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Le indagini

Mafia, operazione “Leonidi bis” tra Catania e Agrigento: tredici arresti

venerdì 2 Agosto 2024

Oltre 100 carabinieri del Comando provinciale di Catania stanno eseguendo nelle province del capoluogo etneo e ad Agrigento un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 13 indagati accusati a vario titolo di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina.

L’indagine, denominata ‘Leonidi bis‘, coordinata dalla Dda etnea e condotta dai militari dell’Arma del nucleo Investigativo di Catania con complesse attività tecniche e servizi sul campo, ha consentito di sgominare l’articolazione mafiosa della famiglia ‘Santapaola Ercolano’ attiva nel quartiere ‘Villaggio Sant’Agata‘. Il gruppo, secondo l’accusa, è stato colpito proprio nel momento in cui stava tentando di riorganizzarsi, perché indebolito da diversi provvedimenti giudiziari. Dalle indagini emergerebbe anche il conflitto generazionale tra la ‘vecchia mafia’ dei ‘grandi’, capace di dirigere il gruppo criminale nonostante in carcere da svariati anni, e quella ‘giovane‘, irruente ed esibizionista, anche sui social. Una spregiudicatezza che sarebbe potuta sfociare in un omicidio, impedito dall’immediato intervento della magistratura etnea e dei Carabinieri di Catania, che lo scorso dicembre hanno bloccato l’ala armata del sodalizio, fermando nove persone che stavano progettando l’eliminazione di un esponente del clan rivale dei ‘Cappello-Bonaccorsi’.

Durante l’attività investigativa, durata circa 18 mesi, i Carabinieri hanno sequestrato cinque fucili da caccia, di cui tre con le canne mozzate, una mitragliatrice cecoslovacca, due pistole e oltre 350 munizioni di vario calibro, oltre a un chilo di cocaina, sei chili di hashish, un giubbotto antiproiettile e un lampeggiante blu per auto.

L’inchiesta è frutto di una indagine avviata nel maggio dello scorso anno, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania e condotta dai Carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale, sfociata, nel dicembre 2023, al fermo di nove indagati legati anche da vincoli di parentela a esponenti di vertice della famiglia Santapaola-Ercolano. Sul loro conto erano emersi gravi indizi sulla pianificazione, in stadio avanzato, dell’uccisione di Pietro Gagliano, indicato nelle conversazioni degli indagati come appartenente al clan rivale dei Cappello – Bonaccorsi, da parte personaggi di spicco dell’associazione mafiosa “Santapaola-Ercolano”. Nei confronti dei destinatari del decreto di fermo, ad avvenuta conferma delle ordinanze a opera del Tribunale del riesame, la Procura ha chiesto di procedere col rito immediato.

L’omicidio era stato progettato come rappresaglia a una sparatoria avvenuta la sera del 21 ottobre 2023 nel quartiere San Cristoforo, quando, al culmine di una discussione tra appartenenti alle due cosche Pietro Gagliano avrebbe esploso 4 colpi di arma da fuoco all’indirizzo di appartenenti alla famiglia di “Cosa Nostracatanese. Due delle potenziali vittime, rimaste illese, si sarebbero immediatamente determinate a vendicarsi, nonostante avessero ricevuto indicazioni di segno contrario dal gruppo criminale di appartenenza. Nel complesso, l’attività investigativa, condotta e finalizzata grazie ad attività tecnica e ai serrati riscontri sul territorio, sarebbe riuscita a dimostrare il tentativo degli indagati di riorganizzare gli assetti dei gruppi dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano, duramente colpita nel tempo dall’incessante azione repressiva della magistratura e delle forze di polizia.

Diversi capi storici della ‘famiglia’ catanese di Cosa nostra avrebbero dato ordini dal carcere, in cui erano detenuti, in varie parti d’Italia, continuando “ininterrottamente a esercitare la loro attività di indirizzo e controllo delle dinamiche criminali comunicando con i sodali liberi attraverso dispositivi telefonici che si erano procurati illecitamente e che detenevano negli istituti penitenziari“. E’ quanto emerge dall’inchiesta. Tra i boss che entrano nell’inchiesta c’è Salvatore Battaglia, storico responsabile del gruppo del Villaggio Sant’Agata, assieme al fratello Santo, e protagonista di una intensa stagione di sangue negli anni ’90, già condannato in via definitiva per mafia e omicidio, che, secondo l’accusa, “sarebbe risultato essere punto di riferimento attuale per il sodalizio criminale, capace di fornire indicazioni ai sodali circa la gestione delle dinamiche associative, a dispetto del suo status di detenuto”. Battaglia avrebbe ricevuto numerose informazioni durante la detenzione dagli affiliati “in modo da essere sempre aggiornato sulle dinamiche in corso e da impartire direttive su incontri da svolgere con affiliati o soggetti di interesse sulla gestione dei proventi delle attività illecite di pertinenza del gruppo del Villaggio Sant’Agata e sui comportamenti, anche violenti, da tenere alcune situazioni“. Altra “figura di interesse“, emersa dalle indagini dei Carabinieri, secondo la Dda di Catania, sarebbe Salvatore Gurrieri, esponente della “vecchia generazione” di affiliati: detenuto in un istituto penitenziario del Nord Italia, assieme ad altri affiliati, compreso uno dei vertici della cosca, avrebbe avuto la “possibilità di ricevere e veicolare direttamente le informazioni tra i sodali liberi e i soggetti con esso detenuti e pretendere erogazioni di denaro“.

Gli arrestati

Sono state arrestate cinque persone mentre l’ordinanza è stata notificata in carcere ad altre sei già detenute e due sono state poste ai domiciliari. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti La misura cautelare è stata notificata in carcere, perché già detenuti, a: Salvatore Battaglia, 58 anni, Giuseppe Caruso, di 36, Carmelo Di Silvestro, di 47, Francesco Pio Giuseppe Di Stefano, di 24, Salvatore Gurrieri, di 51, e Giuseppe Pistone, di 37. Gli arrestati condotti in carcere sono: Gabriele Gioacchino Cigna, di 20 anni, Santo Di Bella, di 32, Alessandro Simone Ingo, di 28, Santo Roggio, di 48, e Michele Spampinato, di 25. Agli arresti domiciliari sono stati posti: Giulia Ilenia Catanzaro, di 21 anni, e Marco Natale Tosto, di 20.

 

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