Le mafie stanno cercando di mettere le mani sugli oltre 191 miliardi di fondi europei destinati all’Italia e per farlo cambiano rapidamente pelle: niente più violenza ma una “silente infiltrazione” nell’economia legale, sfruttando l’emergenza Covid e soprattutto quell’ “area grigia” che si muove nel mondo della pubblica amministrazione, della politica, della finanza e delle professioni.
L’ennesimo allarme sulle mosse della criminalità organizzata in tempi di pandemia arriva dalla Relazione della Direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre del 2020: un’analisi ancora più dettagliata dei fenomeni già emersi nei primi sei mesi dell’anno del lockdown che a giugno indicava come ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra avessero iniziato a guardare con molto interesse ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
“La tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale sano si sarebbe ulteriormente evidenziata” dicono senza giri di parole gli analisti della Dia, indicando proprio i “fondi comunitari che giungeranno a breve per assicurare un tempestivo sostegno economico” come uno dei primi obiettivi dei clan.
Una strategia criminale che segue due linee ben precise: da un lato c’è “il tentativo di rilevare le imprese” finite in difficoltà a causa dell’emergenza, un fenomeno che si registra soprattutto nel nord Italia, e dall’altro, quello di accaparrarsi “le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria“, una pratica che trova invece terreno fertile al sud. Obiettivi per i quali le mafie continuano costantemente a modificarsi.
Se infatti, come ha sottolineato più volte il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, è vero che da tempo le organizzazioni criminali hanno capito che “l’indice non serve più per sparare ma per movimentare denaro“, è altrettanto vero che questa metamorfosi è sempre più evidente, con la violenza che è fenomeno “sempre più residuale” mentre si registra un’accelerazione del “processo di trasformazione e ‘sommersione‘” delle ‘dnrine, delle cosche e dei clan, fondamentale per infiltrarsi nell’economia.
La conferma è nei numeri: rispetto allo stesso periodo del 2019 si registra da un lato il calo degli omicidi di tipo mafioso e delle associazioni mafiose (passati rispettivamente da 125 a 121 e da 80 a 41) e dall’altro un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell’imprenditoria, le infiltrazioni nei settori produttivi e l’accaparramento di fondi pubblici. Gli episodi di corruzione e concussione sono passati da 20 a 27, l’induzione indebita a dare o promettere utilità da 9 a 16, il traffico di influenze illecite da 28 a 32, la turbata libertà degli incanti da 28 a 32. Un’evoluzione che non sarebbe possibile senza la collaborazione dei colletti bianchi, con i quali ci sono ormai vere e proprie “sinergie”, e che è testimoniata dai nuovi settori sui quali hanno puntato le attenzioni le mafie: accanto agli interessi ‘tradizionali – usura, estorsioni, traffico di droga – ci sono il gioco d’azzardo (gaming), le scommesse (betting) e il contrabbando di prodotti energetici. Tutte attività nelle quali la competenza tecnica e di specialisti in società cartiere e frodi carosello è indispensabile.
Ecco perché la conclusione degli analisti è un appello alle istituzioni italiane ed europee affinché, così come è stato per fronteggiare l’emergenza sanitaria, arrivi una “risposta corale” per contrastare gli obiettivi delle mafie. “E’ auspicabile che l’azione condivisa dei paesi per il superamento dell’emergenza sanitaria possa esprimersi, con analoga ‘intensità di fuoco’ nel contrasto globalizzato alle organizzazioni criminali“. Come? Arrivando ad una legislazione condivisa per la lotta alle mafie, aumentando la circolazione delle informazioni e la cooperazione degli organismi investigativi e giudiziari dei singoli paesi dell’Unione.