La morte del boss Totò Riina ha contribuito “ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione. Quanto detto si traeva già dalla percezione dello stato di attesa della morte di Riina, quasi di impazienza, diffusa in una certa frangia di Cosa nostra, per svolgere l’attività di riorganizzazione“.
È la fotografia scattata dal presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, e contenuta nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. La frangia che ha atteso la morte di Riina non sarebbe aliena alle dinamiche dei corleonesi, anzi: “Tale frangia deve essere individuata all’interno degli stessi ‘corleonesi’ e non solo dei ‘perdenti’. Viene confermata l’elevata resilienza delle strutture organizzative criminali della Cosa nostra palermitana, che, a fronte della costante ed efficace pressione esercitata dalla magistratura e dalla polizia giudiziaria e’ una realta’ piu’ volte verificata e comprovata. Sarebbe un errore gravissimo – avverte il presidente – sottovalutare il potenziale criminale dell’organizzazione“.
Il boss Matteo Messina Denaro, invece, non sembra per nulla interessato agli affari di Cosa nostra palermitana. Frasca, infatti, esclude “una interferenza del latitante nelle dinamiche associative dei mandamenti palermitani“.
“È ormai accertata – aggiunge – la pacifica convivenza dei ‘corleonesi’, anche i piu’ intransigenti, con i ‘perdenti’, ormai tornati da qualche tempo sul territorio di origine, che gestiscono indisturbati i loro affari illeciti anche di un certo rilievo”.