Un prisma con tante facce che convergono su un’unica identità, difficilmente riproducibile dopo la sua, ancora lontana, uscita di scena.
Appare così Leoluca Orlando “furioso”, che gestisce, manipola e si aggiudica lo scontro istituzionale con il premier Giuseppe Conte sulla vicenda del taglio delle risorse alle periferie di Sicilia, non presentandosi all’incontro a Brancaccio.
Poi c’è l’Orlando silenzioso, devoto e suggeritore che si accomoda, defilato, partecipe, ma discreto, nel giorno della visita di Francesco a Palermo, in cui persino i tram non si sono fermati e gli autobus con più buona volontà del solito, hanno fatto gli straordinari. Come se non guastasse, il sindaco di Palermo è tifoso di San Benedetto il Moro e chissà se è un caso che l’arcivescovo di Palermo nel suo saluto al Santo Padre ha avuto modo di ricordarlo: “Accanto a Rosalia, ‘ipostasi della Chiesa palermitana’, a S. Benedetto il Moro e a tutti i santi silenziosi della nostra Chiesa, la Vergine Odigitria è dunque icona del nostro futuro”.
Poi c’è l’Orlando-imbronciato, quello a cui la Regione mette i bastoni tra le ruote e lo costringe a ricorrere al Tar quando di tratta di città metropolitane, che falliranno di questo passo insieme ai Liberi consorzi, risolvendo a tutti ogni problema di competenza e giurisdizione e infine c’è l’Orlando lontano dai partiti, qualcosa mi dice che questa sarà la nuova frontiera a breve.
Come se non bastasse, arriva l’Orlando contestato nei quartieri popolari dove fino a qualche tempo spadroneggiava senza soluzione di continuità. Più imboscato, l’Orlando che parla con il governo nazionale. Dopo la deflagrazione del Pd, non sarà facile per il professore trovare interlocutori.
Se ci fosse del resto ancora un centrosinistra da qualche parte anche in Sicilia, la storia, anche quella recente, racconta che Orlando proverebbe a mettere di nuovo tutti all’angolo, pur di svettare, come del resto gli viene più o meno naturale. Poi ci sono nell’ordine, “il sindaco dell’accoglienza”, “l’uomo di Palermo capitale della cultura” e tutta una serie di declinazioni, che, per brevità, vi risparmiamo.
Una faccia del prisma però manca e mancherà sino alla fine. Non è oscurata, o protetta per dovute ragioni di opportunità. Proprio non c’è. Non l’hanno ancora costruita. Ed è quella dell’Orlando preoccupato di trovare un suo erede politico. Orlando, come tutti “gli immortali” della politica siciliana, a cui, piaccia o no a molti, apparterrebbe ancora Totò Cuffaro se si trovasse nella condizione di potere essere scelto, vive ogni preoccupazione, tranne questa.
Il “dopo di lui” non è contemplato. Neanche nel verbo riservato agli intimi che lo accompagnano da una vita. Figuriamoci nella geometria.