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il fatto

Messina Denaro, i vivandieri del boss non rispondono davanti al Gip

lunedì 20 Marzo 2023

Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, marito e moglie, i vivandieri accusati di avere ospitato Matteo Messina Denaro nella loro casa di Campobello di Mazara, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al Gip Alfredo Montalto.

Secondo gli inquirenti, la coppia avrebbe ospitato “in via continuativa e per numerosi giorni“, nella sua casa di Campobello di Mazara, il padrino all’epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell’appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine. I coniugi – secondo i pm – avrebbero dunque fornito al boss “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza“. Lorena Lanceri, secondo gli inquirenti, sarebbe stata inoltre legata sntimentalmente al boss. Emanuele Bonafede, fratello di Andrea Bonafede, anche lui arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto avere al capomafia le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, anche lui finito in carcere, è nipote dello storico capomafia di Campobello di Mazara Leonardo e cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche.

Per uno abituato a stare ai piani alti della gerarchia mafiosa, amato e accudito come un capo, l’arresto costituiva una mortificante resa allo Stato. E siccome il male era diventato ormai una minaccia implacabile Matteo Messina Denaro aveva deciso: piuttosto che finire in un furgone dei carabinieri, com’è poi accaduto, si sarebbe suicidato. Insomma, dal percorso cominciato trent’anni fa con una latitanza finita in una clinica oncologica non sarebbe uscito vivo. Lo scrive con una punta di orgoglio alla sorella Rosetta, arrestata nei giorni scorsi, che custodiva in mille pizzini i suoi segreti. La lettera sembra un legato testamentario: “Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento“. Nel covo di Campobello di Mazara c’era la Smith & Wesson che avrebbe permesso al boss di prendere congedo dal mondo con un gesto estremo da eroe solitario. Sognava un’uscita di scena simile a quella del padre Francesco, patriarca della cosca di Castelvetrano. Anche lui da latitante, era stato stroncato da un infarto. I carabinieri trovarono in campagna la sua salma, già composta con abito nuovo e cravatta. Finiva così una gloriosa carriera ma almeno don Ciccio aveva beffato lo Stato evitando l’arresto. Aveva pure risparmiato ai suoi amici di rispondere del loro sostegno. A Matteo Messina Denaro neanche questo è stato possibile. Lo dimostrano, oltre alla scoperta del covo, la catena di arresti e di guai che non risparmia praticamente nessuno. I pizzini stanno alzando il velo sulla rete di protezione ma anche di intimità che proteggeva l’ultimo padrino latitante. Tra le persone a lui più vicine, oltre ad Andrea Bonafede che gli ha passato la propria identità, c’era l’insegnante Laura Bonafede, cugina di Andrea e figlia del boss deceduto Leonardo, grande amica di Messina Denaro. Con lui si incontrava tra gli scaffali di un supermercato e scambiava messaggi firmandosi al maschile. Tanto non è però bastato a evitarle di essere indagata e ora di essere sospesa dalla scuola ‘Capuana-Pardo’ di Castelvetrano per dieci giorni. Il provvedimento cautelare è stato adottato dal dirigente scolastico Vania Stallone, dopo la “vasta eco mediatica suscitata dal presunto legame dell’insegnante con il boss mafioso Matteo Messina Denaro e al fine di tutelare l’immagine della scuola e di garantire il sereno svolgimento dell’attività scolastica”, Non basta, dice l’assessore regionale all’istruzione, Mimmo Turano che chiederà al ministro Giuseppe Valditara misure più dure per impedire che “questa persona non abbia più alcun contatto con il mondo della scuola”. Avrebbero molto da dire anche i vivandieri di Messina Denaro, Lorena Lanceri e il marito Emanuele Bonafede, che lo ospitavano a casa a pranzo e a cena. Lei avrebbe avuto con il boss anche un rapporto personale. Ma per ora marito e moglie non parlano. Non hanno risposto al gip Alfredo Montalto che era andato a interrogarli in carcere.

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