L’armatore, il comandante e il terzo ufficiale di coperta della motonave Vulcanello sono stati arrestati dalla Guardia Costiera al termine dell’indagine della Procura di Palermo sulla scomparsa del peschereccio Nuova Iside, affondato a largo di San Vito Lo Capo il 12 maggio del 2020. Nell’affondamento morirono i tre membri dell’equipaggio del peschereccio.
Il comandante e il terzo ufficiale sono accusati di naufragio e omicidio colposo mentre nei confronti dell’armatore, posto ai domiciliari, è stato ipotizzato il reato di frode processuale e favoreggiamento personale.
Il 12 maggio il peschereccio scomparve a nord di San Vito Lo Capo. Le successive ricerche della Guardia Costiera consentirono di recuperare i corpi di due dei tre membri dell’equipaggio e di individuare, con l’ausilio dei mezzi della Marina Militare, il relitto della nave. Oltre un mese dopo il naufragio venne invece recuperato sulla spiaggia di Gioia Tauro in Calabria il corpo del terzo pescatore.
Le successive indagini hanno portato al sequestro della scatola nera della motonave Vulcanello e all’ispezione della carena della stessa nave che ha coinvolto anche i Carabinieri del Ris di Messina. Gli accertamenti hanno portato al sequestro della nave e all’individuazione di elementi che hanno consentito ad investigatori ed inquirenti di ipotizzare responsabilità della Vulcanello nel naufragio.
Nel corso delle indagini gli investigatori della Guardia Costiera hanno anche eseguito una serie di perquisizioni nella sede della società armatrice della Vulcanello che hanno consentito di accertare che lo scafo della nave era stato ripitturato dopo la collisione con il peschereccio.
GLI ARRESTATI
Sono stati arrestati il comandante della nave Vulcanello Gioacchino Costaiola, e il terzo ufficiale Giuseppe Caratozzolo. Ai domiciliari è finito l’armatore Raffaele Bruno. Rispondono a vario titolo di naufragio, favoreggiamento e frode processuale.
I FAMILIARI DELLE VITTIME: “ORA VOGLIAMO GIUSTIZIA”
“Nel nostro cuore sentivamo che quella notte era successo qualcosa di strano e tremendo. I nostri congiunti erano esperti uomini di mare e non si sarebbero mai messi in pericolo. Quanto successo in queste ore ci dà la conferma di quello che già sapevamo. Adesso confidiamo nel lavoro della magistratura perché noi vogliamo piena giustizia. I nostri cari non terneranno più ma chi ha sbagliato è giusto che paghi”.
E’ quanto affermano Rosalba Cracchiolo, madre di Vito Lo Iacono e moglie di Matteo Lo Iacono (Vito era il comandante della nuova Iside, suo padre Matteo lavorava nel peschereccio) e Cristina Alaimo, moglie di Giuseppe Lo Iacono (cugino di Vito) commentando gli sviluppi dell’inchiesta sulla morte dei loro 3 congiunti.
“Abbiamo apprezzato il lavoro svolto dalla procura di Palermo per fare emergere la verità e le responsabilità per la tragedia accaduta nelle acqua di San Vito – aggiungono Cracchiolo e Alaimo – Non smetteremo mai di batterci per affermare la verità. Abbiamo dovuto lottare per contrastare le prime ricostruzioni fornite. Abbiamo dovuto organizzare manifestazioni per mantenere alta l’attenzione su quanto accaduto. Ricordiamo ancora che il caso si stava chiudendo come una tragedia provocata dalle condizioni meteo avverse. E invece noi sapevamo che le cose erano andare diversamente. Per questo ci siamo rivolte subito all’avvocato Aldo Ruffino per essere assistite in questa lunga battaglia”.