La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo che aveva riconosciuto a Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, il servizio segreto civile, la riparazione per ingiusta detenzione di 667 mila euro. Contrada, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, si era visto annullare la sentenza dopo la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo, che aveva dichiarato illegittimo il verdetto italiano.
“Aspettiamo di leggere le motivazioni per un esame più approfondito, – dice il suo avvocato Stefano Giordano – ma è evidente fin d’ora che la Corte di legittimità non ha dato esecuzione alla sentenza di Strasburgo, secondo cui Contrada non andava né processato, né condannato”.
“Ora la palla passa nuovamente alla Corte d’Appello palermitana. Ma, comunque andrà a finire la vicenda, è probabile che il Contrada non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerate la sua età e le sue condizioni di salute e la lunghezza dei tempi processuali”, conclude Giordano. Contrada ha 89 anni.
La Corte d’appello di Palermo nel quantificare il danno da ingiusta detenzione aveva tenuto conto degli 8 anni, tra carcere e domiciliari, scontati in virtù della condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, bocciata prima dai giudici di Strasburgo, poi dalla Cassazione che aveva revocato il verdetto, e dei danni morali, esistenziali subiti da Contrada e dalla sua famiglia.
Quello di oggi è l’ennesimo colpo di scena di una storia processuale intricata. Anni di processi di merito e di legittimità cancellati dalle pronunce della Cedu e della Corte di Cassazione che hanno stabilito che Contrada non andava posto sotto processo perché, all’epoca dei fatti, il reato a lui contestato non era stato tipizzato dal legislatore.
Contrada è stato arrestato a Natale del 1992 e ha trascorso 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta. Dopo un tentativo di revisione della sentenza, dichiarato inammissibile, si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Nel 2015 i giudici della Cedu condannarono l’Italia a risarcire il funzionario, destituito dalla polizia di Stato e poi reintegrato come pensionato nel 2017 dal capo Franco Gabrielli, sostenendo che non andava processato ne’ condannato perche’ il reato di concorso esterno in associazione mafiosa era stato tipizzato e aveva assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry del 1994. E Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data.
Nel 2017 la Cassazione spiegò che “non vi è in effetti alcuno spazio per revocare il giudicato di condanna presupposto, la cui eliminazione non è richiesta, ne’ direttamente ne’ indirettamente, dalla Corte europea dei diritti umani, come è desumibile, oltre che dall’assenza di riferimenti testuali a una tale possibilità, dalle statuizioni relative al rigetto della domanda di equa soddisfazione“. Affrontando la vicenda giudiziaria di Contrada, la Corte di Strasburgo – ricordava il verdetto dei supremi giudici italiani – ha stabilito che l’ex poliziotto, accusato di aver fatto favori a Cosa Nostra avvertendo i boss di retate e appostamenti, è stato imputato di un reato la cui “evoluzione giurisprudenziale, iniziata verso la fine degli anni ottanta e consolidatasi nel 1994, non ha consentito a Contrada di avere “sufficientemente chiaro e prevedibile” il reato di concorso esterno perchè i fatti commessi, per i quali è stato condannato in via definitiva, vanno dal 1979 al 1988.
Uno spunto, quello della pronuncia della Cedu, che il legale di Contrada, Giordano, ha usato per chiedere, tramite un incidente di esecuzione, la revoca della condanna. Ma la Corte d’appello di Palermo giudicò il ricorso inammissibile. Tutto fu ribaltato dalla Cassazione che revocò la condanna per il concorso esterno, privando il verdetto della eseguibilità e degli effetti penali. Poi il risarcimento per la detenzione illegittima, oggi annullato.
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