Gli agenti della polizia di Stato hanno arrestato per estorsione quattro pregiudicati palermitani, tra cui un esponente di spicco di Cosa nostra. In manette è finito Vincenzo Cancemi, al quale, nella veste di emissario della famiglia mafiosa Pagliarelli di Palermo, è stato contestato il reato di tentata estorsione, per avere imposto agli appartenenti all’associazione a delinquere il pagamento del “pizzo”. Inoltre, sono state arrestate altre tre persone, già destinatarie della misura degli arresti domiciliari nel mese di dicembre. Nei loro confronti il gip ha disposto l’aggravamento del regime cautelare, prevedendo l’applicazione della custodia in carcere, in ragione delle gravi e reiterate violazioni delle prescrizioni imposte dalla misura all’epoca applicata.
In carcere sono finiti anche Ciro Lucà, per avere passato al Cancemi le informazioni relative all’operazione di Polizia conclusa a dicembre e per averlo informato del suo possibile coinvolgimento; Pietro Di Mariano e Gioacchino Lo Buono, per aver pianificato versioni concordate e per aver perpetuato le proprie condotte criminali. I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal gip Filippo Serio, su richiesta della Procura, diretta dal procuratore Francesco Lo Voi. Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e condotte dai sostituti della Direzione Distrettuale Antimafia, Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Ferdinando Lo Cascio.
Il blitz costituisce il prosieguo dell’indagine sfociata nel dicembre scorso con l’arresto di 25 persone accusate, a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni perpetrate attraverso il furto di veicoli secondo il cosiddetto sistema del “cavallo di ritorno”, nonché di rapina, furto e ricettazione di veicoli. Secondo le indagini, la presunta organizzazione prevedeva una rigida suddivisione in ruoli, in modo che ad ogni partecipante spettassero precise competenze. Ad alcuni soggetti era assegnato il compito di rubare i veicoli, altri complici fornivano luoghi sicuri dove custodire i mezzi fintanto che si concludesse la “trattativa” con le vittime e, infine, gli intermediari avevano il compito di contattarle.
È stato accertato come si fosse in grado, nel corso di un mese, di rubare circa 100 veicoli con un guadagno di 200 mila euro. I mezzi sottratti erano prevalentemente veicoli commerciali. Nel corso dell’ indagine sono emerse presunte pressioni estorsive, esercitate nei confronti dell’organizzazione da parte di Cosa Nostra, che aveva mostrato interesse nel controllo dell’attività criminale nel territorio di propria competenza.