Inferno di fuoco a Messina, la città metropolitana è infatti assediata in queste ore in più zone da incendi che stanno devastando il territorio e creando seri pericoli.
Ieri l’ennesima intensa giornata di roghi ha interessato numerosi fronti del messinese. All’Annunziata, in contrada Catanese, nei pressi della Facoltà di Lettere e Veterinaria, sono divampate le fiamme che hanno lambito anche diverse abitazioni, ed in più circostanze si è reso necessario l’intervento dei Canadair.
La gravità della situazione ha spinto anche Rosario Fiorello, che come si sa è originario del messinese (di Letojanni per l’esattezza) e che in questi giorni si trova proprio nella sua terra, a lanciare un appello attraverso un video rivolto ai mass media nazionale: “E’ importante che se ne parli e che si faccia qualcosa. Mi dicono che ci sono pochi mezzi a disposizione, io faccio un appello a tutti i mezzi di comunicazione e soprattutto ai tg nazionali affinchè questa cosa si possa affrontare e risolvere quanto prima“.
Il susseguirsi di incendi senza tregua sta mettendo a dura prova non soltanto il polmone verde della città ma rappresenta anche un vulnus, una bomba ecologica, in vista delle prossime piogge, quando l’assenza di alberi e della macchia mediterranea in grado di drenare l’incedere delle acque renderà ancora più fragile ed esposto ad alluvioni il territorio.
Delle pinete e delle querce, alcune anche secolari, che dominavano le vallate dei Peloritani rimane dopo una notte di roghi solo un cumulo di cenere.
Nel mirino è finita anche una zona come quella dell’Annunziata, che già in passato è stata esposta a fenomeni alluvionali di particolare violenza.
Ma lo stesso discorso riguarda anche il versante sud del monte Ciccia fino alla vallata di Giostra. La prospettiva da incubo che si va delineando è quella del determinarsi di fenomeni erosivi nel terreno delle aree interessate dai roghi di questi giorni, aree dove cioè si creeranno i presupposti di fragilità dell’habitat che è premessa e preludio all’insorgere di fenomeni franosi e colate di fango.
Uno scenario che oggi appare lontano ma che rischia invece di diventare molto presto realtà, a partire dal prossimo autunno. L’assenza di politiche ambientali che riescano concretamente a determinare un rimboschimento e ripiantumazione immediata delle essenze bruciate nei punti colpiti dagli incendi rappresenta un errore strategico e un peccato di superficialità che può diventare fatale quando poi andranno ad insorgere le frane alimentate dalle piogge e corroborate di riflesso dalla fragilità stessa dei terreni.
Messina ha già pagato un prezzo carissimo agli eventi alluvionali degli anni scorsi e proprio il susseguirsi di incendi e devastazioni ambientali in atto in questi giorni dovrebbe sin da subito attivare appositi iter finalizzati al trattamento delle aree carbonizzate, dove in ogni caso è evidente che non si tratta (nella maggior parte delle circostanze) di eventi dovuti alla calura estiva, bensì si evidenzia la mano delinquenziale di piromani che non si fanno scrupoli a devastare l’ambiente. Servirebbe quello che da tanto tempo invocano i cittadini, pene severe ed inflessibili verso chi appicca deliberatamente questi incendi e lo fa con la consapevolezza che ove mai dovesse essere scoperto poi difficilmente si aprirebbero le porte del carcere o magari finirebbe in pochi giorni già ai domiciliare.
Eppure, anche quando non ci sono (per fortuna) delle vittime in termini di vite umane, non si può consentire che “uccidere” così un territorio venga considerato una sorta di reato di minore entità. E’ un gesto criminale che può e deve essere a suo modo equiparato ad una strage ambientale. Lo Stato ha il dovere di essere assai più inflessibile e punire in modo esemplare, senza alcuna pietà, i colpevoli di questi incendi.