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Musica e Covid, la crisi degli artisti: “Live cancellati, mancano gli aiuti e i contratti sono inesistenti”

lunedì 7 Dicembre 2020
Musica Foto Giorgia Görner Enrile
Foto di Giorgia Görner Enrile

Non solo i commercianti, titolari di palestre e locali sono in crisi a causa del Covid.

Come tutte le figure artistiche o professionali che fanno parte della galassia culturale e dello spettacolo, anche i musicisti si stanno scontrando con gli effetti devastanti della pandemia. 

E, in un Paese che potrebbe vivere solo di Cultura, i DL di rilancio dell’Italia hanno sempre snobbato la figura dell’artista e i professionisti del settore, dimenticandosi che la Musica fa cultura, educa, emoziona, intrattiene e, se non bastasse, produce economie importanti. Dimenticandosi che solo il comparto Cultura fa il 16% del PIL, dimenticandosi che non tutti possono permettersi una partita Iva.

Il fatto che una circostanza come questa possa diventare per un’artista uno stimolo creativo, se è una consolazione, lo è nell’ottica di una prospettiva futura che, al momento, risulta catafratta da una coltre di incertezza. La privazione del palco causata dalle restrizioni è tanto un freno espressivo, e dunque esistenziale, quanto soprattutto una difficoltà oggettiva.

Da non dimenticare l’importanza del contatto umano, fonte di ispirazione, ricarica energetica e culturale che si rigenera e fa rigenerare anche il fruitore.

LE PAROLE DEI MUSICISTI

Proprio per rendere l’idea di quanto sia complicato il momento, abbiamo intervistato alcuni musicisti del capoluogo siciliano.

Davide Lopes

Davide Lopes

Chitarrista palermitano e virtuoso dello strumento a corda turco bağlama, ha spiegato quelle che sono le difficoltà del musicista in epoca di pandemia. Il compositore sottolineala necessità di maggiore regolamentazione e dunque tutele per la categoria

“I problemi ci sono perché la musica è condivisione con altri musicisti e con il pubblico” dichiara Lopes.

Senza spettatori si ha una carenza di stimoli. L’umore è anche altalenante perché alle volte si può trovare magari entusiasmo nello studio individuale.  Ma in altre occasioni uno si scontra con problemi insormontabili come la possibilità di incontrarsi con altre persone. Confrontarsi con altri musicisti. Trovare luoghi dove si possa suonare assieme in sicurezza”.

“Poi ci sono altri problemi che magari si potrebbero superare suonando a distanza. Ma nel caso della musica live lo smart-working non esiste. Ogni tanto si vede anche, però ci vogliono software e periferiche adeguati e deve essere una condizione condivisa il che è complesso”, prosegue.

“In generale la musica è un mondo molto complicato in cui c’è parecchio sommerso. Nel momento in cui i contratti non sono definiti bene o non tutti hanno la partita IVA accedere ai sussidi è difficile – evidenzia – . In questo momento c’è un problema di sistema. Una tematica che andrebbe rivista dalle associazioni di categoria. Bisognerebbe ragionare su degli incentivi per dare al lavoro del musicista una sostenibilità”.

Lo Zingaro

Giuseppe “Zingaro” Tarantino

Giuseppe Tarantino, in arte Zingaro, cantante palermitano voce della band, glam ‘n Roll Deh Delirium Tremens nonché presentatore della kermesse Sanremo Rock, ha voluto porre l’accento sulla questione legata alla chiusura dei teatri. Luoghi, nonostante l’aderenza perfetta a quei protocolli sanitari che consentirebbero un superamento quantomeno parziale di tutte le problematiche attuali.

Artisticamente io sono impegnato su più fronti. Sotto un profilo musicale sto vivendo lo stesso problema di tutti: non avere uno spazio che significa l’anima della performance”.

“Non è soltanto però un problema di live, perché con le attuali norme in vigore, non si perde solo il palco ma anche tutto quello che c’è dietro alla costruzione del live, ovvero le prove e tutto il lavoro tecnico. C’è un annientamento da un punto di vista umano e materiale – spiega -. Noi, come i musicisti in generale, sfruttando la via artistica della musica vogliamo comunicare delle emozioni. Certo è difficile andare avanti con le performance in streaming: anche qui mi rendo conto che è giusto che si faccia qualcosa per dire ‘siamo vivi e non ci fermiamo’ ma al tempo stesso mi chiedo come possa essere efficace artisticamente parlando un concerto in streaming?“. E sulla chiusura dei teatri: “Chiaramente in questa fase stiamo soffrendo e c’è un disagio. Già Palermo era una piazza che offriva poco a coloro che provano ad affrontare tematiche e generi diversi: è chiaro col blocco dell’arte intera c’è una sofferenza che oltre che artistica è pragmatica ed economica. Non condivido, e penso di interpretare un sentimento comune, la chiusura dei teatri quando con il distanziamento e tutte le precauzioni contenute del Dpcm possiamo mandare avanti senza rischi l’attivitàevidenzia -. Si possono ridurre tranquillamente i posti ma non ha senso chiudere: un teatro chiuso è l’anima di una nazione chiusa e non solo un luogo chiuso”.

Questo mi fa pensare anche perché vedo molti altri posti che non sono chiusi e che sono molto caotici; in teatro ci sono figure che possono tranquillamente aiutare a distanziarti e a rispettare i protocolli. Io vengo dall’esperienza del Sanremo Rock e quest’anno siamo stati come ogni anno all’Ariston. Abbiamo avuto le autorizzazioni per fare entrare il 10% delle persone e la manifestazione si è svolta con le 300 band venute da tutte Italia: non c’è stato un solo caso di contagio“, conclude.

Sara Romano

Sara Romano

La cantautrice palermitana sottolinea come in questa fase la categoria abbia preso coscienza dei propri problemi organizzandosi in modo strutturato per la loro risoluzione.

Artisticamente c’è poco da dire perché il settore è fermo. Quando si parla di settore non si parla solo di performance dal vivo ma di tutta la macchina industriale. Fare uscire un disco o una produzione in questo periodo è impossibile ed è stato dimostrato più volte che il circuito non funziona”

Per quanto riguarda il sostegno statale:Lo Stato ha preso dei provvedimenti, sono grata per questo ma lo ha fatto un pochino in ritardo e basandosi su un sistema previdenziale e fiscale che è antiquato. Da Marzo è partito un coordinamento nazionale, il C.A.M.  ovvero Coordinamento associazione di musicisti, che ha al suo interno realtà sindacali, movimenti spontanei e associazioni di categorie che si sta occupando di studiare una riforma da proporre al MiBaCt – spiega -. Già ci sono state una serie di udienze in Senato e finalmente la situazione si sta muovendo affinché si arrivi a questa fatidica riforma fiscale e previdenziale. Contestualmente al C.A.M. è nato il F.A.S. Forum Arte e Spettacolo che è un coordinamento di tavoli di lavoro di tutti gli appartenenti al settore musica e spettacolo: il CAM rappresenta i musicisti mentre teatri, maestranze, tecnici, attori e ballerini sono all’interno del F.A.S”.

“Se c’è una cosa buona che ha fatto la pandemia è l’aver rivelato delle carenze che si trascinavano da anni e che adesso nell’immobilità si possono affrontare perché gli addetti ai lavori parlano alle amministrazioni di come funziona un mestiere che di per sé è basato sull’intermittenza: i normali contratti statali non funzionano per un settore come il nostro, bisogna creare una cosa nuova, ci stiamo adoperando per questo e la macchina sta andando avanti”, conclude.

Carmelo Graceffa

Per Carmelo Graceffa, musicista e batterista jazz, “Nonostante la macchina dello spettacolo abbia dato qualche cenno di riapertura durante la scorsa estate con festival e rassegne, pare che il fare musica dal vivo sia quasi un ricordo sbiadito, come lontano sembra quel alchemico stato emotivo che si interpone tra musicista e ascoltatore. Si, questo manca più di tutto, siamo diventati un po’ più esperti nell’uso di nuove tecnologie per produzioni musicali casalinghe, come ritornati nelle nostre camerette da adolescenti quando muovevamo i primi passi verso questa nobile arte, ma non si suona più nei teatri, nei club, fuori dai locali“.

“A Palermo i musicisti professionisti sono tanti e con l’arrivo dell’incubo che stiamo vivendo molti sono rimasti senza lavoro, ma la cosa ancor più spiacevole è che la maggior parte di essi sono rimasti tagliati fuori dagli aiuti arrivati dallo Stato. Perché? Perché non ci sono i contratti, perché si suona la nero nella maggior parte dei casi. I musicisti e i gestori dei locali e clubs musicali si trovano entrambi in una situazione di disagio di fronte a quella che è la messa in regola ai fini contributivi: i primi rimarrebbero quasi senza cachet di fronte agli oneri contrattuali dai secondi, i quali dovrebbero sborsare cifre enormi per sostenere i costi della messa in agibilità“.
“L’auspicio è che la situazione che stiamo attraversando possa essere un punto di partenza affinché possano esserci misure contrattuali per i ” concertini” nei locali e clubs musicali atte a salvaguardare la professione del musicista”, conclude.

CONCLUSIONE

Sebbene in fortissima difficoltà, il mondo della musica, come in generale quello dell’intrattenimento culturale, sta declinando il paradigma della sofferenza come primo motore immobile della creatività in termini pragmatici. Se questo sforzo poi culminerà in conquiste importanti per l’intero indotto, profondamente provato dalla crisi pandemica, è presto per dirlo ed essere ottimisti è difficile per tutti.

 

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