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L’ombra di Cosa Nostra sul racket dei Tir rubati

venerdì 16 Dicembre 2016
La retata "Paesan Blues"

Il sistema era perfetto. Camion, tir e veicoli venivano sottratti ai proprietari e poi iniziava la trattativa per la restituzione del bene rubato. Tutto sotto l”egida impalbabile delle famiglie mafiose, un placet che consentiva alla gang di operare in modo trasversale in tutti i “mandamenti” della città.

Sono 25 le persone arrestate per furto, rapine e ricettazioni di veicoli nell’ambito di un’indagine della polizia di Stato, a Palermo, che ha visto l’impiego di circa 200 agenti. Le attività di indagine hanno avuto inizio nel mese di settembre 2015 e hanno permesso di individuare e smantellare un’associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, messe a segno in seguito al furto di veicoli con il cosiddetto sistema del “cavallo di ritorno”. In pochi mesi, i poliziotti della Sezione Criminalita’ Organizzata hanno individuato la ramificata organizzazione dell’associazione, i cui promotori sono stati identificati in Massimiliano Castelluccio, Antonino Noto e Salvatore Casamento.

Il primo – così come altri due odierni destinatari di misura cautelare, ossia il fratello Gaetano e Leonardo Algeri – è attualmente detenuto, a seguito dell’arresto avvenuto nel corso dell’operazione antimafia della Squadra Mobile di Palermo denominata “Paesan Blues”, in occasione della quale vennero contestati gli stessi reati per cui oggi si procede, commessi in favore della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, all’interno della quale spiccavano le figure di Gioacchino Corso e di Giuseppe Lo Bocchiaro. In quella stessa operazione venne arrestato anche Andrea Casamento, fratello di Salvatore, a dimostrazione della continuità che gli odierni arrestati rappresenterebbero nella gestione di un’attività che, per gli ingenti guadagni che e’ capace di produrre, ha da sempre suscitato l’interesse delle famiglie mafiose.

La particolare attenzione di Cosa nostra ha trovato riscontro anche nei legami di parentela che connotano anche altri destinatari delle misure cautelari. Infatti, nel corso dell’attività investigativa conclusa con gli odierni provvedimenti restrittivi, è stato possibile rilevare come gli appartenenti alle diverse famiglie mafiose avessero palesato le proprie pretese nei confronti della remunerativa attività’ delinquenziale. In particolare, in ragione della capacità dell’associazione a delinquere di operare trasversalmente all’interno dei mandamenti cittadini, sono emersi contrasti tra gli esponenti delle diverse famiglie mafiose in ordine alla titolarità del “diritto” di partecipare agli importanti guadagni prodotti dall’associazione a delinquere. A tal proposito, e’ stato accertato come i componenti della banda fossero in grado, nel corso di un mese, di portare a termine all’incirca 100 sottrazioni di veicoli con un guadagno approssimativo di 200 mila euro. I mezzi sottratti erano prevalentemente veicoli commerciali. L’organizzazione congegnata dai promotori prevedeva una rigida suddivisione in ruoli, in modo che ad ogni partecipante spettassero precise competenze nella “filiera criminale”. C’erano soggetti deputati alla commissione dei furti dei veicoli, suddivisi in batterie ed operanti sull’intero territorio cittadino, altri componenti che fornivano luoghi sicuri in cui custodire i mezzi sottratti fintanto che si concludesse la “trattativa” con le vittime e, infine, intermediari che avevano il compito di contattare queste ultime al fine di prospettare la possibilità di recuperare il maltolto.

Massimiliano Castelluccio, nonostante lo stato di detenzione patito a seguito della condanna inflitta in occasione dell’operazione antimafia denominata “Paesan Blues”, avrebbe continuato a gestire dal carcere l’associazione, impartendo disposizioni e ricevendo i proventi dell’attività criminale. E lo faceva per il tramite della moglie – anche lei impegnata nelle attività criminali e destinataria dell’applicazione di misura cautelare – la quale, in primo luogo veicolava i messaggi ricevuti in occasione dei colloqui in carcere con il marito ed, inoltre, permetteva agli accoliti di interloquire direttamente con il detenuto in occasione delle telefonate provenienti dall’istituto di pena. Gli altri due promotori, Antonino Noto e Salvatore Casamento, entrambi pluripregiudicati per reati contro il patrimonio, erano direttamente impegnati nella gestione fattiva dell’associazione, anche per conto del sodale detenuto. La Squadra Mobile di Palermo li aveva già  stati sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere lo scorso 29 aprile, a seguito della ricostruzione proprio di un episodio di estorsione, perpetrata, con particolare violenza, ai danni di un noto imprenditore cittadino.

 

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