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Liberati altri due camosci sull’Appennino marchigiano, all’interno del Parco nazionale dei Monti Sibillini. A darne notizia è lo stesso Ente Parco, spiegando che sono stati messi in libertà Manardo e Cecco, due maschi di 5 e 11 anni, nati e vissuti sinora nell’area faunistica di Bolognola e che ora potranno ricongiungersi finalmente ai propri simili sulle rupi delle cime più alte dei Sibillini, come il monte Bove e il monte Priora. Dotati di radiocollari satellitari, forniranno utili informazioni per lo studio dell’areale di riferimento e dei movimenti che compiranno.
Reintrodotti nel 2008, ad oggi il numero stimato di camosci appenninici presenti nel Parco dei Sibillini si aggira intorno alle 250 unità.
“Il monitoraggio del camoscio è una delle diverse azioni di studio, verifica e controllo svolte dal Parco per la conservazione della biodiversità – sottolinea il presidente dell’Ente, Andrea Spaterna -. Grazie a queste osservazioni siamo in grado di quantificarne la popolazione e la distribuzione, individuando anche possibili minacce. Ad oggi l’area in cui ne è rilevata la maggior presenza è quella del massiccio del Bove, ma nuovi nuclei si stanno formando in altre aree, come quella del Monte Priora”.
Tra i dati elaborati per il 2020 ci sono anche il tasso di natalità intorno al 28% e l’indice riproduttivo con un valore medio dell’80%, “numeri che indicano come i camosci del Parco godano di buona salute“. Si tratta comunque di una specie ancora vulnerabile, soprattutto a causa della forte consanguineità.
Maggio è il mese per eccellenza per le nuove nascite “ed è fondamentale, ancor più che in altri periodi – ricorda il presidente Spaterna – assumere un comportamento adeguato in caso di incontri con piccoli di camosci, come di altri animali. Nel caso del capriolo, ad esempio, i piccoli appena nati, che appaiono inermi e abbandonati, non si devono mai toccare o raccogliere, perché la madre è sicuramente nelle vicinanze e la strategia adottata è quella di lasciare i piccoli nascosti tra le erbe”.
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