Carissimi
Approfittando di un momento libero mi sono avventurato questa estate, verso sera, in una delle giornate di un fastidioso scirocco, in via Maqueda, e ho fatto la piacevole conoscenza con un commerciante che davanti la sua bottega era intento a togliere con la scopa quanto accumulatosi sotto il marciapiede durante la giornata, non curandosi se tale opera di pulizia si ritorcesse verso lo stesso, rientrando all’interno della bottega o depositandosi sui banchi in esposizione.
Mentre stavo guardando la merce davanti al negozio, una folata di vento ci investi portando su di noi la stessa polvere, tanto da farmi imprecare “E che cribbio, non comprenderò mai da dove viene la sporcizia di questa città? Non c’è rimedio? Sono consapevole che tra di voi commercianti vi date da fare ognuno davanti la propria bottega al meglio per contribuire a rendere decoroso il marciapiede. “
L’omino tra il divertito e l’ironico, senza turbarsi più di tanto mi rispose: “se vossia è di qua, dovrebbe sapere che da noi è così, a meno che non è forestiero. Quel che buttiamo fuori di casa, va a male tutto insieme davanti alla porta e poi tutto il giorno ce ne difendiamo. Ma come vedete……”
Risposi:” ma scusate in tutte le grandi città è così? Perché a Palermo diventa un grande problema’”
Il commerciante continuò: “tra la gente si dice che proprio i responsabili della pulizia non possono, per la grande influenza che hanno, essere costretti ad usare i fondi nel modo dovuto; inoltre, curiosamente si teme che, una volta rimossa tutta l’immondizia, uscirebbe fuori come il pavimento sotto sia stato fatto male, e verrebbe a galla l’amministrazione disonesta di un’altra cassa.”
“Tutto ciò però”, sorridendo “…è solo un’interpretazione di chi pensa male.”
Vedete, noi stiamo a parlare ancora del “comico denigratore” quando il palermitano per propria natura è sempre stato così, pronto a parlare male della propria terra ma ad offendersi se qualcuno, specialmente “forestiero” ne parlasse male.
Mi perdonerete se ho voluto giocare rielaborando e attualizzando, per dare forza al mio discorso un dialogo realmente descritto, il Giovedì Santo del 5 aprile 1787, tra un tipico commerciante palamito della “via nuova” e il “forestiero dei forestieri per importanza, Goethe”, così come descritto nel suo “italianische reise” (viaggio in Italia).
Anche io quando agli inizi degli anni ottanta finiti gli studi iniziai a viaggiare, volevo portare a Palermo la metropolitana, la funivia cittadina che collegasse le falde e la vetta di Monte Pellegrino, i mini traghetti turistici che collegassero il porto con i porticcioli di Mondello e di Sferracavallo, il tunnel sotterraneo che decongestionasse l’attraversamento di Palermo …. per non parlare di mitico Ponte sullo Stretto.
Ne stiamo ancora parlando, perché noi siamo riflessivi e prima di fare qualcosa ci vogliamo pensare bene, anche se da quei miei viaggi son passati quaranta anni e io ho i capelli bianchi, e se poi a ciò sommate lo storico gap nel campo delle infrastrutture di almeno 50 anni rispetto alle città europee (stiamo finendo adesso di rimuovere le macerie della seconda guerra mondiale) oggettivamente mi rassegno all’idea che nessuno della mia generazione vivrà tanto da vedere cambiare questa amata città.
E così mettendo a frutto la mia esperienza pubblica e privata, ma soprattutto da cittadino, certe volte mi consolo tarando gli obiettivi in funzione della reale fattibilità dell’ordinario, pensando ai famosi due binari (e sappiamo che in Sicilia parlare di doppio binario è …….) quello del manutentivo quotidiano e quello delle grandi opere a lunga scadenza e mi chiedo quali siano state le opere che negli ultimi anni abbiano portato un miglioramento della qualità della vita oltre che della sicurezza e siano state utili per questa città.
Tolte le grandi infrastrutture con i loro tempi biblici, che attraversano varie generazioni di palermitani, spesso e volentieri rimangono quelle a prima vista poco significative, ma legate a manutenzioni straordinarie affrontate con pochi soldi.
Mi sono fatto una personale terzina di interventi che hanno finito per risparmiare un sacco di incidenti mortali ai quali eravamo abituati, diciamo rassegnati:
- Il posizionamento di spartitraffico in c.a. contenenti fioriere tra le due carreggiate di viale Margherita di Savoia nella strada che dalla favorita porta a Mondello (intervento fatto con maestranze interne);
- la creazione di rotonde al posto di incroci trafficati e pericolosi, frutto di una ostinata “visione” di un collega tecnico esperto di mobilità e traffico che ha voluto portare le onnipresenti rotonde nordiche per impiantarle a Palermo, anche se qui, ancora dobbiamo lavorare molto sui palermitani poco inclini ad accettare l’idea di cedere il passo (come da norma a chi è già dentro la rotonda);
- in ultimo per migliorare la qualità della vita, mi viene in mente l’intervento manutentivo che ha recuperato lo spazio difronte le “case Rocca”, a seguire lo Stadio delle Palme, trasformandolo in uno spazio libero e attrezzato per l’allenamento dei palermitani.
Poche risorse, ma idee intelligenti per il recupero degli spazi.
Se oggi fossi sindaco, ma non lo sono, mi piacerebbe anche esser ricordato per piccole cose pensate e inaugurate durante il mio mandato, senza necessariamente andare a caccia di consensi per future grandi strutture.
Adesso che la città è stata devastata da scavi che ne hanno cablato tutte le zone mediante l’attraversamento della fibra e una volta portato a termine il rifacimento dell’illuminazione stradale a led, metterei mano alla pavimentazione stradale, così come nel frattempo fatto per le piste ciclabili.
La strada, la più democratica degli spazi pubblici, poiché utilizzata da tutti a prescindere dal censo, e siccome ci sarà, come ci insegna Goethe, sempre un cittadino che si lamenterà, baderei poco al fatto che un domani potrei esser ricordato come il “sindaco delle scaffe”, come lo fu per il “sindaco delle fontane”, anzi, considererei ciò più prezioso di un titolo nobiliare.
Un abbraccio, Epruno