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Operazione Teseo, blitz antidroga allo Zen. Ecco i nomi degli arrestati [Foto e Video]

martedì 28 Febbraio 2017

Facevano i turni di lavoro, coprendo interamente le 24 ore e, ad ogni cambio turno, seguiva un “passaggio di consegne” tra gli spacciatori – con il conteggio e l’eventuale ripartizione delle dosi avanzate e del denaro ricavato. Sono finiti in manette 24 trafficanti e spacciatori di droga: il blitz – denominato Teseo – è stato effettuato dai carabinieri della Compagnia di Palermo San Lorenzo che hanno smantellato una banda che operava nel quartiere palermitano dello Zen 2. L’operazione, su impulso della Dia, nasce dalle indagini coordinate dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Teresa Principato e dai pm Siro De Flammineis, Annamaria Picozzi, Bruno Brucoli e Silvia Benetti.

Questi i nomi degli arrestati dell’operazione: in carcere sono finiti Elena Billeci, 40 anni; Massimiliano Zarcone, 43 anni; Gabriele Mazza, 24 anni; Gianluca Gennaro, 25 anni; Alessandro Teresi, 22 anni; Antonino Zarcone, 25 anni; Alessandro Favarotta, 28 anni; Salvatore Catanzaro, 37 anni; Nunzio Brancato, 51 anni; Salvatore Lombardo, 23 anni; Antonino Mazza, 42 anni; Benedetto Moceo, 48 anni; Paolo Puleo, 24 anni; Salvatore Bonura, 36 anni; Benedetto D’Amico, 26 anni; Francesco Paolo D’Amico 25 anni; Davide Ficarrotta, 25 anni; Salvatore Rappa, 36 anni; Francesco Cataldo, 32 anni. Ai domiciliari Calogero Chianello, 36 anni; Roberto Di Cara, 26 anni; Ignazio Ferrante, 31 anni; Marcello Di Maria, 25 anni e Filippo Rizzuto, 19 anni.

L’inchiesta ha fatto emergere come una regia comune guidasse l’operato dei pusher che avevano veri e propri turni di lavoro: mattina, pomeriggio, sera e notte.  Tutto era documentato in libri contabili tenuti da una donna. A vigilare sulla banda erano le vedette che, durante i rispettivi “turni”, verificavano, anche con l’uso di un binocolo, la presenza di forze dell’ordine o di eventuali telecamere. Questa è la prima volta che i magistrati contestano l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga nel quartiere.

Le successive indagini hanno consentito di disarticolare l’organizzazione, retta da un triumvirato composto da Mazza, Zarcone e Bonura, ritenuti “promotori” con funzioni direttive su diversi “pusher”, il cui operato è sempre stato supervisionato da altrettanti “fiduciari”, Catanzaro e Puleo, che avrebbero fatto parte di un livello intermedio tra il vertice e la manovalanza, incaricati di gestire le scorte di droga, la ripartizione delle dosi e la raccolta del denaro.

L’attività di spaccio, inoltre, non veniva quasi mai svolta da un solo pusher, ma erano costantemente attivi due o più soggetti i quali, talvolta, si suddividevano le sostanza stupefacenti da spacciare (marijuana e hashish uno e cocaina l’altro) e, a prescindere, offrivano reciproca copertura e una più attenta vigilanza, a fronte del rischio di incursioni dei Carabinieri. Il continuo monitoraggio ha infatti permesso di ritrarre alcuni episodi di vita quotidiana propri di alcuni componenti dell’associazione. Un esempio emblematico delle “contromisure” adottate è rappresentato da chi, durante il proprio “turno” giornaliero, verificava la presenza delle forze dell’ordine o di eventuali telecamere mediante l’utilizzo di un “binocolo”.

Pur di mantenere la “fidelizzazione” dei clienti-assuntori, l’organizzazione era aperta a “forme alternative di scambio commerciale”: è stato documentato un episodio in cui un acquirente, non avendo disponibilità di contanti, si è rivolto ai pusher mostrando un capo d’abbigliamento ancora provvisto di etichetta e, dopo un primo tentennamento di quest’ultimo, l’affare si è concluso con un vero e proprio “baratto” avente ad oggetto da un lato una felpa e dall’altro una dose di sostanza stupefacente.

Il padiglione Pensabene, smantellato dai carabinieri, era un vero fortino allo Zen 2 di Palermo. Qui vivevano i capi dell’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di droga. Il triunvirato era formato proprio da Antonino Mazza, Salvatore Bonuna e Massimiliano Zarcone, quest’ultimo marito di Elena Billeci, la donna che teneva la contabilità della banda. Ogni pusher aveva la sua paga: da 50 a 80 euro al giorno, mentre l’organizzazione ne incassava 2.500. “La banda – dice il capitano dei carabinieri Andrea Senes che comanda la compagnia di San Lorenzo – si è complimentata per l’operazione. Non è stato semplice riuscire a compiere le indagini in quel fortino, anche perché i pusher non utilizzavano telefonini e usavano binocoli per controllare il territorio”. Dei 24 arrestati, 19 sono in carcere e 5 ai domiciliari. Lo spaccio avveniva tra via Pensabene e le aree limitrofe, in particolare in via Nedo Nadi e nei vicoli che costituiscono un corridoio tra i padiglioni di via Costante Girardengo. L’indagine “Teseo” è stata avviata nel novembre 2015.

Ad essere stata smantellata è una vera e propria struttura piramidale finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Al vertice il triumvirato che gestisce l’organizzazione – ha detto Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo – In mezzo i fiduciari che gestiscono i contatti con il livello più basso, composto dai pusher e dalle vedette. Gli arresti sono una sconfitta sociale – aggiunge Di Stasio – Per questo come carabinieri siamo impegnati con una serie di interventi mirati per cercare di aprire la caserma ai bambini del quartiere, seguendo i bimbi nei compiti, organizzando una merenda. Un modo per essere vicini ai tanti abitanti che vivono con dignità nel quartiere. I pusher agivano anche di mattina davanti ai bambini della scuola elementare ‘Giovanni Falcone’, con tranquillità e sfacciataggine, quasi fosse normale un atteggiamento del genere, incuranti della presenza di bimbi e genitori”.

Gli fa eco il comandante della stazione Zen Davide De Novellis, che afferma. “Ci sarà un progressivo processo di liberazione del quartiere, di restituzione della dignità al rione e ai suoi residenti. Questo dimostra che certi luoghi comuni non hanno più senso e che lo Zen non è più da tempo una enclave impenetrabile e immodificabile”. Per il colonnello Marco Guerrini, comandante del gruppo dei carabinieri di Palermo, “ogni volta che c’era un’operazione dei carabinieri con gli arresti, i capi scendevano in piazza per dare garanzie a tutti che l’attività poteva proseguire. Farsi vedere in mezzo ai padiglioni da tutti gli altri pusher ancora presenti e non arrestati dai carabinieri, serviva per cercare di rassicurare la piazza dello spaccio e nello stesso tempo a dare un’immagine di potenza contro le operazioni che non scalfivano l’organizzazione. Con pervicacia si reclutavano nuove leve”.

 

Per evitare di essere intercettati i componenti della banda che spacciava allo Zen 2, scoperta dai carabinieri, evitava accuratamente di usare i cellulari. I capi Massimiliano Zarcone, Antonino Mazza e Salvatore Bonura e i pusher però non sapevano che gli investigatori avevano imbottito di cimici l’auto di Zarcone. Così ogni volta che il trafficante faceva il suo giro di ricognizione o incontrava qualcuno i carabinieri registravano le conversazioni che sono finite nella maxi inchiesta che ha portato a 24 arresti.

 

Era il 23 febbraio del 2016 quando Zarcone si fermava con l’auto nei pressi della baracche in via Pensabene e chiedeva al pusher se fosse solo. “Solo sei? Se n’è andato Nunzio? (si riferisce a Nunzio Brancaro) Vabbe’, u’ “nutella” (soprannome di Salvatore Catanzaro ndr) fai conto che lo vedi venire”. Secondo i militari la breve conversazione captata fa comprendere come Zarcone conosca le dinamiche del gruppo criminale e dell’avvicendamento dei pusher in base ai tre turni giornalieri in cui era suddivisa l’attività di spaccio.

In un’altra conversione oltre a Zarcone è stata intercettata anche la moglie Elena Billeci, la contabile dell’organizzazione, che descriveva l’attività svolta dai pusher come un lavoro. “Ma mio figlio (Antonino Zarcone ndr) – dice Elena Billeci – l’aveva detto che questa giornata Gianluca non lavorava (si riferisce all’attività di spaccio, ndr)”. Nel corso di un’altra intercettazione Massimiliano Zarcone parla di una partita di droga non buona che doveva essere cambiata. La vita allo Zen non era comunque semplice. Massimiliano Zarcone e Benedetto Moceo, intercettati, parlano della notte appena trascorsa nel corso della quale il commissariato San Lorenzo ha messo a ferro e fuoco il quartiere. “Il terremoto è successo questa notte”, dice Moceo. “Di nuovo?” ribatte Zarcone. Minchia, la San Lorenzo (verosimilmente si riferisce all’omonimo Commissariato di Polizia, ndr) non ci ha dato pace! Non ci ha dato pace!”. E Moceo aggiunge “Saliva e scendeva! Saliva e scendeva! Addirittura si sono fermati e hanno spento le luci e hanno bloccato un cliente di quello del mezzo”.

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