I capigruppo di FdI e Udc all’Ars, Antonio Catalfamo ed Eleonora Lo Curto, hanno depositato al Tar di Palermo un ricorso contro la comunicazione con cui il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché ha reso noto che i due parlamentari si sono sottratti all’obbligo, introdotto dalla legge regionale 18 del 2018, di dichiarare la loro appartenenza o meno alla Massoneria o ad associazioni similari. La legge, promossa dal presidente dell’Antimafia regionale, Claudio Fava, ha imposto ai deputati regionali (ma anche ai sindaci, ai consiglieri comunali e circoscrizionali, agli assessori regionali e comunali) l’obbligo di dichiarare l’appartenenza alle “associazioni massoniche o similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici o d’obbedienza”.
La legge è stata contestata dai due deputati ritenendola una violazione del loro diritto di associarsi liberamente, “tutelato dalla Costituzione e dalla normativa europea”. I due parlamentari hanno denunciato come “le norme siano discriminatorie tra le associazioni massoniche e le altre parimenti lecite e ammesse dall’ordinamento”.
Proprio allo scopo di promuovere l’iniziativa giudiziaria, i deputati Catalfamo e Lo Curto avevano sollecitato sin dal 18 novembre scorso il presidente dell’Ars perché rendesse la prescritta comunicazione, poi intervenuta nella seduta dell’Ars del 5 marzo, e due giorni dopo pubblicata sui siti web della Regione.
Il ricorso, curato dagli avvocati Enzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello e Rocco Todero, chiede l’eliminazione della pubblicazione e solleva in particolare due questioni di legittimità costituzionale. Ora la palla passa al Tar che, dopo avere deciso sulla richiesta di sospensiva della pubblicazione, dovrà poi valutare la non manifesta infondatezza delle censure costituzionali avanzate, in tal caso trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
Per i due deputati “è stata violata gravemente la nostra libertà di poterci associare liberamente e senza intimidazioni di sorta, ed è stato gravemente leso il nostro diritto alla privacy; per non dire della forte discriminazione operata nei confronti della Massoneria che, al pari di qualsiasi altra lecita associazione operante in Italia, merita il rispetto delle pubbliche Istituzioni e dei cittadini. Questa legge liberticida rappresenta una vergogna per il parlamento siciliano e auspichiamo che la Corte Costituzionale la cancelli dall’ordinamento giuridico, censurando il comportamento dell’Ars, come ha già fatto in passato la Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso di analoghe leggi delle regioni Marche e Friuli Venezia Giulia”.