“Bisogna vedere come torna, non perchè c’è andato”. La frase di uno degli esponenti della maggioranza di Nello Musumeci sibila nell’aria in una notte fresca catanese, dopo che la notizia della partecipazione del governatore siciliano al raduno leghista di Pontida ha fatto già il giro di prova su siti e quotidiani.
Il realismo più sano e concreto suggerisce che Musumeci, presente al pari di altri governatori del Sud, come ha precisato, non abbia ancora aperto una porta all’idea di avvicinarsi al partito di Salvini, ma che ci stia sicuramente pensando, non solo per poter vantare con discrezione una presenza più radicata nelle stanze del governo gialloverde con le interlocuzioni necessarie in tema di rifiuti, precari, ex Province, accordi economici.
E poi ci sono le esigenze di Forza Italia, richiamate a gran voce da Gianfranco Miccichè.
In Sicilia insieme al Pd, gli uni e gli altri si erano divisi la scena politica negli ultimi 20 anni, e adesso dopo i ballottaggi alle amministrative, si leccano le ferite, provando a riflettere sul senso delle rispettive ripartenze.
Il ragionamento comincia, in primis, dal modo con cui riorganizzare la ricerca del consenso in un contesto elettorale sempre più polarizzato da M5s e Lega: non solo oggi le forze che compongono il governo nazionale, ma anche i partiti maggiormente riconoscibili agli occhi dei siciliani, chiamati a tradurre quello che ieri veniva riduttivamente etichettato come ‘voto di pancia’, in base strutturata da consolidare.
Se la premessa per i ‘dem’ e FI è comune, e la voglia di recuperare terreno necessita a entrambi, le differenze non mancano.
Forza Italia per esempio aveva sorriso per il ruolo di traino svolto nella vittoria di Salvo Pogliese a Catania :” se l’effetto Lega non arriva al 2% -confidava Miccichè ai suoi collaboratori dopo il primo turno- non vedo grossi problemi per FI”, ribadendo la centralità del suo partito nella coalizione. Un sorriso che si è andato progressivamente però spegnendo a distanza di 15 giorni dopo le sconfitte di Siracusa e Messina.
Solo un modo per marcare le distanze o l’ennesimo messaggio nella bottiglia a Palazzo d’Orleans?
Non è un mistero infatti che Miccichè voglia evitare un sodalizio troppo stringente tra Musumeci e i leghisti di Sicilia che di basi e supporti hanno bisogno, sin dalle prossime Europee, per strutturare un voto d’opinione che l’eventuale post#diventeràbellissima incarnerebbe alla perfezione. Strategia preventiva dunque, anche se il perimetro della coalizione che supporta l’esecutivo regionale soffre già di suo senza bisogno di inventarsi troppe bordate.
Musumeci rimane silente e sornione. Il problema, almeno per ora, di interpretare le sue mosse, rimane in capo agli altri.