La politica è una cosa seria, a me lo insegnò “l’etica Nicomachea” di Aristotele, il “Contratto sociale di Rousseau, “La Repubblica” di Platone, “Il Capitale” di Marx. Insomma gente seria che amava meravigliarsi e riflettere sulla gestione anche morale della cosa pubblica. Pur tra mille contraddizioni.
Ultime elezioni comunali di Palermo, poca politica, scarsa affluenza, “il Saggio” al potere. Tra i nomi dei candidati a sindaco (I consiglieri comunali nel loro ruolo purtroppo servono a ben poco) mi ha colpito quello di un certo La Vardera che mai avrei votato per ovvie ragioni ideologiche e “cognitive”. Ragazzo appena ventiquattrenne, sine condizioni prepolitiche, col ciuffo rosso e sostenuto dalla destra ormai defunta. Iena, come status sociale, vestiti patinati scelti ad hoc e una specie di recente passato reazionario. Anche i fascisti potrebbero rabbrividire al suono della sua voce. Incapace ad usare la grammatica in maniera corretta, una gran confusione nell’articolare frasi semplici tipo: soggetto, predicato verbale e complemento oggetto. Ma questa è deformazione professionale, andiamo oltre.
Il suo nome lasciava intravedere rivoli di riflessione complessa. È vero che la politica degli ultimi anni ci ha abituati all’avventurismo, alla pochezza, ma questo ragazzo candidato a sindaco con Salvini e con la Meloni, sembrava davvero oltrepassare ogni logica politica, della buona politica. Non è il marxismo a farmi parlare, ma una dose di buon senso che ancora accompagna le mie riflessioni.
Lo abbiamo preso per “convinto, magari egocentrico con bisogno di visibilità” e invece ci ha fregati tutti utilizzando quei mezzi di comunicazione che noi credevamo di saper interpretare con intelligenza. Ha mortificato la bellezza e la serietà della politica, c’è riuscito giocando col suo e col nostro ego. Io non riesco a perdonarlo, ma “io” sono nessuno. Del suo film ci interessa ben poco, quali chicche aggiungerà allo scenario già solito dell’antipolitica e del fascino populista?
Non ci serviva caro Ismaele, proprio non ne avevamo bisogno del tuo diletto giornalistico per narrare le gesta panormite. Nessuno ti aveva chiesto di usare l’ars politica per mortificare un popolo complesso come il nostro. La caricatura a cui ti sei sottoposto servirà solo a mortificare la tua generazione, incapace di occuparsi seriamente dei problemi della nostra Italietta. Che contributo avrai dato? Per cosa ti ricorderemo? Per aver indossato i panni sporchi della drammatizzazione teatrale per stroncare il tuo popolo, per ricoprire di ridicolo la nostra amata Palermo? Per questo dovrai vergognarti a vita. E poco importa il ruolo di quei tuoi compagni di viaggio (salviniani e camerati di Fratelli d’Italia) che hai scelto per questo gioco ridicolo, colpevoli ancora una volta di aver creduto alle barzellette. Hai mortificato la politica e tutti coloro che ogni giorno si battono per quei principi di bellezza e partecipazione che il tuo gioco ha messo in ginocchio.
Non mi hai fatto sorridere. Vedi, ragazzo dai capelli rossi, la cultura è importante e pure la politica. Ti sei preso gioco di noi ed io al tuo posto proverei una vergogna ancestrale. Come sosteneva la Arendt lo spazio politico è già responsabilità sociale. Ma che puoi saperne tu, mica sei Peppino Impastato, sei uno come tanti che in questo marasma nebuloso prova a sbarcare il lunario prendendosi gioco dell’altro. Non hai fatto una bella figura, credimi. Sarebbe stato meglio se ti fossi impegnato a fare il candidato a sindaco.