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L'esperto

Lo stigma pesa due volte: l’obesità non è colpa ma malattia CLICCA PER IL VIDEO

lunedì 18 Agosto 2025

In Italia il problema del peso riguarda quasi una persona su due. Secondo i dati ISTAT 2024, oltre il 46% degli adulti è in sovrappeso o obeso. Nei bambini la situazione è ancora più allarmante: l’indagine “Okkio alla Salute” dell’Istituto Superiore di Sanità ha rilevato che il 19% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso, mentre il 9,8% è obeso, con una quota del 2,6% di obesità grave. In Sicilia la prevalenza è più alta della media nazionale e supera un terzo dei minori.

“Purtroppo l’obesità ancora oggi viene stigmatizzata in modo crudele, ridotta all’idea di mancanza di volontà o incapacità di controllarsi a tavola. Questo pregiudizio colpisce le persone due volte: prima nella salute, poi nella dignità. In realtà l’obesità è una malattia cronica, recidivante, progressiva, che comporta complicanze importanti e come tale va compresa e trattata con serietà”, ad affermarlo è il professore Salvatore Corrao, direttore dell’Unità di Medicina Interna dell’ARNAS Civico di Palermo e docente UniPa.

Lo stigma e le conseguenze

“Se inquadriamo l’obesità nello stigma, colpevolizziamo il soggetto e lo spingiamo a rifugiarsi ancora di più nel cibo, in una condizione in cui il controllo del peso è già compromesso da meccanismi biologici centrali e periferici – sottolinea Corrao -. Non si tratta , quindi, soltanto di una mera questione estetica o di chili in eccesso. L’obesità è un grande fattore di rischio non solo per le patologie biomeccaniche legate al sovraccarico, ma anche per malattie cardiovascolari, diabete e tumori. Anche un sovrappeso moderato, con accumulo di grasso viscerale, è capace di stimolare processi infiammatori e favorire complicanze oncologiche”.

Il modello multidimensionale

All’ARNAS Civico, l’Unità diretta da Corrao ha costruito negli anni un percorso che integra più competenze.

“La forza del singolo individuo spesso non basta. Serve un approccio multidimensionale che coinvolga internisti, nutrizionisti, psicologi e specialisti dell’attività fisica – spiega il prof. -. Il supporto dello psicologo è fondamentale, perché il rapporto con il cibo e con il corpo non è mai solo biologico, ma riguarda emozioni, ansia e vissuti personali. Oltre al percorso personalizzato oggi abbiamo anche molecole come la semaglutide e la tirzepatide, che ci aiutano ad ottenere risultati significativi nelle grandi obesità: in alcuni casi sostituiscono la chirurgia bariatrica, in altri preparano meglio all’intervento. Sono farmaci che hanno cambiato radicalmente le possibilità di cura”.

“Studi internazionali pubblicati su The New England Journal of Medicine e Lancet confermano, infatti, che queste terapie possono portare a una riduzione del peso fino al 20%, con benefici anche su glicemia e rischio cardiovascolare. Fondamentale è il piano terapeutico, che deve essere sempre costruito e seguito da un medico. Non si tratta di farmaci che si possono assumere in autonomia, ma di trattamenti che richiedono monitoraggio clinico, valutazione delle comorbidità e un’integrazione con lo stile di vita del paziente. La figura del medico resta centrale, perché solo un percorso personalizzato, guidato da professionisti, può garantire sicurezza, efficacia e continuità dei risultati”, evidenzia Corrao.

Obesità nei bambini

Il professore richiama con forza l’attenzione sull’età pediatrica. “L’obesità sta colpendo sempre di più i minori. È compito del sistema Paese garantire stili di vita sani, promuovere sport, educazione alimentare e limitare l’abuso di bevande zuccherine e cibi ultra-raffinati. Non possiamo lasciare che bambini di otto o nove anni inizino già la vita con un fardello di malattia”.

Lipedema e linfedema

Non tutte le condizioni caratterizzate da un aumento di volume corporeo sono obesità. Spesso, infatti, lipedema e linfedema vengono erroneamente confusi con essa, con conseguenze gravi per la diagnosi e la gestione del paziente.

Il lipedema è un aumento patologico del tessuto adiposo a livello degli arti, in particolare gambe e braccia. A differenza dell’obesità, colpisce in modo simmetrico, risparmia mani e piedi ed è frequentemente doloroso al tatto. Non è legato a cattive abitudini alimentari, ma a una predisposizione biologica, e per questo va distinto con chiarezza”, evidenzia Corrao.

Il lipedema colpisce prevalentemente le donne, con una prevalenza stimata fino all’11%, ed è strettamente correlato ai cambiamenti ormonali di pubertà, gravidanza e menopausa. “È una patologia sottodiagnosticata, che troppo spesso viene liquidata come obesità, ritardando l’accesso a valutazioni specifiche e a trattamenti mirati”, aggiunge il professore.

Diverso è il linfedema. In questo caso si tratta di un accumulo di liquidi dovuto a un deficit del sistema linfatico, che coinvolge anche mani e piedi e in alcuni casi può interessare un solo arto. Diverso è il caso del linfedema perché, a differenza del lipedema, può essere primario, cioè congenito, oppure secondario, legato per esempio a interventi chirurgici oncologici o a radioterapia”. chiarisce Corrao.

In Italia il linfedema interessa circa 120.000-150.000 persone, con 40.000 nuovi casi all’anno. È una condizione cronica che necessita di un approccio mirato, basato su fisioterapia decongestiva, calze elastiche e linfodrenaggio.

Patologie diverse, un’unica necessità

“Obesità, lipedema e linfedema sono patologie con una loro specificità clinica e non devono essere confuse né ridotte a semplici problemi estetici o a difetti personali. È fondamentale che vengano riconosciute in tempo e affrontate in centri specializzati, per evitare errori diagnostici e terapeutici. Sono malattie vere, con basi biologiche precise, che hanno conseguenze importanti sulla salute e che spesso sono rese ancora più pesanti dallo stigma sociale. Chi ne soffre non va colpevolizzato, ma seguito con competenza e rispetto. Solo così possiamo restituire salute e dignità a chi convive ogni giorno con queste condizioni. E come medici abbiamo il dovere non solo di guidare il percorso di cura, ma anche di sensibilizzare, perché il paziente non si senta mai solo davanti a un problema che è complesso, ma che può essere affrontato e curato”, conclude Corrao.

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