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La Sicilia mortificata dai politici e dai loro galoppini. L’Autonomia non è una festa ma il futuro

martedì 15 Maggio 2018

Quando si parla di Autonomia siciliana viene alla mente tutto il peggio che è stato in grado di partorire la politica isolana in questi oltre settant’anni di storia. I poteri e le prerogative garantite dallo Statuto sono spesso serviti per arraffare fiumi di quattrini da Roma e dirottarli verso amici e parenti. E così è stato per decenni. Tutto ciò ha progressivamente svuotato di contenuto le formidabili opportunità offerte dallo Statuto siciliano, al punto che la Sicilia negli ultimi anni si è trovata a doversi indebitare (ricordate il mutuo contratto da Crocetta?) pur di non sprofondare negli abissi.

Non è tutto, perché le opportunità offerte dall’autonomia siciliana, in tempi ormai lontani, vennero ben comprese anche dalla mafia, la quale per un certo periodo volle cavalcare le tematiche indipendentiste e autonomiste per tentare di divenire interlocutore privilegiato in un simile processo di progressivo affrancamento da Roma.

Il cattivo, pardon pessimo, uso dello Statuto è alla base del pensiero di molti autorevoli osservatori, che ritengono che parlare ancora oggi di autonomia siciliana sia stantio se non offensivo. Pietrangelo Buttafuoco, in più di una occasione, non a caso, ha proposto di rinunciarvi, visto che proprio l’Autonomia è stata una delle cause di quella Sicilia buttanissima che egli ha magistralmente descritto nel suo libro, poi divenuto spettacolo teatrale.

Verrebbe da dargli immediatamente ragione, anche solo osservando come le battaglie autonomiste siano state negli anni utilizzate da questa o da tal altra forza politica per rifarsi una verginità, da questo o da quell’esponente politico per nascondere le proprie rughe e le proprie magagne con un potente fard siculo-giallorosso. La storia siciliana degli ultimi trent’anni è attraversata da avventure politiche che si sono richiamate alla sicilianità e all’autonomia, purtroppo il più delle volte squagliatesi come neve al sole di Sicilia davanti a un tozzo di pane (o a qualche prestigioso incarico), concesso in cambio del ritorno all’ovile.

Per spostarci all’attualità, sembra poi paradossale che questo governo regionale abbia preannunciato che dal prossimo anno sarà abolito il rosso dal calendario in occasione della Festa dell’Autonomia. Lo stesso governo che vede come vicepresidente della Regione il fondatore di una formazione politica chiamata a suo tempo “Sicilia nazione”. Certo, non è una giornata di vacanza da scuola o dagli uffici pubblici che può cambiare le cose, ma i simboli in politica sono importanti, specie quando sono portatori di ideali e di visioni del mondo.

Forse, piuttosto che cancellare date dal calendario o al contrario, celebrare ampollosamente una Festa svuotata dal suo contenuto originario, sarebbe più opportuno riprendere quelle opportunità che lo Statuto siciliano offre alla nostra Isola, per incominciare ad affermare nei fatti una reale indipendenza (non soltanto economica) dal potere centrale, in tutti quei settori in cui questo è possibile. E ciò, senza bisogno di dissotterrare l’ascia del separatismo, esperienza che appartiene legittimamente alla storia, gloriosa, della nostra Terra.

Coniugare, nei fatti e nelle scelte di governo, la possibilità di unire autonomia siciliana e sovranità nazionale è un’occasione formidabile. Speriamo che ancora una volta questa Ferrari non sia costretta a montare un motore da 127 Special. Con tutte le conseguenze del caso…

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