Liete o cattive notizie (dipende dai punti di vista) sono giunte in tema di gestione dei rifiuti. La strada sembra ormai spianata verso la termovalorizzazione e la costruzione di questi impianti in Sicilia potrebbe ben presto vedere la luce (CLICCA QUI). L’annuncio del presidente Schifani aveva pescato parecchio consenso ma anche scatenato le ire degli oppositori che da anni portano vanti la battaglia contro lo sbarco dei termovalorizzatori nell’Isola (CLICCA QUI).
Un dibattito che nelle ultime settimana ha tenuto banco tra salvaguardia dell’ambiente, inquinamento, produzione energetica e costi che peseranno sulle casse delle Regione e sulle tasche dei cittadini. In questa specie di grande convegno a cielo aperto, in cui tutti sono chiamati a esporre la propria posizione, cosa c’è di concreto? Dopo i veri confronti sul tema quello che resta è semplicemente un pugno di mosche. Resta da comprendere se quello che a oggi ha solo le sembianze di una rappresentazione coreografica è un segnale mirato a risolvere un’emergenza che da anni tiene sotto scacco la regione o solo una mossa strategica in vista dei prossimi impegni politici.
In assessorato i lavori sono ancora in corso per la composizione di un Piano regionale dei rifiuti aggiornato alle attuali e gravi esigenze. Sono tanti gli accorgimenti e le modifiche al vaglio di Di Mauro, che avrebbe portato avanti il lavoro ascoltando gli stakeholder interessati e le Srr. “C’è un indirizzo politico del presidente Schifani che da parte dell’assessorato competente ha determinato la messa in moto degli adempimenti conseguenziali. Sulla termovalorizzazione oggi possiamo parlare solo di un indirizzo politico e nulla di più“. A dichiararlo è il segretario generale Fit Cisl Sicilia Dionisio Giordano che ha ribadito la posizione favorevole della propria parte sindacale “nella misura in cui sia prevista all’interno di queste materie: riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riutilizzo delle materie differenziate e recupero energetico“. Concetti, quest’ultimi, come la regola delle “quattro R” ormai assimilati e diffusi nel resto del continente europeo ma che in Sicilia ancora faticano a prendere piede.
La condizione degli impianti e la conseguente spada di Damocle degli extracosti (CLICCA QUI) da tempo richiedono l’intervento necessario di un nuovo piano regionale dei rifiuti. Saranno dunque tanti i punti da attenzionare sotto la lente di ingrandimento per degli interventi chirurgici e mirati. “Prima che i due termovalorizzatori vedano la luce – aggiunge Giordano – bisognerebbe massimizzare lo sforzo per gli altri elementi, a partire dalla raccolta differenziata, soprattutto nelle aree metropolitane di Palermo e Catania, poi si aggiungono gli impianti“. Proprio la raccolta differenziata, come confermato dagli ultimi dati (CLICCA QUI) si conferma tallone d’Achille dell’Isola, azzoppata dai due grandi capoluoghi di provincia, la cui percentuale è talmente bassa da far sprofondare quella regionale. Al momento, dunque non resta altro che aggrapparsi agli strumenti vigenti, come Bellolampo, in attesa della consegna del secondo lotto della settima. Una corsa contro il tempo dettata dagli impegni politici e istituzionali assunti oltre che dalla capacità massima della prima parte, ormai prossima al riempimento totale. La paura di vedere la città mutare in pattumiera ha imposto una visione, più distante, oltre l’attuale orizzonte verso l’ottava vasca. La discarica palermitana è stata individuata come sito per la parte Occidentale, mentre per la parte Orientale, dove solo i centri di Motta Sant’Anastasia e Lentini conferiscono la metà dei Comuni siciliani, il termovalorizzatore sorgerà nelle zone limitrofe del catanese.
Per i due impianti è stato previsto un costo costo presuntivo di 800 milioni di euro, con risorse provenienti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027, mentre la gestione verrà affidata a operatori di mercato selezionati con procedura a evidenza pubblica. Secondo le stime della Regione, le opere assorbiranno il 30% dell’energia prodotta per il loro funzionamento mentre il restante 70% verrà immesso sul mercato producendo un ulteriore ricavo, che concorrerà alla riduzione della tariffa di ingresso, e avranno un fabbisogno di 600 mila tonnellate all’anno, per una produzione di 50 Mw di energia elettrica.