L’isola di Ortigia a Siracusa è una delle mete più apprezzate di chi visita la Sicilia. È isola nell’Isola, circondata da bellezze e leggende.
A tal proposito, è celebre la leggenda relativa alla Fonte Aretusa, uno dei luoghi più affascinanti e particolari di Ortigia. Fonte Aretusa si trova anche in Grecia, nell’Elide, ubicata lungo le rive del fiume Alfeo. Secondo il racconto mitico, il dio Alfeo, il cui nome derivava proprio dal fiume, si sarebbe innamorato della ninfa Aretusa che risiedeva nei pressi del corso d’acqua. Ma la ninfa non era attratta da Alfeo, per cui decise di allontanarsi da quest’ultimo, recandosi in Sicilia sull’isola di Ortigia. Il dio non si arrese e deciso a conquistare la ninfa, attraversò il mar Ionio sotto il fondale senza contaminare le proprie acque dalle salinità marine. Così Aretusa chiese aiuto alla dea Artemide, la quale, per nasconderla dal suo caparbio spasimante, la trasformò in una fonte.
Questa leggenda trae fondamento dalla realtà. Infatti, molteplici sono le sorgenti d’acqua dolce presenti nell’isola di Ortigia, le cui rocce sono attraversate da fessure e spaccature da cui sgorga in superficie l’acqua proveniente da una faglia che si trova sotto il fondale marino. La Fonte Aretusa è la sorgente più affascinante dell’isola siracusana, in quanto dalle sue acque emergono favolosi papiri che infondono un’atmosfera orientale all’ambiente.
Ortigia è conosciuta anche per la sua fortezza, il Castello Maniace, il cui nome deriva da un generale greco-romano (bizantino), Giorgio Maniace, il quale guidò diverse spedizioni contro i musulmani riuscendo a riconquistare Siracusa a seguito della campagna militare del 1038. Quindi, dopo la conquista della città, il generale fece costruire una prima torre fortificata, la Torre Maniace e, circa due secoli dopo, l’imperatore Federico II farà ampliare la costruzione, facendo realizzare il possente castello che oggi possiamo ammirare. La fortezza, progettata da Riccardo da Lentini, l’architetto che pochi anni dopo progetterà Castel del Monte in Puglia, presenta una pianta quadrata con una torre difensiva per ogni angolo. Le volte a crociera e le colonne bicrome presenti nelle sale interne del castello, sono figlie dell’influenza dell’architettura musulmana.
Ma il vero tesoro del castello risiede nelle sue viscere, precisamente sotto la torre ovest, dove si trova il Bagno della Regina. Nel 1813 l’archeologo Giuseppe Maria Capodieci nella sua opera “Antichi monumenti di Siracusa” descrive in modo dettagliato il sito: una vasca alla quale si accede mediante una scalinata di quaranta gradini scavati nella roccia. L’acqua, anche in questo caso, è alimentata da una delle numerose sorgenti naturali di Ortigia. Oltretutto, è consigliabile visitare questo luogo in momenti particolari della giornata. Per esempio, a mezzogiorno la luce del sole, attraverso un’apertura situata in alto, colpisce l’acqua proiettandola sulle pareti: il risultato è davvero suggestivo.
È ipotesi verosimile che chi risiedeva nel castello, compreso lo stesso Federico II, scendesse nel Bagno della Regina per poter assaporare momenti di quiete e riposo. Si è anche ipotizzato, prendendo in considerazione la struttura particolare della vasca e gli effetti, creati ad opera d’arte, tra luce ed acqua, che il Bagno della Regina fosse usato per cerimonie di purificazione che prevedevano l’utilizzo di acqua dolce proveniente dal cuore del sottosuolo.
Se in questo caso persistono dubbi sull’uso della vasca per fini rituali e purificatori, dubbi in tal senso, invece, non ve ne sono per quanto riguarda un’altra vasca d’acqua naturale di Ortigia, parliamo dei Bagni Ebraici. Essi sono rimasti nascosti nelle viscere della terra per ben 500 anni. Infatti, nel 1991, durante i lavori di costruzione del residence Alla Giudecca, fu portata alla luce l’inizio di una scalinata che scendeva in profondità. Così furono rimossi diversi quintali di terra che ricoprivano l’imboccatura e a 18 metri di profondità si scoprì l’esistenza di un ambiente scavato nella roccia, pieno di acqua dolce. Poco dopo si scoprì che quella sala era una mikveh, cioè bagni ebraici adoperati per rituali purificatori, in sostanza, un luogo sacro secondo la religione ebraica.
E le ragioni per cui fu realizzata a tale profondità si ritrovano nella Torah, la quale impone che l’acqua di una mikveh sia alimentata e ricambiata naturalmente senza alcun intervento umano o meccanico. La datazione dei Bagni Ebraici di Ortigia è piuttosto incerta, forse risalenti al VI secolo a. C., in ogni caso si tratta di un sito molto antico. Inoltre, l’accesso ai Bagni venne chiuso poiché nel 1492 venne sancita l’espulsione degli ebrei da tutti i possedimenti spagnoli, per cui, evidentemente, i giudei di Siracusa decisero di sigillare e nascondere l’accesso ad un luogo per loro sacro, mantenendone la purezza ed evitando così che potesse essere profanato. E vi riuscirono, visto che per ben cinque secoli l’esistenza della mikveh di Ortigia scomparve completamente dalla memoria.
La virtuale passeggiata fatta per Ortigia, ci ha permesso di godere delle sue innumerevoli bellezze: dall’imponenza del castello Maniace al favoloso paesaggio che avvolge l’isola. Ma allo stesso tempo sembra chiaro che le vere ricchezze di Ortigia siano nascoste e si trovino nelle sue viscere, irrorate costantemente dalle acque dolci e naturali della falda sottomarina, come ci ricorda l’unicità di Fonte Aretusa, la spettacolarità del Bagno della Regina e la matrice sacrale dei Bagni Ebraici.