Un trionfo di armonia ed eleganza, un fascino che ti porta indietro nel tempo, alla ricerca di quella pace interiore, che solo un luogo così unico può dare. E’ il Monastero di Santa Caterina, nel centro storico di Palermo. Aperto per la prima volta, dopo settecento anni ad inizio aprile, il complesso, nel weekend scorso, ha spalancato nuovamente le sue porte a numerosi visitatori, registrando un successo di presenze tanto considerevoli, quanto scontate, considerata la particolarità e la bellezza degli ambienti.
Oggi, con la nuova direttiva adottata dall’Ufficio Beni ecclesiastici della Curia, guidato da don Giuseppe Bucaro, Santa Caterina è espressione autentica di un passato di spiritualità, di una scelta di vita, dedicata interamente a Dio. Così, quanti entrano nel monastero non possono che essere colpiti dall’atmosfera silenziosa e raccolta: il confessionale in pietra, le piccole celle delle suore di clausura e gli oggetti da loro realizzati, le ampie cucine, il refettorio, l’ampio chiostro maiolicato, un obelisco con simboli domenicani, la fontana di Ignazio Marabitti, sormontata dalla statua di San Domenico.
Il convento e la chiesa vennero costruiti intorno al 1311, per volontà della nobile palermitana Benvenuta Magistro Angelo, che accoglieva e indirizzava alla vita monastica tutte quelle donne in difficoltà, costrette, a causa della povertà, a prostituirsi. Intorno al XVI secolo, per sfarzo e notorietà, divenne poi uno dei monasteri di clausura per nobili fanciulle, più conosciuto nel territorio palermitano.
Le suore di Santa Caterina, infatti, erano apprezzate per la creazione di creme e prodotti cosmetici profumati, realizzati con le rose coltivate nel loro giardino, ma in particolare, per i dolci siciliani, sfornati la domenica e nei giorni di festa, una vera goduria per il palato.