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Il diritto di votare

La Festa della Repubblica è “doppia” pensando alle donne che votarono per la prima volta

venerdì 2 Giugno 2023
Elezioni: Jula De Palma mentre vota

Quando pensiamo al 2 giugno del 1946 ci sembra quasi un’era geologica lontana. Eppure, ogni volta che celebro la Festa della Repubblica, il mio pensiero va a mia nonna, che mi ha lasciato il nome ed un’eredità alla quale come donna ogni tanto non dò il giusto peso. Quel 2 giugno di 77 anni fa mia nonna Sarina si recò alle urne per la prima volta, insieme a oltre 13 milioni d’italiane. Un fatto epocale, una conquista che in fondo è ancora giovane. Fino ad allora le donne in Italia non avevano il diritto di voto. Da quelle urne, oltre alla vittoria della Repubblica, vennero eletti i primi deputati, quelli che hanno scritto la Costituzione, il pilastro sul quale si basa il nostro Paese. Su 556 eletti le donne furono 21 e di queste appena 5 entrarono a far parte della Commissione dei 75 che materialmente lavorò al testo della Costituzione. Mi chiedo spesso cosa mia nonna abbia votato quel giorno, se Monarchia o Repubblica, né lei né la mia nonna materna, Celeste. Ho qualche dubbio, vista la percentuale altissima dei sì alla Monarchia espressi in Sicilia. Non so se abbiano seguito le “indicazioni” dei mariti o se nel segreto dell’urna abbiano fatto di testa loro.

L’unica cosa che so è che fino al 2 giugno del 1946 le donne erano cittadine italiane con un diritto in meno. Da quel diritto (quel giorno furono elette anche le prime donne sindaco), sono scaturite altre battaglie vinte, altre pareggiate, altre ancora da vincere. E’ infatti emerso subito, proprio con quel “21” su 556 che non basta il solo diritto di votare per raggiungere l’equità, ma occorre anche, come ci insegna la Costituzione, porre le condizioni per una parità reale. Ovvero il diritto di essere votate. Il discorso si è quindi fatto più complesso, e ancora oggi, 77 anni dopo quel 2 giugno continuiamo a impegnarci su come quel diritto di essere votate sia effettivo, pieno e raggiunto.

Le prime donne a diventare ministre dovettero aspettare e c’è chi pagò anche all’interno della Dc scelte e decisioni coraggiose, c’è chi scrisse pagine di storia importanti per le donne (vedi le battaglie per il divorzio e per la legge sull’aborto) e per gli italiani (il sistema sanitario nazionale porta il contributo determinante di molte di queste elette). Eppure, solo nel 2022, moltissimi anni dopo quel famoso giorno del diritto al voto attivo e passivo, siamo riusciti ad avere una donna premier. Anzi, siamo riusciti persino nell’impossibile, ovvero a derubricare una conquista solo perché Giorgia Meloni non è di sinistra. Nel caso di una premier di sinistra sarebbe stata beatificata in vita, ma questo è un altro discorso.

Adesso le montagne da scalare sono ai piani più bassi. Per anni il dibattito si è polarizzato su quote rosa sì o no, su preferenza di genere, su correttivi da apporre per garantire che quel diritto divenga effettivo.

In Sicilia non siamo ancora riusciti ad avere una presidente della Regione, le candidate si sono ferme sempre fermate a percentuali non eccelse e per la presenza di almeno una donna in giunta regionale abbiamo dovuto aspettare decenni. Per non scordare che nel governo Musumeci, appena un paio d’anni fa si ritornò indietro nel tempo con una sola assessora e tutti uomini con discussioni imbarazzanti all’interno dei partiti tra chi “dovesse fare l’estremo sacrificio di indicare un’altra donna” con Miccichè che disse “noi abbiamo già dato”. A cascata ci sarebbe da affrontare anche la questione del peso delle deleghe…….

Anche le  sindache sono ancora pochissime, tutte nei piccoli comuni. Messina non ha mai avuto né una sindaca (e due sole candidate alla poltrona nell’arco di 20 anni) né una presidente della provincia se non per pochi mesi e per una serie di motivi contingenti (era Amelia Ioli Gigante ed all’epoca non c’era l’elezione diretta del presidente della provincia ma era stato arrestato l’allora presidente).

Resta soprattutto un fatto culturale che impedisce in un Paese in cui il diritto di voto è esercitato dal ’46 un equilibrio numerico sul diritto ad essere votate ed elette. Un fatto culturale che ci riguarda tutti, non solo il sistema dei partiti e delle istituzioni ma anche chi va a votare. Riguarda anche chi non va a votare.

Per questo ad ogni 2 giugno nel ricordare la nascita della Repubblica ed una Costituzione che per me resta la più bella del mondo, il mio pensiero va sempre alle 13 milioni di donne che entrarono in urna per la prima volta.

E alle 21 che entrarono a far parte dell’Assemblea Costituente. Maria Agamben Federici, Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce, Ottavia Penna, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio

 

 

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