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In tutte le librerie

“Mistero bizantino. La verità sepolta”, il nuovo libro di Anselmo Madeddu

martedì 8 Agosto 2023

In tutte le librerie il nuovo libro di Anselmo Madeddu “Mistero bizantino. La verità sepolta”, pubblicato da Algra. La verità sepolta è il primo volume della trilogia Mistero bizantino.

Con questo romanzo – dichiara Anselmo Madeddu – ho voluto raccontare un’età oscura e misteriosa, eppure di enorme fascino, come quella bizantina. Ho cercato di dare una chiave di lettura, anche politica, alla figura di un imperatore dalla sorprendente modernità. Ho provato a far rivivere una civiltà straordinaria che, seppur cancellata dalla faccia della terra sin dalla caduta di Bisanzio nel lontano 1453, vive ancor oggi sommersa nell’anima e nella cultura di una gattopardiana Sicilia, il cui popolo, nonostante i secoli trascorsi, è rimasto ancor oggi profondamente bizantino“.

Il plot: Anno 1968, il giovane Totò Salinas trova in un antico palazzo di Ortigia un manoscritto con un inedito codice bizantino, occultato da sempre dalla Chiesa. Sotto l’apparente aspetto di un’agiografia, il documento smascherava una scomoda verità, facendo luce sull’oscuro assassinio dell’imperatore Costante II, vittima di uno strano complotto a Siracusa, dove aveva trasferito la capitale dell’impero per contrastare l’avanzata dell’Islam… Anno 668, il monaco Venanzio, l’autore del codice, sfuggito a un misterioso attentato a Bisanzio, giunge in Sicilia, ma il suo arrivo nel monastero di San Pietro ad Bajas dà vita a un’agghiacciante serie di delitti. Solo allora Venanzio comprende di essere finito, suo malgrado, al centro di un pericoloso intrigo internazionale, con arabi e bizantini che si contendono l’arma con la quale dominare il mondo: il fuoco greco! Non gli rimane che una sola possibilità per salvarsi: fuggire dal monastero e sventare il complotto… Anno 1968, Totò intanto si accorge che tutti quelli che, come lui, avevano letto il codice erano morti in circostanze molto misteriose…

Dalla Premessa:

Costantinopoli e Sicilia 668. Dalle memorie di Venanzio emerge, così, il maestoso affresco storico di una Sicilia e di una Europa bizantina, in cui sembrano affondare le radici del secolare e attualissimo scontro tra Oriente e Occidente, tra l’Islam (di Mu’awiya) e il Cristianesimo (di Costante). Attraverso tre lunghe lettere, Venanzio da Canterbury racconta ai suoi committenti di essere stato inviato in missione da papa Vitaliano a Costantinopoli, dove però subisce un misterioso attentato. Salvato da un enigmatico monaco studita, fugge con questi in Sicilia presso il monastero siracusano di San Pietro ad Bajas. Ma il loro arrivo dà vita a una agghiacciante serie di delitti. Solo allora Venanzio ne scopre la vera sconvolgente identità e fugge dal monastero. Ma ormai, scambiato suo malgrado per una spia, Venanzio è finito al centro di un pericoloso intrigo internazionale, giocato tra Arabi, Bizantini e Longobardi, ed è costretto, per salvarsi, a consegnare all’imperatore Costante dei documenti che comprovavano un imminente colpo di stato ai suoi danni e la formula di una micidiale arma chimica, il fuoco liquido, l’arma contesa da Arabi e Bizantini perché chi l’avrebbe fabbricata per primo avrebbe dominato il Mondo! Per Venanzio, braccato dai servizi del contro spionaggio, comincia una autentica corsa contro il tempo, tra continui colpi di scena, finché un imprevisto finisce col complicare ogni cosa. Il finale della storia si preannuncia drammatico e imprevedibile, ma il racconto di Venanzio, oppresso dal dolore dei ricordi, si ferma lì. Il suo terribile segreto probabilmente rimane nascosto nella quarta e ultima lettera che il monaco di Canterbury sembra rifiutarsi di inviare ai suoi committenti siciliani…

Siracusa 1968. È il “Sessantotto”. Soffia il vento della rivoluzione. Ma per Totò Salinas, dall’assassinio di Costante a quello di Bob Kennedy il Mondo sembra non essere mai cambiato. E quel manoscritto finisce così col diventare per il giovane un documento rivoluzionario, il suo “Sessantotto”. Incuriosito, Totò affida lo studio dell’oscuro manoscritto a un anziano poliziotto archeologo, don Ciccio Magrì, e questi dà vita a una insolita indagine poliziesca verticale nel tempo alla ricerca dei moventi, dei mandanti e degli esecutori di uno dei più misteriosi delitti eccellenti della storia siciliana. Ma l’indagine del commissario è una storia sottovoce, affidata ai brevissimi incipit di capitoli appena abbozzati, che si intervallano col racconto portante del monaco Venanzio, senza mai disturbarlo. Capitoli che, nella loro voluta incompletezza, sembrano solo preludere a successivi intuibili sviluppi narrativi. Ne vien fuori una storia nella storia con un finale fascinosamente aperto. Ma prima è necessario scoprire il mistero di quella “verità sepolta” nell’ultima delle quattro lettere di Venanzio, che l’incendio di Sant’Andrea ha danneggiato. Un finale, dunque, che lascia chiaramente intravedere gli sviluppi del sequel al quale verrà affidato il terribile segreto di quella dannata… “Ultima Lettera”.

Un passo significativo dal libro:

 «…Dove Venanzio assiste alle corse dell’ippodromo e tiene una interessante conversazione con Teodoro Coloneo intorno ai motivi ch’indussero il basileo Costante a lasciar Bisanzio per trasferirne la capitale in Sicilia…»

 Sabato, 22 luglio, ora terza, nell’anno di Nostro Signore 668

Dalla finestra della mia camera, che si affacciava sul porto di Kontoscolion, si scorgeva una striscia perpetua di mare abbagliante che smarriva il suo cammino nell’ultimo orizzonte ultramarino mescendo le sue acque alle brume dell’aurora. Era sabato 22 luglio. L’eparchos in persona ci aveva accompagnati la sera prima a uno dei più rinomati kapeleion della città. Si trattava della taverna di Psalide, dove cenammo con pezzi di carne di maiale e di agnello arrostiti allo spiedo, sedano, lattuga, pane di miglio e frutta con miele, e bevemmo del vino mescolato ad acqua calda e semi di finocchio. Nel kapeleion c’erano delle camere per gli ospiti, e lì passammo la notte per cinque follari di bronzo. Niceta s’era alzato presto, prima di me, e mi aspettava giù al piano terra.

“Ieri sera, durante la celebrazione dei misteri, hai notato quel monaco inginocchiato dietro di te?” mi chiese, quasi che quel pensiero l’avesse tormentato tutta la notte.

“No” risposi, “perché avrei dovuto notarlo?”.

“Perché è da ieri mattina che ci segue. Da quando siamo passati col carro da Studion. E stamattina era giù per la strada, che si aggirava nei pressi della taverna”.

“E allora?” chiesi. “Questa città è piena di tuniche nere. Perché dovrei preoccuparmi?”.

Niceta non rispose e rimase in silenzio a riflettere. Poi, turbato in viso, disse tra sé e sé:

“Eppure lo conosco. Ma dove l’ho visto?”.

Non diedi, allora, molta importanza alle parole di Niceta, anche perché, intanto, erano giunti Evandro ed Echeboli, i domestici che Teodoro Coloneo aveva inviato di buon mattino alla taverna affinché mi accompagnassero al Pretorio, ch’era la sede della Prefettura e dell’eparchos. Lì mi avrebbe aspettato Teodoro per invitarmi ad assistere ai giochi del Circo Massimo. Insieme all’inseparabile guida di Niceta, li seguii.

Il Pretorio sorgeva lungo la Mese, tra il Foro di Costantino e l’Augusteion, nell’antico Palazzo di Antioco, ed era il centro amministrativo, giudiziario e carcerario della città. Lo raggiungemmo rapidamente in carrozza. Teodoro Coloneo ci aspettava dinanzi l’atrio colonnato del palazzo.

“Buon giorno, nobile Venanzio”.

“Salute a voi, eparchos Teodoro”.

Notai che lo accompagnava un uomo più anziano di lui, dai tratti nobili e ben vestito.

“Il krita Doroteo vi saluta, ospite romano” mi disse quell’uomo presentandosi.

Risposi al saluto e seppi che si trattava del giudice più anziano del Pretorio. Era un uomo tenuto in gran conto dal prefetto. Seguito da Niceta, salii sulla carrozza prefettizia, insieme all’eparchos Teodoro e al patrizio Doroteo, e ci avviammo alla Mese in direzione del Foro Augusteo, che raggiungemmo in poco tempo. Lì, proprio di fronte al Milion, s’innalzava maestoso il prospetto maggiore dell’Ippodromo, che era costituito da un edificio, ornato di archi e colonne, che ospitava al suo interno diversi locali. E al centro di quello si apriva una porta d’ingresso, sormontata sull’archivolto centrale da un basamento turrito sopra il quale troneggiavano quattro possenti cavalli di bronzo. Sul lato dell’Ippodromo che guardava a oriente emergeva, tra il verde di eleganti giardini, il profilo austero del Palazzo Sacro, che sembrava quasi addossarsi alle mura del Circo Massimo. Fui colpito dalla luce dell’immensa fiaccola che era stata accesa all’ingresso dell’edificio. Seppi da Teodoro che quella face era il “fanion”, e che il praipositos l’aveva acceso il giorno prima per annunciare alla città l’inizio dei giochi. Vidi poi alcuni uomini portare, tra la folla, dei magnifici cavalli da corsa verso le scuderie, mentre altri ne controllavano lo stato.

“Che cosa stanno facendo” chiesi a Teodoro.

“Sono i rappresentanti dei demi” rispose l’eparchos. “Controllano che tutto sia a posto prima della corsa”.

“I demi?” chiesi ancora.

“Sì, i demi. Sono i quattro partiti di Costantinopoli: gli Azzurri, i Verdi, i Rossi e i Bianchi”.

“E in che cosa si distinguerebbero tra di loro questi partiti… oltre al colore?” chiesi curioso.

“Beh, diciamo pure che gli unici due partiti che contano veramente qui a Costantinopoli sono gli Azzurri e i Verdi. Gli altri due si sono da sempre alleati con quelli maggiori: i Bianchi stanno con gli Azzurri e i Rossi coi Verdi. Le loro differenze sono soprattutto politiche. Gli Azzurri tengono per l’aristocrazia e sono di fede ortodossa, mentre i Verdi sono più vicini al popolo e tendono alla fede monofisita. Durante i giochi gli Azzurri siedono alla destra del basileo e i Verdi a sinistra”.

SCHEDA LIBRO

Autore: Anselmo Madeddu, medico e scrittore, vive e lavora a Siracusa, dove è Presidente dell’Ordine dei Medici e dirigente della ASP. Docente di Epidemiologia e di Management Sanitario presso l’Università di Catania, si è occupato di ambiente e tumori, pubblicando numerosi articoli scientifici. Cultore di interessi storici e letterari, cura una rubrica di focus storici sul quotidiano “La Sicilia” e ha pubblicato diversi saggi, tra i quali La Peste del Sonno (1993), Vittorini da Robinson a Gulliver (1997), Ortigia tra il Mare e il Mito (2009), Il re nudo e i suoi fratelli (2015), Syrakosion (2021). Il romanzo La verità sepolta è il suo esordio nel settore narrativo e rappresenta il primo volume della trilogia Mistero bizantino.

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