La situazione dei pronto soccorso in Sicilia sta raggiungendo livelli di emergenza senza precedenti, creando un quadro di sofferenza e inefficienza che colpisce sia i pazienti che i medici impegnati nell’emergenza-urgenza. Recenti episodi di cronaca hanno ulteriormente messo in evidenza questa realtà, con pazienti che, a causa di ritardi negli interventi e ricoveri fantasma, hanno tragicamente perso la vita.
“Stiamo affrontando situazioni che forse non vedevamo nemmeno durante la pandemia da COVID-19. All’epoca, per quanto difficile fosse, avevamo una chiara comprensione di quello che facevamo. Oggi, invece, spesso ci troviamo a lavorare in condizioni caotiche, senza una vera direzione. Le feste, la pandemia, l’influenza stagionale, e l’aumento dell’età media dei pazienti hanno reso la gestione quotidiana quasi impossibile dei PS in tutta Italia. Il territorio non filtra più: tutti arrivano in Pronto Soccorso, anche per problemi che si potrebbero gestire altrove. È un accesso disordinato e spropositato. E poi ci sono le diagnosi: ogni paziente richiede esami, radiografie, TAC, consulenze. Questo significa che non possiamo limitarci a visite rapide; siamo costretti a tenerli in attesa per ore, o addirittura giorni. Secondo le linee guida del Ministero della Salute, i pazienti dovrebbero essere gestiti entro otto ore: ricoverati, trasferiti o messi in osservazione breve. Ma noi abbiamo pazienti che rimangono in Pronto Soccorso per 24, 48 ore, e oltre. È una situazione che non possiamo più sostenere”.
A fare una fotografia della situazione in cui vertono i Pronto Soccorso, unica ancora di salvezza per tanti malati che non riescono a trovare assistenza sul territorio, è Giovanni Noto, dell’Ufficio di presidenza della Società italiana medicina di emergenza urgenza, nonché Past president SIMEU Regionale Sicilia e direttore del Pronto Soccorso dell’ospedale “Giovanni Paolo II di Ragusa.
Il fenomeno del “boarding” e l’assistenza negata
Nei Pronto Soccorso i pazienti restano spesso troppo a lungo in attesa di ricovero, bloccati in condizioni precarie. Questo fenomeno, noto come “boarding” o “ricoveri fantasma”, è associato a gravi ripercussioni sulla salute.
“Gli studi evidenziano che la mortalità dei pazienti in attesa di ricovero aumenta dal 2,5% al 4,5% quando il tempo di boarding supera le 12 ore. Inoltre, ogni paziente trattenuto al Pronto Soccorso in attesa di un posto letto in reparto genera un ritardo di almeno 12 minuti per gli accessi successivi, aggravando ulteriormente la situazione e facendo crescere il rischio di mortalità fino al 4,5% – prosegue -. Questa situazione è in contrasto con le linee guida, in particolare con il Piano di Gestione del Sovraffollamento (PAGS), introdotto nel 2019, che purtroppo non viene adeguatamente rispettato. Di conseguenza, ci troviamo a vivere in uno stato di emergenza continuo, dove le regole rimangono inattuate, trasformandosi in semplici documenti privi di efficacia”.
Le condizioni di lavoro del personale
“Le criticità del sistema sanitario emergono in modo drammatico nei Ponto Soccorso, dove le carenze di personale è ormai insostenibili. Nei turni pomeridiani e notturni, spesso c’è un solo medico in servizio, costretto a gestire tutto: dall’accoglienza alla diagnosi, fino alla cura dei pazienti bloccati in barella per giorni. Questo trasforma il Pronto Soccorso in un reparto improvvisato, una soluzione d’emergenza permanente che non dovrebbe esistere. Anche infermieri e operatori sanitari subiscono turni massacranti, lavorando in condizioni che compromettono la dignità professionale e personale”, racconta.
“Il territorio, inoltre, non riesce a sostenere il sistema sanitario. Si parla tanto delle “Case della Comunità”, ma in Sicilia il loro avvio è previsto solo per il primo aprile 2026, una data che sembra quasi uno scherzo. E poi, chi ci lavorerà? Con quali risorse? Già ora siamo in emergenza per medici e infermieri – prosegue -. Come pensiamo di gestire nuove strutture senza personale? È indispensabile riformare subito l’organizzazione sanitaria e agire senza ulteriori ritardi, anche perché i medici dell’emergenza urgenza non stanno lasciando il sistema per il burnout, ma perché non sopportano più di vedere la “perdita della dignità del malato”. La sofferenza di chi deve assistere, impotente, al peggioramento delle condizioni dei pazienti è spesso più intollerabile dello stress professionale”.
“Non è accettabile che si creino commissioni per verificare una situazione ben nota da anni – evidenzia -. L’assessorato dispone già di strutture come le ASP, i direttori generali e sanitari, e dovrebbe conoscere la gravità del sovraffollamento, la cronica mancanza di posti letto e la gestione sotto organico. In Sicilia, però, si attende ancora che una commissione consegni i risultati il 9 gennaio. Questi dati devono diventare pubblici, affinché tutti possano valutare l’urgenza di un intervento”.
L’inefficienza dell’Assessorato alla Salute
La gestione sanitaria regionale è nel mirino delle critiche. Nonostante l’istituzione di una commissione ispettiva da parte della Regione Siciliana per valutare le condizioni dei PS, Noto non nasconde il suo scetticismo anche perché l’assessorato sembra paralizzato da un’incapacità di applicare le linee guida già esistenti per dar priorità alle liste d’attesa. Tutto ciò lascia gli operatori sanitari a fronteggiare un sovraffollamento cronico senza strumenti adeguati.
“In questo momento, sia l’assessorato che il Ministero della Salute sembrano focalizzarsi esclusivamente sulle liste d’attesa, trascurando l’emergenza nei Pronto Soccorso. È il cane che si morde la coda – spiega -. Perché da un lato si incentiva lo scorrimento delle liste d’attesa con turni aggiuntivi e risorse economiche per velocizzare diagnostica e interventi, dall’altro si rischia di penalizzare i ricoveri urgenti, aggravando il sovraffollamento nei Pronto Soccorso. Questo approccio è insostenibile: o si sceglie di dare priorità alle liste d’attesa o si interviene sull’emergenza. Continuare a perseguire entrambi i fronti senza un piano chiaro significa alimentare un sistema inefficiente e privo di trasparenza“.
L’appello
“Bisogna cambiare la mentalità e comprendere chi deve fare cosa. La rete territoriale e quella ospedaliera devono funzionare sinergicamente, ma siamo lontani anni luce da una riforma efficace. Alla Regione Siciliana chiediamo con forza di affrontare con urgenza la riorganizzazione dell’emergenza sanitaria. La rete ospedaliera e la riforme su cui stanno lavorando, devono rappresentare un reale punto di svolta. Si parla di accorpamenti e razionalizzazione di reparti duplicati, ma la verità è che in molte Province le strutture insufficienti rispetto alle necessità. In Sicilia abbiamo ben 58 Pronto Soccorso, un numero elevato ma spesso mal distribuito e gestito in modo inefficiente. Serve una pianificazione più razionale e una strategia chiara per impiegare e valorizzare il personale sanitario”.
“Per quanto riguarda il personale sanitario non chiediamo solo incentivi economici – seppur importanti – ma condizioni che ci permettano di vivere dignitosamente. La vita sociale e familiare dei medici è praticamente inesistente: turni interminabili, che spesso sforano ogni limite di orario, ci costringono a sacrificare il tempo per noi stessi e per le nostre famiglie. Questa non è vita, ed è una condizione che mina la serenità necessaria per svolgere al meglio il nostro lavoro. È fondamentale garantire sicurezza sul lavoro: siamo stanchi di subire aggressioni e di operare in un clima di tensione continua”.
“Inoltre, la Regione deve fare chiarezza sulla visione complessiva della sanità: vogliamo sapere se si intende rafforzare la sanità pubblica o se si vuole progressivamente spostare il baricentro verso il privato. Se la sanità pubblica è importante – come crediamo debba essere – bisogna investirvi adeguatamente, garantendo risorse, personale e strutture all’altezza. Se invece si vuole optare per un sistema misto, o escludere alcune prestazioni dal servizio pubblico, è necessario dichiararlo apertamente – conclude -. Non possiamo più lavorare in un sistema che ci chiede di garantire tutto con un solo medico e pochi operatori per turno. È tempo di agire, di smettere di rimandare e di dare risposte concrete. Noi medici vogliamo lavorare con dignità e serenità, contribuendo a una sanità che tuteli davvero la salute dei cittadini siciliani”.