La Polizia di Stato ha eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, volta a disarticolare due pericolosissime organizzazioni criminali dedite alle frodi assicurative realizzate attraverso le mutilazioni di arti di vittime compiacenti.
Sembrerebbe che alle alle “vittime compiacenti”, una volta reclutate, avrebbero fratturato le ossa delle braccia e delle gambe, spesso tramite dischi di ghisa da 20 kg, del tipo di quelli utilizzati nelle palestre, usati come strumenti contundenti, scagliati sugli arti da fratturare in modo da provocarne la rottura. A volte, alle “vittime” sarebbero state praticate da soggetti inesperti iniezioni di anestetico, che sarebbero state procurate da un’infermiera dell’ospedale Civico di Palermo.
Una volta fratturate le braccia e/o le gambe del malcapitato, l’organizzazione, avrebbe provveduto a mettere in scena il finto sinistro stradale ingaggiando falsi testimoni e recuperando i veicoli falsamente coinvolti. Una volta inscenato l’incidente, avrebbero dunque avviato le pratiche assicurative che potevano valere importi variabili tra i 100 e i 150 mila euro per singola pratica.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Palermo, hanno permesso di ricostruire anche la triste vicenda che aveva coinvolto un cittadino tunisino, trovato morto su una strada alla periferia di Palermo, nel gennaio del 2017. La morte, in un primo momento considerata come conseguenza di un sinistro stradale, in realtà era stata determinata dalle fratture multiple cagionate da appartenenti ad una delle due associazioni criminali al fine di inscenare un finto incidente.
“Hanno le prove ma… mi hanno fatto vedere la fotografia hanno le prove ma…“. Terrorizzato avendo capito di essere stato scoperto, Francesco Faija uno dei fermati per truffe alle assicurazioni fatte attraverso la simulazione di incidenti mai avvenuti, parla non sapendo di essere intercettato, con la madre. E’ coinvolto in uno dei sinistri creati ad arte: vittima e complice Yacoub Hadri, un tunisino a cui furono spezzati gli arti per dare credito alla messinscena. Ma la cosa finì male e l’immigrato morì.
Che qualcosa non andasse nell’incidente, del gennaio 2017, gli inquirenti lo capirono subito. Tanto da assegnare a un consulente la ricostruzione dell’incidente poi risultata incompatibile con le fratture della vittima. “Che prove hanno che tu hai ammazzato a quello? Francesco com’è che sei…si è svolta questa cosa ..boh!…“, gli chiedeva la madre mentre erano in auto.
Per la polizia è la conferma del ruolo dell’uomo, accusato oltre che di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, di omicidio preterintenzionale insieme a Francesco La Monica e Umberto Impiombato. Impiombato era alla guida dell’auto che nella messinscena avrebbe dovuto travolgere Yacoub Hadri che viaggiava a bordo di uno scooter.
In realtà Fajia e La Monica gli avevano fratturato tibia e perone: le lesioni portarono all’infarto della vittima. I due contattarono poi la compagna del tunisino, Francesca Cionti, chiedendole, in cambio dell’interessamento nel curare le pratiche di risarcimento, di dar loro il 50% dell’eventuale somma incassata. La donna, però, sentita dalla polizia ha raccontato tutto.
Questi i fermati:
Burrafato Giuseppe; Caltabellotta Michele; Conte Antonia; Di Lorenzo Michele; Faija Francesco; Faija Isidoro; La Piana Salvatore; Mocciaro Francesco; Portanova Giuseppe; Santoro Antonino; Vultaggio Massimiliano.
Un altro indagato risulta attivamente ricercato.