Un disegno di legge per una sanità più giusta, equa e scientificamente avanzata. È questo l’obiettivo dell’onorevole Valentina Chinnici, deputata del Partito Democratico all’Assemblea regionale siciliana, prima firmataria del ddl “Norme in materia di Medicina di Genere”, presentato a Palermo durante il convegno “Uno, nessunA e centomila” al Palazzo Reale.
Ma quello che propone Chinnici non è solo un intervento normativo, bensì una vera rivoluzione culturale, soprattutto in una regione come la Sicilia, dove la sanità resta ancora troppo spesso modellata su standard clinici maschili. “La medicina di genere non è un optional – afferma – ma una necessità scientifica e sociale. Continuare a ignorare le differenze tra i corpi significa compromettere l’efficacia delle terapie e minare l’equità delle cure“.
Perché serve una svolta?

Le parole della deputata partono da esempi chiari: “Il concetto di medicina di genere nasce già negli anni Sessanta, da studi sulle malattie cardiovascolari. Si scoprì che l’infarto nelle donne si manifesta con sintomi diversi rispetto agli uomini. Il dolore al braccio, tipico segnale maschile, non è così frequente nelle donne, che spesso vengono sottovalutate o diagnosticate in ritardo”.
Chinnici fa un passo oltre: “Anche la struttura del corpo, la distribuzione dell’adipe, perfino il punto dove si fa un’iniezione, cambia tra uomo e donna. Ma i protocolli non lo prevedono. Tutto è ancora tarato sul maschio di 70 chili, dai farmaci ai dosaggi, dalla sperimentazione clinica alla progettazione delle terapie“.
“Per anni – prosegue – si sono esclusi i corpi femminili dalla ricerca, anche per timori legati alla gravidanza. Oggi sappiamo che le donne reagiscono diversamente ai farmaci, che l’assorbimento cambia in base alla massa grassa, agli ormoni, alla fisiologia. Continuare a ignorarlo è gravissimo“.
Formazione, prevenzione e strutture
Il ddl presentato dalla deputata e sottoscritto dall’intero gruppo Pd mira a integrare la medicina di genere in tutti i livelli del sistema sanitario regionale. Tra le misure previste ci sono percorsi formativi per il personale sanitario, linee guida aggiornate, campagne di prevenzione specifiche e l’attivazione di un tavolo tecnico permanente. Per sostenere queste azioni si prevede uno stanziamento di un milione di euro proveniente dai fondi del Sistema sanitario regionale e da risorse extraregionali per finanziare ricerca e formazione.
“C’è già un piano nazionale recepito nel 2021 – spiega – ma è rimasto sulla carta. Io ho voluto agire in parallelo rispetto al disegno di legge nazionale, giocando d’anticipo. Vorrei che la Sicilia fosse la prima a muoversi, non solo a recepire. Quei tavoli tecnici esistono, ma spesso si riuniscono una volta e poi si dimenticano. Serve continuità, aggiornamento, e servono indirizzi chiari alle Asp. Durante il convegno, il rettore Midiri ha annunciato l’avvio di un centro universitario sulla medicina di genere”.
Un passaggio cruciale del ddl riguarda anche il privato accreditato. Cliniche e laboratori dovranno adeguare organici, protocolli e sistemi di valutazione alle specificità di genere se vorranno continuare a operare con il Servizio sanitario regionale. È un’estensione degli obblighi che finora si fermavano al pubblico, ma che stavolta include l’intero sistema.
La politica apre, ma la battaglia è appena iniziata
Il ddl affida al Gruppo tecnico regionale il compito di redigere ogni anno una relazione sullo stato di attuazione, basata su indicatori di processo e di esito. Saranno quindi fondamentali i dati raccolti dalle strutture sanitarie per valutare l’impatto reale delle nuove misure.
“Il mio obiettivo – aggiunge – è avere un ddl operativo, che metta la Sicilia nelle condizioni di attrezzarsi da subito. Serve un piano, servono tavoli aggiornati, servono risorse. Non possiamo permetterci di perdere tempo”.
Oltre il maschile e il femminile: un approccio per tutti i corpi
La proposta della deputata non si ferma al binarismo uomo/donna: “C’è tutto il mondo transgender, le persone con identità non binarie. Anche questi soggetti vanno curati, accolti, rispettati. E spesso i medici si trovano impreparati. La medicina di genere può offrire strumenti, uno sguardo più multidisciplinare, meno settoriale, più umano“.
In questo senso, Chinnici segnala un dato sorprendente: “Sa che in Sicilia i buoni alimentari per i celiaci sono differenziati per genere? Agli uomini spetta un budget maggiore perché si presume che mangino di più. Una follia, un automatismo basato su stereotipi. Ecco perché è urgente cambiare paradigma”.
Un’occasione storica per la Sicilia
La deputata, che è anche insegnante, lancia un monito: “Nella sanità, per fortuna, nessuno può accusare i medici di fare ideologia. Ma nella scuola, la sola parola “genere” ha generato sospetti, accuse, censure. Il ddl Zan è stato affossato anche per questo. La medicina di genere, invece, è passata sotto traccia. Approfittiamone per fare cose concrete”.
“Per secoli – prosegue – si è pensato che l’isteria fosse un disturbo femminile legato all’utero. E invece l’isteria colpisce anche gli uomini. E potremmo andare avanti con mille altri esempi. La medicina di genere ci permette di liberarci da questi stereotipi. Di curare davvero le persone, non i modelli”.
“Io ho voluto fare un ddl operativo – conclude Chinnici – per mettere la Regione Siciliana nelle condizioni di attrezzarsi da subito. Serve avere pronti i piani e i tavoli tecnici, per non perdere tempo ed essere più operativi su un’eccellenza d’avanguardia“.