sparari? Tu fai l’indianu e iu fazzu u’ sceriffu… va bene?

– E a tia Totò, chi t’arregalaru i morti? u’ pupu cu’ l’anchi tuorti? ahahahaha

 

Totò a quel punto fissava n’ta l’occhi a Pippinu, si mettieva u’ stecchinu n’mucca, ci facieva un ghigno di sfida con un sorrisetto, poi velocissimo tirava fuori dal fodero della cintura la sua sfavillante pistola Lory, con la stessa sveltezza e taliata che aveva visto fare nel film western, da tre metri di distanza gliela puntava dritto al petto, tirava il grilletto senza esitazione… pam… pam… pam…

Tri cuorpa e Pippinu si iccava n’tierra stinnicchiatu comu a Tex Willer, ferito al petto n’ca si tinieva strittu strittu iccannu vuci n’ca parieva chi stava muriennu veramenti.

(Totò c’avia sparatu picchì l’avia pigghiatu pu’ culu).

E tutti a scaccaniarisi de risati, a sfottersi, a prendersi in giro, contenti di giocare, di stare insieme, di mostrare quei regali bellissimi… piccole cose, giocattoli semplici, che li facevano sentire forti, amati, imbattibili.

Felici, va.

E lo eravamo tutti, felici, orgogliosi dei regali ricevuti, curiosi di quello che avevano ricevuto gli altri picciriddi che per tutta la mattinata, fino all’ora di pranzo, giocavano sparsi in crocchi per tutto il paese… a Santantuninu, o’ Cannulicchiu, o’ Vadduni, e’ Scuoli, o’ Chianu, a’ Matrici, a’ Vutata o’ mulinu…  le piazze e le strade del paese per quella giornata erano dominio di centinaia di picciriddi che si rincorrevano, saltellavano, si radunavano in capannelli accovacciati sui marciapiedi, si fronteggiavano fingendo duelli di spade, pistole e fucili.

 

Me frati Pasquali – Patri Pasquali – pure a quello pensava prima di iniziare a’ missa, ogni anno, alla festa dei morti nella quale tutti dì picciriddi erano stati felicissimi dei regali ricevuti.

Pensava pure ai regali che lui bambino aveva avuto dai suoi morti, che gli avevano dato tantissime gioie…

E u’ regalu chiù bello per tutti i masculiddi comu a iddu erano i’ pistuoli e i’ fucili… u’ fucile Marines con il pacchetto di capsule rosse o gialle che si mettevano nel caricatore e spingendo il grilletto facevano un botto sordo che pareva preciso lo sparo di un’arma vera e faceva schizzare a mezzo metro di distanza il proiettile di gomma dura… ’a pallina colorata che serviva pì jucari a sparare tra bande rivali di indiani e sceriffi…

dda matina però a mezzo metro di distanza c’era iu…

iddu non si n’addunau… e mancu iu.

 

INFO SUL RACCONTO:

La voce narrante e l’interpretazione sono di Emanuela Trovato, attrice e docente di recitazione.

La rielaborazione drammaturgica e l’adattamento sono di Emanuela Trovato.

Il racconto è tratto da “La festa dei morti di Montedoro” dal romanzo inedito “La banda” di Andrea Giostra.

Voce e interpretazione di Emanuela Trovato:

https://www.facebook.com/emanuela.trovato.carta

https://www.facebook.com/ETvocelinklater/

Emanuela Trovato

Andrea Giostra:

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/ 

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

Andrea Giostra, 1966 a sx con il suo Cavallino a dondolo regalo della Festa dei morti; 2019 a dx con lo stesso regalo di allora.

 

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