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Le pigne in ceramica della Sicilia: simbolo di salute, fortuna e tanto altro

venerdì 21 Febbraio 2020
pigna-ceramica

La nostra narrazione ha per protagonista la “pigna“, a cui i nostri meravigliosi ceramisti hanno regalato l’immortalità e che, nella tradizione popolare siciliana, è simbolo di salute e fortuna, tanto da trovarla sopra le porte delle case, sui balconi, sui cancelli di antiche ville e giardini e, come metaforico ponte tra l’umano e il divino, sulle facciate di chiese, conventi e, persino, sui troni di re e pontefici.

Giuseppe Pitrè, a proposito della pigna, racconta all’etnologo, linguista e orientalista Angelo De Gubernatis: “Il pino si tiene in molta stima, perché fornisce l’incenso per le funzioni religiose e richiama Gesù bambino. Raccogli una pigna, sguscia il frutto e taglia, in verticale, il gheriglio. Se tu vi guardi bene dentro, vedrai qualche cosa che somiglia ad una mano; è quella del bambino in atto di benedire. E’ da spere che nella fuga in Egitto, la Sacra Famiglia, non avendo dove adagiarsi, incontrato per via un lupino, vi si accostò. A quei tempi il lupino, come il tameriggio, era un bell’albero e squisito assai. Il lupino egoista, si rifiutò di accogliere sotto di sé i poveri fuggitivi e strinse e raccolse i suoi larghi rami, sicché essi rimasero allo scoperto e dovettero proseguire, tra la stanchezza e il panico, il doloroso viaggio; ma visto, indi a non molto, un pino, e sotto di esso ricoveratisi, il pino allargò i suoi bei rami e, amorosamente, nascose Gesù bambino nel suo frutto. Da quel giorno in poi, ebbe il favore della mano del Bambinello e prosperò sempre, e il lupino maledetto, fu condannato a non sollevarsi una spanna da terra e il suo frutto ad essere amaro quale oggi si trova“.

La pigna e i suoi tanti significati

Le pigne in ceramica

Forse, proprio perché frutto dell’abete e, quindi, legato all’inverno e al Natale, è molto utilizzato per le decorazioni della festa più sentimentale dell’anno. Sulla “pigna”, prima di parlare di quella in ceramica, così pregna di significato nella nostra Sicilia, aleggia una leggenda che vogliamo raccontarvi: tra le montagne dell’Hartz, in Germania, viveva una famiglia molto povera che, non avendo di come sfamarsi e riscaldarsi, pensò di raccogliere questi frutti legnosi nella vicina foresta per venderle, comprare del cibo e bruciarne una parte nel camino per intiepidire la gelida casa. Non appena la capofamiglia le mise nel cesto, udì la voce di un elfo che le domandava perché le rubasse a cui lei, tristemente, raccontò la sua vita grama.

Il piccolo abitante dei boschi, allora, le suggerì di raccogliere le pigne di un’altra foresta, dove ce ne erano di più belle. La donna si mise subito in camminò ma, stancatasi, non appena si fu seduta a riposare, sentendo una pioggia di pigne sulla testa, le raccolse, portandole a casa. Con grande stupore, però, varcata la soglia e guardando dentro il cestino, le vide trasformate in pigne d’argento. Corroborata dalla sorpresa corse a venderle, ricavando tanto di quel denaro da non dover più soffrire né la fame né, tanto meno, il freddo. Da allora, la gente di Hartz, tiene una piccola pigna d’argento in casa come portafortuna.

Facendo un grande salto nel passato, penetrando nelle radici della lontana cultura babilonese, per poi passare in quella greca e in quella romana cattolica, vogliamo far emergere i suoi tanti significati, stratificati nel tempo.

In principio la pigna fu associata all’uovo cosmico, spesso rappresentato nelle storie cosmogoniche delle origini del mondo e legato, quindi, alla nascita e alla creazione del genere umano; un chiaro riferimento la collegò, inoltre, alla ghiandola pineale che, assomigliando a una piccola pigna da cui deriva il suo nome, venne ritenuta, dal filosofo francese Descartes, la sede dell’Anima. Assimilata al “Terzo Occhio” e, di conseguenza, all’atto del risveglio stesso, nella tradizione indù si insegna a risvegliarlo attivando i “sette chakra”, attraverso  il Kundalini Yoga, un esercizio antico, ancora oggi praticato, che permette lo sviluppo dell’intuizione, aumentando la conoscenza e la coscienza di sé e liberando il potenziale creativo di ognuno.

Ma il Terzo Occhio, o “ghiandola pineale,” è stato descritto da autori, pittori e poeti, anche, come il “segreto perduto” della Massoneria. Nel libro del 1918 del dottor George Washington Carey : “Le meraviglie del corpo umano”, si afferma: “… L’occhio che tutto vede … Questo è l’occhio della massoneria, il terzo occhio. Mentre so per certo che ben pochi massoni capiscano il significato dei loro stessi simboli, resta il fatto che li usano… ”

In “Mystic Americanism” del 1924 della criptica scrittrice Grace Morey è così descritto: “L’occhio che tutto vede … emblema della ghiandola pineale o terzo occhio dell’essere umano … venne trovato tra le rovine di ogni civiltà del pianeta, a testimoniare l’esistenza di una religione universale, in un periodo remoto.”

Non stupisce, quindi, che le pigne compaiano regolarmente in molte decorazioni massoniche, sia pendendo dal soffitto delle Logge, sia adornando gli strumenti rituali utilizzati al loro interno, come afferma Albert Mackey: “I vertici dei bastoni [massonici] dei diaconi sono spesso ornati da una pigna, sono scolpite nella pietra degli edifici massonici di tutto il mondo. In una facciata del Whitehall Building a New York, ad esempio, sono raffigurati due enormi serpenti che si intrecciano a spirale fino ad arrivare alla pigna, il tutto somiglia incredibilmente al bastone di Osiride”. E.A. Wallis Budge notò, a sua volta, che in alcuni papiri, che illustravano l’ingresso delle anime dei morti nella sala del giudizio di Osiride, il defunto aveva una pigna attaccata alla sommità del capo; i mistici greci, invece,i avevano un bastone simbolico, il tirso di Bacco, con la  sommità superiore a forma di pigna.

La Pigna del Vaticano

Passando dal profano al sacro, in un cortile del Vaticano, chiamato “La Corte della Pigna”, troviamo, addirittura,  la più grande statua di una pigna al mondo o, ancora, la Statua romana di una pigna in Piazza Venezia o la pigna in bronzo presso la cattedrale di Aachen, in Germania.  Si potrebbe affermare, da quanto detto fin qui, che essa simboleggi una sorta di “finestra sul mondo”, socchiusa e da spalancare nuovamente. Da Roma alle maestose rovine di pietra di Angkor Wat, troverete enormi torri a forma di pigna che si stagliano nel cielo, emergendo dalla fitta giungla e creando un effetto visivo molto particolare. Un altro dettaglio, che come vedrete collega moltissimi popoli e tradizioni e che non viene spiegato degli edifici di Angkor Wat sono i cosiddetti “animali antitetici”, una coppia di elefanti gemelli simmetricamente uno di fronte all’altro; ma la cosa che stupisce è che la raffigurazione di coppie di animali antitetici appare, anche, in altre famose reliquie a forma di pigna, come ad esempio nella scultura romana “La Pigna”, in cui due pavoni affiancano un’enorme pigna di bronzo.

Le analogie non finiscono qui, e, infatti, Il bastone di Osiride, (Museo Egizio di Torino), rappresenta una pigna tra cobra antitetici. Come gli elefanti gemelli in Indonesia, i pavoni gemelli a Roma, i serpenti in Egitto, sono un allusione ai canali Ida e Pingala, i serpenti gemelli antitetici sul caduceo.  Molte divinità vennero associate alla pigna, come Il dio sumero Marduk con una pigna in mano, il Bacco dei Romani, con in mano un “Tirso”, sormontato da una pigna.

Ma le pigne in ceramica cosa rappresentano in Sicilia?

Pigne in ceramica

Le abili mani dei maestri ceramisti le realizzano di ogni dimensione e colore; ma da dove nasce questa nostra tradizione e ha a che fare con l’esoterismo o, piuttosto, con il portare fortuna, con cui abbiamo iniziato questa narrazione? Nella nostra cultura popolare venivano utilizzate per ornare le testiere dei letti in ferro battuto delle camere da letto degli sposi, per augurare loro prosperità, di cui l’abbondanza dei  suoi semi erano simbolo, unione immortale, fertile e costruttiva.

Anche oggi le pigne, nei classici colori che vanno dal bianco all’avorio, dal verde ramina al bordeaux, dal turchese al blu cobalto, sono utilizzate come bomboniere, complementi d’arredo, decorazioni di interni ed esterni e in  rosso fuoco per Natale o come ferma documenti sulle scrivanie degli uffici contro gli influssi negativi.

Associata, anche, alla resina, e alla durezza stessa del legno di pino, acquista anche il bel significato di resistenza e sopravvivenza. Ma andiamo alla scoperta di come i nostri artisti della ceramica creano queste meraviglie dai tanti colori: a partire dal tornio, forgiano la calotta di base e il piede di appoggio, che verranno uniti dopo una prima asciugatura; poi, con grande maestria e meticolosità, modellano una ad una le brattee della pigna, usando esclusivamente le dita delle mani. Il finale armonioso è dovuto alla cottura a smalto.

Non possiamo che chiudere augurandovi benessere e prosperità con: “Buone pigne a tutti”.

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