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Le nuove ex Province, Musumeci ora prova a rilanciarle

giovedì 4 Gennaio 2018

In fondo siamo tutti il risultato della nostra storia. Di una provenienza e di un percorso. Da un’origine alla sua evoluzione.

Ieri, nel corso della conferenza stampa sui rifiuti, il presidente della Regione Musumeci ha parlato, ancora una volta, a lungo, della possibilità di dotare di nuove competenze e funzioni, le ex Province: “che voi amate chiamare liberi consorzi”, ha commentato, tra il serio e il faceto.

A parte il fatto che a chiamarli Liberi consorzi ha provveduto una delle sette sciagurate leggi che nell’ultima legislatura hanno stracciato, dopo averle depotenziate, le ex Province siciliane, nel ragionamento del governatore di centrodestra è emerso con rinnovata chiarezza anche il fatto che gli enti di area vasta avranno anche, Corte costituzionale, permettendo la possibilità di eleggere i propri organi di governo.

È stata una battaglia politica condotta dallo stesso Musumeci e adesso la politica dà al nuovo presidente della Regione la possibilità di dimostrare che è possibile passare dalle parole ai fatti, legiferando in continuità con le promesse fatte agli elettori.

È pur vero che dalla legge 9 del 1986 in poi le ex Province non sono state sempre modelli virtuosi a prova di errore. Come del resto molti degli enti locali e dei sottogoverni che hanno riempito la Sicilia delle clientele, che per semplicità, si definisce cuffariana, ma intorno alla quale, l’intero arco parlamentare di partiti che hanno intercettato consenso nell’Isola negli ultimi venti anni, hanno ampiamente vissuto.

La riforma Delrio, nata male e finita peggio, ha rappresentato il paradigma renziano di un voto di pancia da dare in pasto all’escalation pentastellata, ma per il resto ha significato ben poco.

Oggi, sostiene Musumeci, competenze dall’edilizia popolare, alla motorizzazione, dai rifiuti, ad alcuni servizi socio-assistenziali, potrebbero transitare nel nuovo rigenerato contenitore.

Prima però ci sarà da risanare gli enti sull’orlo del dissesto, stabilizzarne i precari e controllare l’esodo dei dipendenti. Solo poi, si sarà definitivamente superato il “complesso di Giletti”

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