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La strage silenziosa nel Mediterraneo mentre l’Ue e la politica stanno a guardare

martedì 8 Ottobre 2019
Foto di repertorio

Si ripetono senza tregua i viaggi della speranza nel Canale di Sicilia. L’ultima tragedia del mare si è verificata solo poche ore fa davanti a Lampedusa. Come se tutte le morti di questi anni non fossero ancora bastate. Le vittime accertate dell’ultimo naufragio sono tutte donne e bambini. La Procura di Agrigento ha già aperto un fascicolo contro ignoti per naufragio e omicidio plurimo. Ci sarebbero anche 8 bambini tra i dispersi nel naufragio. Secondo quanto si apprende, lo hanno raccontato i sopravvissuti agli uomini della Guardia costiera e della Gdf che li hanno soccorsi. A bordo del barchino in legno c’erano in maggioranza tunisini e sub-sahariani.

L’ennesimo dramma a cui la nazione e la politica italiana tutta, assiste senza battere ciglio. Una “spina nel cuore”, come l’ha definitiva tempo fa, Papa Francesco, quando visitò a Lampedusa. Ma al di là delle parole, il vuoto. Negli ultimi 10 anni, il mar Mediterraneo è stato la tomba di oltre 20mila persone. Stando alle parole degli esperti, attualmente si muore molto di più sulla rotta libica che su quella tunisina: le due tratte della speranza, per uomini, giovani, donne e bambini che scappano da guerre e fame in Africa.

Ma, ovviamente, le statistiche dei morti e dei dispersi possono essere del tutto orientative. Oltre 2 mila vittime del mare sono state contate solo nel 2012. In più, da diversi anni, nella maggior parte dei casi, i criminali che organizzano le spedizioni di migranti non mettono più i loro uomini al timone, ma la guida delle barche è affidata a caso a uno dei passeggeri, anche se non hanno mai guidato un gommone.

Da quel drammatico ottobre del 2013 quando il maxi naufragio a Lampedusa lasciò un segno indelebile con 368 bare, molte piccole e bianche, allineate in un hangar, i freddi numeri sono quelli di un vero massacro. Con il 2016 che è rimasto alla storia come l’anno nero: 5.143 i migranti scomparsi tra i flutti del Mediterraneo. In base ad un’elaborazione dei dati annuali dell’Oim (organizzazione internazionale per le migrazioni) e del progetto ‘Missing Migrants‘, dalla tragedia di Lampedusa ad oggi i migranti morti o dispersi sono migliaia l’anno: 3.280 nel 2014, 3.771 nel 2015, 5.143 nel 2016, 3.139 nel 2017, 2.299 nel 2018, 933 quest’anno (dati aggiornati al 15 settembre 2019).

Cifre di una guerra, di una strage”, affermava Giusi Nicolini, ex sindaco di Lampedusa, che dopo l’ecatombe del 2013 ha scritto anche una lettera all’Unione europea per denunciare lo stallo che su questa materia si vive e percepisce dalla frontiera. Queste morti in mare – aveva detto – dovrebbero essere “Una vergogna sia per Bruxelles che per il governo Nazionale”.

Ma a puntare il dito contro l’Unione Europea, non sono solo politici e attivisti ma anche l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) attraverso un rapporto intitolato “Viaggi disperati”. Un’accusa che ha provocato un botta e risposta con la Commissione Ue. “Non è la politica dell’Unione europea a causare le tragedie”, ha detto una portavoce, ma “il modello di business utilizzato dai trafficanti di esseri umani. Invece di scaricare le responsabilità, dobbiamo lavorare tutti assieme per porre fine a questo”.

Però il rapporto dell’Unhcr non lascia spazio a molti dubbi e sottolinea come vi sia un aumento dei decessi soprattutto nel Mediterraneo, dove i viaggi sono diventati più pericolosi. Per l’agenzia dell’Onu le cause di questa strage vanno ricercate proprio nelle nuove misure contro l’immigrazione illegale e, in particolare, nel sostegno dato alla Libia e alla sua Guardia costiera. La spiegazione, in parte, è nel fatto che la capacità di individuare e salvare i barconi in difficoltà è diminuita, in quanto a largo delle coste libiche ormai il principale attore è la Guardia costiera  proprio della Libia.

Ogni settimana l’UNHCR compila dei report sulla situazione nella rotta centrale del Mediterraneo, cioè nel tratto di mare fra Libia e Italia. I dati dei report confluiscono in un database pubblico sugli sbarchi e i morti in tutto il Mediterraneo. Ma lo strumento più completo per tracciare i migranti che muoiono o scompaiono durante il loro tragitto rimane appunto Missing Migrants, che raccoglie dati da 190 paesi e aggiorna quotidianamente un database dato per buono da governi e quotidiani in tutto il mondo (e finanziato prevalentemente da un fondo governativo del Regno Unito).

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