Roberto Maroni era nato a Varese il 15 marzo 1955. Sposato, due figli, laureato in giurisprudenza, avvocato, era stato responsabile dell’ ufficio legale della sede italiana di una multinazionale statunitense. Tifoso del Milan, Maroni aveva anche la passione per la musica e suonava il sassofono in una band. Considerato il braccio destro di Bossi e il numero due della Lega, Maroni ha fatto parte della Lega Lombarda fin dalla sua fondazione.
Secondo quanto si è appreso, Maroni si è spento nella sua casa nel Varesotto dove ha trascorso gli ultimi mesi.
Ha condiviso con Umberto Bossi gli inizi della Lega Nord: tre volte ministro, vicepremier, governatore della Regione Lombardia, è anche stato segretario federale della Lega.
Dal 2021, quando ha scoperto la malattia che lo ha condotto alla morte, si era ritirato dalla politica attiva.
“Grande segretario, super ministro, ottimo governatore, leghista sempre e per sempre. Buon vento Roberto”. Lo scrive sui social il leader della Lega Matteo Salvini commentando la scomparsa di Roberto Maroni.
Per Maroni, l’incontro nel 1979 con Umberto Bossi cambiò la sua vita: se ‘lui è il papà della Lega, io ne sono la mamma’, spiegava. E da quel giorno la politica diventò il suo lavoro. Maroni è tra gli 80 leghisti che rappresentarono per la prima volta la Lega in parlamento nel 1992, poi diventato ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio nel 1994, ministro del Lavoro nel 2001 e ancora ministro dell’Interno nel 2008 sempre con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio, per chiudere infine la sua carriera nelle istituzioni come presidente della Regione
Lombardia dal 2013 al 2018.
Aveva annunciato la sua candidatura per diventare sindaco di Varese ma la malattia lo ha costretto a rinunciare un anno fa. Tutta la vita sempre nella Lega, di cui è stato fondatore e segretario con rapporti non sempre facili sia con Umberto Bossi che con Matteo Salvini.
Federalista ma non secessionista, toni moderati ma sempre con grande passione, ascolto dei militanti e ostilità nei confronti di qualsiasi ‘cerchio magico’ sono state le caratteristiche di un uomo che, anche nella sua ultima intervista al Corriere della Sera, si e’ definito ‘un sognatore’. Perché oltre ai ‘vaffa’ del barbaro, il militante leghista secondo lui ha sempre avuto ‘un sogno, cioe’ un progetto realizzabile a differenza dell’utopia’.
“Questa notte alle ore 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciati. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto: ‘Bene’. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico”. Così la famiglia ha comunicato sulla pagina Facebook di
Roberto Maroni la morte dell’ex ministro avvenuta nella casa di Lozza, paese del Varesotto.
Numero gli attestati di stima e di cordoglio bipartisan che giungono dal mondo politico in queste ore.
IL CORDOGLIO DEL PRESIDENTE SCHIFANI
«Sono profondamente addolorato per la scomparsa di Roberto Maroni, con il quale abbiamo condiviso tanti di anni di vita politica fianco a fianco. Lo ricordo come uomo perbene, di grande spessore umano, appassionato, concreto e pronto al confronto, ministro di grande equilibrio e autorevolezza alla guida del Viminale. Alla famiglia vanno le mie più sentite condoglianze che estendo al segretario della Lega Matteo Salvini». Lo dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, appresa la notizia della morte dell’ex ministro Maroni.
“Con Roberto Maroni scompare prematuramente una delle figure più eminenti della Lega. Autentico
regionalista, ha guidato per anni la Lombardia con grandi risultati ed ha assunto ruoli di governo servendo il Paese da ministro dell’Interno e del Lavoro. Roberto Maroni ha sempre creduto nel federalismo rispettoso delle autonomie regionali e calibrato secondo il principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione per compensare difformità e ritardi nello sviluppo delle aree del Mezzogiorno. Perdiamo un uomo di Stato”. Lo afferma Marianna Caronia, capogruppo della Lega all’Assemblea regionale siciliana, in una nota sottoscritta dagli assessori Luca Sammartino e Mimmo Turano, e dai deputati Vincenzo Figuccia e Pippo Laccoto.