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Come spezzare la "trappola della povertà educativa"?

Nelle periferie del Sud cresce il disagio socio-economico: le disuguaglianze territoriali pesano sulla condizione dei giovani

sabato 13 Dicembre 2025

Catania, Palermo, Messina: l’abbandono scolastico e il fenomeno Neet intrappolano i giovani nelle periferie del Sud.

 

Le disuguaglianze territoriali esercitano un peso determinante sulla condizione educativa dei più giovani in Italia, con le situazioni di maggiore fragilità sociale che si concentrano in modo allarmante nelle aree del Mezzogiorno.

È quanto emerge dal rapporto “Giovani e periferie”, realizzato da ‘Con i bambini’ e Fondazione Openpolis, che ha analizzato i 14 comuni capoluogo di città metropolitana, focalizzandosi in particolare sui divari tra centro e periferia.

L’analisi rivela un quadro di marcato disagio economico per le famiglie con figli, in particolare nel Sud. L’incidenza delle famiglie con figli in potenziale disagio economico – definite come nuclei con prole a carico, persona di riferimento sotto i 65 anni e nessun componente occupato o pensionato – è nettamente più alta a Catania (6,2%), Napoli (6%) e Palermo (5,8%). Questi valori sono oltre quattro volte superiori rispetto a quelli registrati nelle città del Centro-Nord, dove l’incidenza si attesta su percentuali molto più contenute: Bologna si ferma all’1,2%, Venezia e Genova all’1,3%, Milano e Firenze all’1,4%.

Fondamentale è l’emersione di divari amplissimi all’interno delle stesse città. A Catania, ad esempio, a fronte di una media cittadina del 6,2%, si osserva una polarizzazione tra il 3,1% del Terzo municipio e il picco del 9,3% del Sesto. Similmente, a Napoli, si passa dal 3% di quartieri come Arenella e Vomero al 9,2% di San Pietro a Patierno.

Il dato più alto in assoluto tra i quartieri metropolitani si registra a Palermo, nella zona di Brancaccio-Ciaculli, dove le famiglie in potenziale disagio economico raggiungono il 9,9%. Questa disaggregazione dei dati sub-comunali è essenziale per definire politiche pubbliche efficaci, calibrando gli interventi sui bisogni specifici del territorio.

Il disagio economico si collega direttamente alla “trappola della povertà educativa”. Il rapporto conferma che bambini e ragazzi rimangono la fascia d’età più colpita dalla povertà assoluta (13,8% dei minori di 18 anni contro una media nazionale del 9,8% nel 2024), con la quota che sale al 16,1% nei comuni centro dell’area metropolitana.

Gli esiti educativi ne sono la diretta conseguenza: l’abbandono scolastico precoce, pur in calo, colpisce in modo significativo il Mezzogiorno. Oltre un quarto dei giovani a Catania (26,5%), il 19,8% a Palermo e il 17,6% a Napoli ha lasciato la scuola prima di un diploma o una qualifica. La situazione è ancora più critica tra i figli di non diplomati: a Catania il tasso sale al 36,5%. A ciò si aggiunge la dispersione implicita: in città come Palermo (24,7%), Napoli (22,9%) e Catania (22,1%), oltre uno studente su cinque arriva in terza media con competenze insufficienti in italiano.

Fenomeno neet

L’esclusione sociale si riflette infine nella condizione dei Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano), dove si ripropone il divario territoriale. I comuni capoluogo di città metropolitana con la più alta quota di Neet sono ancora Catania (35,4%), Palermo (32,4%) e Napoli (29,7%), nettamente superiori alla media del Centro-Nord (Bologna 17,3%). Anche Messina, pur con valori inferiori, registra una percentuale elevata di Neet, pari al 28,1% della popolazione giovanile.

ilSicilia.it ha analizzato il report realizzando un focus sulle tre città metropolitane siciliane indicate nell’indagine (Catania, Palermo e Messina).

Il quadro delineato indica le difficoltà nei contesti territoriali e un percorso che connette in modo nitido la condizione familiare di partenza, l’accesso all’istruzione e gli esiti nella vita adulta.

CATANIA, MESSINA E PALERMO: LA FRAGILITÀ METROPOLITANA

 

L’analisi del rapporto “Giovani e periferie” trova la sua massima espressione e urgenza nelle tre città metropolitane siciliane: Catania, Palermo e Messina. Se il dato medio nazionale evidenzia già una criticità, è nell’analisi sub-comunale che emerge la vera frattura, con le periferie che diventano luoghi non solo lontani dal centro geograficamente, ma sempre più disconnessi in termini di opportunità socio-economiche ed educative.

CATANIA: LA CAPITALE DELLA VULNERABILITÀ GIOVANILE

Contesto e quadro demografico

Il comune di Catania si distingue nel panorama nazionale per una condizione di forte vulnerabilità giovanile, iniziando dal quadro demografico: la quota di giovani adolescenti (10-19 anni) si attesta al 10,1%, leggermente superiore alla media nazionale del 9,6%, segnalando una popolazione giovanile numerosa che necessita di maggiore supporto.

Questa popolazione risiede in un contesto socio-economico molto fragile. Catania (6,2%) detiene, infatti, il primato negativo tra i 14 capoluoghi metropolitani per l’incidenza di famiglie con figli in potenziale disagio economico, un dato che testimonia una profonda vulnerabilità sociale. Il valore è oltre quattro volte superiore a quello di città come Bologna.

Quartiere Librino a Catania

Ma il dato più allarmante è la polarizzazione interna. La situazione non è uniforme, ma si concentra in modo drammatico nelle aree periferiche.

All’interno del territorio, la circoscrizione 6 è l’area subcomunale con più adolescenti. Qui infatti sono il 12,6% del totale. Mentre quella con meno ragazzi e ragazze di 10-19 anni è la circoscrizione 3 dove sono l’8%.

Alcuni dati per approfondire a livello subcomunale la condizione sociale ed educativa di ragazze e ragazzi sono forniti da Istat per la Commissione periferie.

Un primo elemento interessante da analizzare riguarda l’incidenza delle famiglie con potenziale disagio economico. Si tratta della quota di nuclei con figli dove la persona di riferimento ha fino a 64 anni e non ci sono componenti occupati o pensionati. Il dato complessivo comunale si attesta sul 6,2% che è la quota più elevata tra i 14 comuni capoluogo di città metropolitana. 6,2% l’incidenza delle famiglie in potenziale disagio economico nel comune di Catania. È il dato più alto tra i comuni capoluogo delle 14 città metropolitane.

Analizzando la situazione a livello subcomunale, l’area dove l’incidenza è maggiore è quella della circoscrizione 6 dove raggiunge il 9,3%. Al contrario, nella circoscrizione 3 le famiglie in questa condizione sono il 3,1%.

 Questa disparità sottolinea come la periferia sia il vero epicentro del disagio e della deprivazione economica per i giovani residenti.

L’abbandono scolastico e le basse competenze nell’educazione

La condizione socio-economica si traduce inevitabilmente in esiti educativi inferiori, confermando la “trappola della povertà educativa”. Catania si posiziona nuovamente al vertice delle classifiche negative per l’abbandono scolastico precoce: il 26,5% dei giovani tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola con al massimo la licenza media. La connessione con l’origine sociale è palese: questo dato, già elevatissimo, balza al 36,5% tra i figli delle persone senza diploma, la percentuale più alta nel confronto con gli altri capoluoghi metropolitani.

Anche a livello educativo, le sacche di dispersione sono distribuite in modo diseguale: si passa da un tasso di abbandono precoce del 14,1% nella Circoscrizione 3 al 39,5% nella Circoscrizione 1. Lo stesso divario si ripropone analizzando i figli di non diplomati (Circ. 3: 28,2% vs Circ. 1: 44,9%), un quadro che dimostra la capacità della povertà educativa di autoriprodursi nelle aree più fragili.

A monte dell’abbandono esplicito, la dispersione implicita (bassa preparazione pur avendo completato il ciclo di studi) è allarmante. A Catania, il 22,1% degli studenti in terza media evidenzia gravi carenze in italiano (Livello 1), una competenza molto più vicina a quella attesa in uscita dalla scuola primaria.

Un altro indicatore critico è l’accesso al tempo pieno, elemento cruciale nel contrasto del disagio: l’apertura pomeridiana delle scuole è un presidio sociale e offre opportunità formative aggiuntive. A Catania, solo il 13,1% degli alunni delle primarie statali ha accesso al tempo pieno, uno dei dati più bassi in Italia. Ancora una volta, si osserva la disparità: la quota raggiunge il 26,8% nella Circoscrizione 6, ma scende al misero 4,1% nella Circoscrizione 3. La bassa offerta, unita alla forte polarizzazione, limita drasticamente le opportunità di riscatto educativo per i giovani più vulnerabili.

L’esclusione sociale: il fenomeno Neet

Il risultato finale del mancato accesso alle opportunità e della precoce uscita dal sistema formativo si materializza nel fenomeno Neet. Catania registra il tasso più alto tra i capoluoghi metropolitani: il 35,4% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora.

L’esclusione sociale segue fedelmente le dinamiche territoriali già osservate: le periferie sono le più colpite. Il tasso di inattività giovanile varia dal 22% della Circoscrizione 3 al drammatico 45,8% della Circoscrizione 1, un valore che sfiora la metà della popolazione giovanile dell’area, indicando una crisi strutturale nella transizione scuola-lavoro e nella capacità del territorio di offrire opportunità sociali e occupazionali.

PALERMO: DISPARITÀ ESTREME E CARENZA CRONICA DI OPPORTUNITÀ DI LAVORO

Contesto e quadro demografico

Palermo si colloca immediatamente dopo Catania e Napoli per l’incidenza di famiglie in potenziale disagio economico (5,8%), confermando il quadro di fragilità che caratterizza le grandi città del Sud [Report Text]. Il dato comunale, tuttavia, nasconde una realtà ancora più brutale a livello sub-comunale.

All’interno del territorio l’area subcomunale con più adolescenti è la seconda circoscrizione, dove sono l’11,3% del totale. Mentre quella con meno ragazzi e ragazze di 10-19 anni è l’ottava dove sono il 9,6%. Scendendo a un livello di disaggregazione ulteriore è possibile ricostruire alcuni aspetti della condizione sociale ed educativa di ragazze e ragazzi sul territorio del comune.

Ci possiamo spingere fino al livello dei quartieri grazie ai dati rilasciati da Istat per la Commissione periferie. Uno dei primi indicatori interessanti da analizzare riguarda la situazione delle famiglie che si trovano in condizioni di potenziale disagio economico. La zona dove si registra una maggiore difficoltà potenziale per le famiglie con figli è Brancaccio-Ciaculli. In questo quartiere l’incidenza dei nuclei con figli dove la persona di riferimento ha fino a 64 anni e nessun componente è occupato o pensionato raggiunge il 9,9%.

Molto più della media comunale del 5,8% e dato più elevato in assoluto tra le aree oggetto di analisi. Al contrario nel quartiere di Malaspina-Palagonia le famiglie in questa condizione sono il 2,2%.

Brancaccio-Ciaculli a Palermo

Questo valore estremo evidenzia l’esistenza di sacche di povertà e vulnerabilità profonda, dove la deprivazione economica è la norma e non l’eccezione, un elemento critico per la pianificazione di interventi mirati.

Carenza di opportunità formative e abbandono scolastico precoce

Anche nel capoluogo siciliano, gli esiti educativi sono pesantemente compromessi. L’abbandono scolastico precoce riguarda il 19,8% dei giovani, un tasso tra i più alti del paese. Il legame con lo svantaggio familiare è forte: la quota sale al 29,1% tra i figli di non diplomati.

Un segnale altrettanto preoccupante è la dispersione implicita. Palermo è la città metropolitana con la percentuale maggiore di studenti in terza media con livelli di competenza del tutto inadeguati in italiano: quasi un quarto (24,7%) si attesta al Livello 1.

Queste lacune, che si manifestano prima dell’ingresso alle superiori, hanno un impatto diretto non solo sulla scelta dell’indirizzo di studi, ma anche sul rischio di abbandono e sull’accesso futuro al mondo del lavoro.

L’offerta di opportunità formative extrascolastiche è, come a Catania, fortemente limitata. Il basso accesso al tempo pieno nelle scuole primarie palermitane, tra i più contenuti in Italia, riduce ulteriormente le possibilità di contrastare gli svantaggi di partenza attraverso il rafforzamento delle comunità educanti.

L’inattività giovanile: emergenza sociale ed economica

Palermo detiene il secondo tasso più alto di Neet in Italia: il 32,4% dei giovani tra i 15 e i 29 anni è inattivo. Questo dato, superiore a quello di Napoli, riflette la difficoltà cronica del territorio di assorbire e offrire opportunità di impiego e formazione a una quota massiccia della sua popolazione giovanile.

Le disparità interne sono evidenti anche qui. Si registrano zone ad altissima concentrazione di inattività, come il quartiere di Palazzo Reale-Monte Di Pietà, dove il tasso Neet raggiunge il 46,1%, una situazione che si configura come una vera e propria emergenza sociale ed economica a livello micro-territoriale.

MESSINA: VULNERABILITÀ ECONOMICA IN CRESCITA E SEGNATA DA DIVARI INTERNI

Contesto generale, aumenta il disagio economico

Messina, pur non raggiungendo i picchi di Catania e Palermo, presenta un livello di vulnerabilità che la colloca nettamente tra le città del Mezzogiorno con criticità strutturali. L’incidenza delle famiglie con figli in potenziale disagio economico è del 4,2%.

Come per gli altri capoluoghi, anche Messina è attraversata da forti divari interni. Sul fronte del disagio economico, la percentuale varia significativamente: si passa dal 5,7% della Circoscrizione I al 2,6% della Circoscrizione V.

La popolazione giovanile (10-19 anni) è in linea con la media nazionale (9,5%), ma anch’essa si concentra in determinate aree, con il picco del 10,4% nella Circoscrizione II e il minimo dell’8,4% nella Circoscrizione VI.

Sistema educativo nelle periferie carente e sotto pressione

L’abbandono scolastico precoce a Messina riguarda il 14,6% dei giovani . Sebbene inferiore ai dati di Catania e Palermo, si tratta di un valore comunque superiore alla media nazionale (9,8%) e che contribuisce alla crisi educativa del Sud.

Anche in questo caso, le periferie sono più a rischio: si va dal 18,1% di abbandono nella Circoscrizione I all’11,6% della Circoscrizione VI.

Baraccopoli Messina

Questi dati si inseriscono in un contesto regionale in cui la Sicilia, in generale, è tra le regioni con la più alta quota di ragazze e ragazzi in dispersione implicita (12,1% alla fine delle superiori), confermando un sistema educativo sotto forte pressione.

Il gap sociale tra i Neet cresce

Il tasso di Neet a Messina è del 28,1%, un valore che, pur non essendo il più alto d’Italia, conferma la città tra quelle del Mezzogiorno con un elevato rischio di esclusione giovanile.

L’inattività giovanile è particolarmente acuta in alcune aree: il tasso Neet varia dal 20,3% della Circoscrizione VI al 35,2% della Circoscrizione I. Questa forte differenza interna dimostra che anche in contesti meno estesi di Palermo o Catania, la periferia soffre di una marcata disconnessione tra le esigenze dei giovani e le opportunità offerte dal mercato del lavoro e dal sistema formativo.

COME ROMPERE LA TRAPPOLA DELLA POVERTÀ EDUCATIVA?

 

L’analisi condotta dal rapporto “Giovani e periferie” sulle tre città metropolitane siciliane non solo conferma il profondo divario territoriale Nord-Sud, ma rivela una crisi di opportunità che si manifesta con estrema virulenza nelle aree periferiche. Catania, Palermo e Messina, con i loro picchi di disagio economico (9,9% a Brancaccio-Ciaculli), abbandono scolastico (26,5% a Catania) e inattività giovanile (46,1% a Palazzo Reale-Monte Di Pietà), rappresentano il modello della “trappola della povertà educativa”.

Questa dinamica connette in modo ineluttabile la condizione familiare di partenza, l’accesso limitato all’istruzione e i conseguenti esiti di esclusione sociale nell’età adulta, un percorso che si riproduce generazione dopo generazione nelle zone più svantaggiate delle nostre città.

LE PROPOSTE

 

Passare dal dato medio comunale all’intervento “calibrato”

La principale lezione che emerge dal rapporto è l’importanza della granularità dei dati. Il dato medio comunale si rivela insufficiente per la programmazione, poiché nasconde le reali condizioni sul territorio.

Solo l’analisi a livello di municipio e quartiere permette di individuare con precisione le “aree socio-educative strategiche” dove è massima la concentrazione di vulnerabilità.

Il confronto tra un quartiere con il 9,9% di disagio economico e aree più avvantaggiate della stessa città è essenziale per allocare risorse e definire politiche pubbliche che siano realmente efficaci e non uniformi, calibrandole sui bisogni specifici del contesto locale.

L’approccio non deve ricadere nell’allarmismo emergenziale, né nella sottovalutazione, ma deve partire dai dati per predisporre soluzioni specifiche.

La scuola come presidio sociale” e “Opportunity Hub” per i giovani

Per contrastare questo circolo vizioso, gli interventi devono essere strutturali. Il rapporto enfatizza il ruolo centrale della scuola non solo come luogo di apprendimento, ma come presidio sociale sul territori. L’apertura pomeridiana degli istituti, ad esempio attraverso l’estensione del tempo pieno fin dalle primarie, offre un contributo decisivo nel contrasto dei fenomeni di dispersione e per la riduzione dei divari educativi.

Una scuola aperta di pomeriggio, o d’estate, è un luogo sicuro dove poter trascorrere il tempo libero e accedere a opportunità formative, aspetti essenziali specie laddove questo tipo di spazi manca, come purtroppo è spesso il caso di alcune periferie urbane del Sud.

scuola diritto allo studio

Il basso accesso al tempo pieno nelle scuole primarie in Sicilia (ad esempio, solo il 13,1% a Catania) è un gap infrastrutturale che deve essere colmato. Intervenire sull’offerta del tempo pieno e sulle attività extra-curriculari significa garantire a ragazze e ragazzi, in particolare a quelli provenienti da famiglie svantaggiate, l’accesso a quell’istruzione di qualità e a quelle opportunità sociali e culturali che potrebbero altrimenti non avere, spezzando il legame tra origine e destino.

Le “Comunità Educanti” e gli interventi multi-dimensionali

Il lavoro di Fondazione Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile fornisce il modello di un approccio programmatico su larga scala. Istituito a seguito di un protocollo d’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria (Acri), Governo e Terzo Settore, il Fondo è destinato a rimuovere gli ostacoli economici, sociali e culturali che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori.

Attraverso l’impresa sociale Con i bambini, sono stati selezionati e sostenuti oltre 800 progetti in tutta Italia, con un investimento complessivo di 500 milioni di euro. Questi non sono semplici iniziative isolate, ma veri e propri “cantieri educativi” che coinvolgono più di 650 mila minorenni e mettono in rete oltre 10.000 organizzazioni tra Terzo settore, scuole, enti pubblici e privati.

L’obiettivo è rafforzare le “comunità educanti” dei territori, creando una rete coesa che si prenda cura della crescita dei giovani a 360 gradi.

comunità educanti
comunità educanti

In questo contesto si inserisce la recente iniziativa “Organizziamo la speranza”, promossa da Con i bambini. Si tratta di una grande alleanza educativa che punta a potenziare le capacità di 15 territori vulnerabili e a sperimentare nelle aree strategiche – come quelle identificate dal rapporto in Sicilia – interventi multi-dimensionali.

Questi interventi non affrontano un singolo problema (es. solo l’abbandono), ma intersecano la questione socio-economica, il disagio educativo (dispersione implicita ed esplicita) e l’accesso a opportunità sociali di qualità. Questo approccio integrato è l’unica via per contrastare due fenomeni spesso collegati: povertà educativa e disagio giovanile.

Il quadro emerso dalle città siciliane, con l’incremento del tasso di presunti autori di delitti violenti tra gli adolescenti dopo la pandemia, pur richiedendo cautela nell’interpretazione, rafforza l’urgenza di investire nelle radici dei problemi. La condizione di partenza delle famiglie, l’accesso all’istruzione e la capacità della scuola di essere un presidio sociale sono tutti fattori che devono essere messi a fuoco nella definizione di strumenti e interventi pubblici.

La prospettiva futura non può prescindere dalla valorizzazione del protagonismo delle nuove generazioni e dalla capacità di ascolto diretto dei giovani, elementi chiave promossi dalla campagna “Non sono emergenza”. Il futuro del Mezzogiorno e della Sicilia, e in particolare delle sue grandi città, dipende dalla capacità di trasformare i dati allarmanti in una spinta decisiva per l’innovazione sociale.

Si tratta di garantire a ogni bambino e bambina, a ogni adolescente, le opportunità che possano spezzare la “trappola della povertà educativa” e costruire una generazione che non sia costretta a scontare lo svantaggio della propria condizione di partenza, offrendo a tutti, anche nelle periferie più fragili, il diritto a un percorso di crescita pieno e dignitoso.

FONTE DATI: RAPPORTO “GIOVANI E PERIFERIE” – FONDAZIONE “CON I BAMBINI” E OPENPOLIS

 

NOTA METODOLOGICA

Il rapporto “Giovani e periferie”, frutto della collaborazione tra l’Impresa Sociale Con i bambini e Fondazione Openpolis, si distingue per un approccio analitico che mira a superare la limitazione dei dati medi comunali, restituendo un quadro il più possibile granulare delle disuguaglianze sociali ed educative che attraversano le grandi città metropolitane. L’obiettivo è fornire strumenti utili per la programmazione di politiche pubbliche realmente efficaci, calibrate sulle esigenze specifiche di ciascun territorio.

L’analisi si concentra sui 14 comuni capoluogo di città metropolitana e, in particolare, approfondisce le dinamiche interne a livello sub-comunale (municipi e quartieri), come dimostrato dal focus sulle tre città siciliane.

I dati sono elaborati a partire da fonti statistiche autorevoli e aggiornate, incrociando diverse dimensioni del disagio:

  • Dati Istat (Censimento Permanente e Commissione Periferie): Costituiscono la base per l’analisi socio-economica e demografica. Sono utilizzati in particolare per definire l’incidenza delle famiglie con figli in potenziale disagio economico (nuclei con persona di riferimento under 65, senza occupati né pensionati) e la condizione dei giovani Neet (15-29 anni, che non studiano e non lavorano). Sono inoltre la fonte per i tassi di abbandono scolastico precoce (giovani 18-24 anni con al massimo la licenza media).

  • Dati Invalsi: Forniscono il quadro delle competenze e della dispersione scolastica implicita. Questi dati permettono di misurare i livelli di apprendimento in italiano e matematica, evidenziando la percentuale di studenti (in particolare in terza media) con risultati “non sufficienti” (Livello 1 e 2), anticipando così i rischi di fallimento formativo che si manifesteranno negli anni successivi.

  • Dati Ministero dell’Istruzione: Sono impiegati per valutare l’accesso alle opportunità educative, come la quota di alunni che frequentano la scuola a tempo pieno nelle primarie statali, un indicatore chiave del ruolo della scuola come presidio sociale.

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