L’edizione 2018 delle “Orestiadi di Gibellina“chiuderà con un omaggio, per la prima volta dopo il suo completamento, alla prima grande opera di Land art realizzata in Sicilia, il Cretto di Alberto Burri, simbolo di rinascita per tutta la Valle del Belìce dopo il terremoto del ’68.
L’11 agosto, dalle 19, il Cretto diverrà “scenografia” per uno spettacolo inedito e itinerante, “La città invisibile, il Cretto“, progetto di Alfio Scuderi ispirato all’opera di Italo Calvino, con performance di memorie e narrazioni itineranti interpretate da Leo Gullotta e Claudio Gioè.
Per l’occasione il labirinto del Cretto è stato pensato come un luogo contenitore, un continente di tutte le città possibili e invisibili, agli spettatori come a dei viaggiatori in esplorazione nelle città del nuovo continente e alle attrici come alle singole città.
Saranno le parole invisibili di ciascuna attrice a dar vita alle diverse città possibili.
E gli spettatori, una volta esplorato fisicamente, con l’ascolto e l’immaginazione, il nuovo continente, potranno scoprire forse di aver già incontrato o visitato in qualche modo alcune di queste città possibili: perché le città sono sempre un insieme di tante cose, di ricordi, di desideri, di segni, e sono certamente un luogo di scambio di parole e di memorie.
Ci sarà un insolito Virgilio ad accogliere il pubblico e introdurlo al viaggio, Leo Gullotta; mentre al termine viaggiatore d’eccezione per congedare il pubblico, Claudio Gioè.
In scena con loro Silvia Ajelli (Zora), Stefania Blandeburgo (Leonia), Gaia Insenga (Clarice), Miriam Palma (Olinda), Giuditta Perriera (Bersabea), Nadia Spicuglia Franceschi (Eudossia), Carlotta Viscovo (Eusapia); coreografie di Giavanna Velardi e Giuseppe Muscarello.
Storia del Cretto:
Il Grande Cretto di Alberto Burri (1915-1995) ricopre con una coltre di cemento bianco le macerie della vecchia Gibellina distrutta dal terremoto nel gennaio del 1968. Come un sudario bianco, vela i resti di un passato cancellato in pochi attimi, si adagia sui cumuli di macerie, si incunea nei solchi che seguono le tracce dell’antico tracciato viario. Esso sublima, con la sua purezza scultorea, il tema della “distruzione” caro alla poetica dell’Informale, movimento cui Burri aderisce fin dalla fine degli anni Quaranta divenendo figura fondamentale nella compagine artistica internazionale del secondo Novecento.
Il Cretto è composto da 122 blocchi di cemento, alti circa 1,60 metri, per 98.000 mq di superficie complessiva. I lavori di costruzione iniziarono nel 1985 ma furono interrotti nel 1989, coprendo circa 70.000 mq a fronte dei 98.000 previsti dal progetto. In occasione del Centenario della nascita di Burri, la Regione siciliana, il Comune di Gibellina e la Fondazione Palazzo Albazzini Collezione Burri, decidono di completare l’opera senza eguali nel panorama artistico internazionale che viene consegnata nella sua interezza al pubblico nel 2015.
Ad inaugurare l’opera completata fu l’installazione “Audioghost’68” di Robert Del Naja e Giancarlo Neri.
Il Cretto di Burri è stata scenografia e palcoscenico anche delle precedenti edizioni delle Orestiadi di Gibellina. Il primo spettacolo teatrale che lo coinvolse fu “Metamorfosi di una melodia” di Amos Gitai nel 1992; l’ultimo prima del suo completamento, nel 2010, “Vincer la sorte si deve” con la regia di Piero Maccarinelli.