Fare impresa vuol dire anche essere aperti costantemente alle innovazioni, al fine di introdurle nei meccanismi aziendali. Negli ultimi anni lo sviluppo tecnologico è stato uno dei motori trainanti per alcuni importanti settori. Ma si tratta di un’opportunità per ampliare i posti di lavoro oppure di un minaccioso pericolo da cui può scaturire una nuova era di licenziamenti?
Tra le ultime novità che hanno caratterizzato il mondo dell’hi-tech rientra sicuramente lo sviluppo delle intelligenze artificiali (AI), che può avere dei risvolti rilevanti nel mondo imprenditoriale. L’importanza di saper controllare i sistemi informatici intelligenti va compresa fin da piccoli. Su questo fronte la Sicilia si sta dimostrando aperta al cambiamento. In questi giorni, infatti, la regione siciliana ha pubblicato un bando da 1 milione e 800.000 euro rivolto agli istituti scolastici di secondo grado per il finanziamento di progetti che si sostanzino nella promozione dell’uso di AI nell’erogazione didattica.
Mimmo Turano, assessore regionale all’istruzione ed alla formazione professionale, ha sottolineato: “Per i nostri ragazzi l’intelligenza artificiale è già realtà. La scuola deve gestire questo cambiamento, non per sostituire la didattica tradizionale con le nuove tecnologie, ma per integrarla”.
La familiarizzazione con strumenti ad alto tasso tecnologico permetterà agli imprenditori di domani di sfruttarne al massimo le potenzialità per incrementare i propri ricavi. L’implementazione nell’uso di questi mezzi potrebbe però presentare delle problematiche a livello occupazionale.
È ormai assodato che la velocizzazione dei processi produttivi, specie nel settore industriale, può determinare una progressiva sostituzione della manodopera umana standardizzata con quella artificiale. Ma la nascita di algoritmi intelligenti, secondo Confartigianato, potrebbe anche mettere in pericolo altre posizioni lavorative.
In media, il 36,2% dei lavoratori italiani sarà presto interessato dai risvolti derivanti dalla diffusione dell’AI. A livello territoriale, la Sicilia risulta essere una delle regioni meridionali in cui i lavoratori in ingresso possono risentire maggiormente i riflessi delle ultime evoluzioni digitali. Infatti, il 23,2% dei neoassunti nell’Isola ricopre un ruolo che è minacciato dalla diffusione dello sviluppo tecnologico. Di questi, secondo le stime di Confartigianato, circa il 60% è sottoposto ad un rischio molto alto di essere presto sostituito dalle intelligenze artificiali o, quantomeno, di dover ridurre o ripensare le modalità di svolgimento della propria attività. Il restante 40%, invece, affronta un rischio di media intensità.
I settori maggiormente assoggettati a questi pericoli sono quelli con il più alto contenuto intellettuale ed amministrativo, che si basino su una standardizzazione del pensiero secondo regole e dettami di vario genere. Tra essi vanno annoverati sicuramente i dirigenti e gli specialisti scientifici ed ingegneristici, ma anche gli operatori del diritto.
Negli ultimi anni, infatti, anche in Italia sono stati avviati dei progetti per testare l’utilizzo delle intelligenze artificiali in chiave di giustizia predittiva, specie nel campo civilistico e commerciale. In fase più avanzata, invece, lo sfruttamento degli algoritmi nel campo della pubblica amministrazione. Per il momento, le innovazioni tecnologiche sono state impiegate soltanto nel campo dell’attività vincolata, ma potrebbero presto essere adoperate anche per l’assunzione di decisioni discrezionali.
Come evidenziato anche dall’assessore Turano, “l’elemento umano è imprescindibile”. L’intelligenza artificiale, infatti, deve essere il mezzo (non il fine) attraverso il quale raggiungere obiettivi sempre nuovi e superare le sfide più complesse del mondo di oggi. Diversamente, se gli studi sulle intelligenze artificiali vengono compiuti con il fine esclusivo di sviluppare automi ad intelligenza crescente, allora il rischio di un crollo degli indici occupazionali sarà concreto.