Il clan catanese dei Cappello, su richiesta del boss siracusano Salvatore Giuliano, “stava per organizzare un’eclatante azione omicidiaria” per “eliminare lo scomodo giornalista” Paolo Borrometi, direttore del sito la spia.it, per le sue inchieste sul territorio. Lo scrive il Gip Giuliana Sammartino nell’ordinanza che ha portato all’arresto di 4 persone per un attentato dinamitardo all’auto dell’avvocato Adriana Quattropani.
Gli agenti del commissariato di Pachino, infatti, hanno eseguito, questa mattina, tre ordinanze di custodia cautelare in carcere per minacce e danneggiamento. L’indagine è scattata a dicembre del 2017 dopo che un ordigno rudimentale aveva danneggiato l’auto dell’avvocato mentre, in qualità di curatore fallimentare, stava ponendo i sigilli a una pompa di benzina a Pachino.
Gli arrestati sono Giuseppe Vizzini, 54 anni, e i figli Simone e Andrea, di 29 e 24 anni. I tre, ritenuti dagli investigatori vicini al clan Giuliano, si trovano nel carcere di Bicocca, a Catania, mentre il quarto uomo, Giovanni Aprile, 40 anni, si è presentato spontaneamente negli uffici della polizia, ricercato dalla prime ore del mattino.
Il danneggiamento dell’auto di proprietà dell’avvocato Adriana Quattropani è avvenuto lo scorso 29 dicembre. Il legale, in qualità di curatore fallimentare stava ponendo i sigilli a un distributore di benzina gestito dalla ditta della moglie di Giuseppe Vizzini. Gli investigatori hanno ricostruito quanto accaduto in piazza Indipendenza grazie alle telecamere che riprendono le fasi dell’attentato, compreso l’acquisto di un accendino poco prima dell’esplosione. A queste si aggiungono le intercettazioni telefoniche tra Giuseppe Vizzini e Salvatore Giuliano e alcune testimonianze.
“Da Pachino volevano uccidere il giornalista Paolo Borrometi. La Fondazione Caponnetto si pone al suo fianco e non permetterà che ciò succeda. Paolo non è solo – queste le parole dalla Fondazione Antonino Caponnetto che esprimono vicinanza al giornalista – Altresì ringraziamo la Polizia di Stato perché l’attenzione e la prevenzione in casi di minacce sono la miglior cosa. La Fondazione chiede altresì a tutti i propri membri di attivarsi a difesa di Paolo Borrometi“.