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Leoluca Orlando è un genio, in termini di strategia politica e di comunicazione non lo batte nessuno. Se come sindaco di Palermo, negli ultimi tempi la sua amministrazione era risultata alquanto appannata (immondizia non raccolta per giorni, buco dell’Amat, bilancio bocciato in prima battuta dagli stessi revisori dei conti, problema sicurezza in città ecc.), ecco che l’essersi accreditato con una mossa da manuale come l’anti-Salvini invitando gli uffici comunali a sospendere gli effetti del Decreto sicurezza che porta la firma del ministro dell’Interno, lo ha immediatamente consacrato nuovamente nell’olimpo della politica nazionale.
Una mossa che gli ha fatto recuperare smalto, visibilità e popolarità nell’area di centrosinistra e che ha avuto l’effetto di mettere in secondo piano i risultati (da molti giudicati non proprio brillanti) della sua amministrazione comunale.
In più, sventolando un tema come quello dei diritti dei richiedenti asilo e più in generale dei migranti, ha ridato energia a un Pd in evidente difficoltà, che vive una fase molto delicata in questo dopo-Renzi, in cui le correnti si scontrano senza esclusione di colpi. Un Pd che oggi è di fatto costretto a ricompattarsi proprio nel sostegno a Orlando, il quale riceve plausi da tutta l’area del centrosinistra e oltre (fino a quella parte di Forza Italia che si riconosce nelle posizioni di Gianfranco Miccichè.
C’è di più, perchè nonostante Leoluca Orlando abbia spesso detto che non è sua intenzione candidarsi alle elezioni europee di maggio, la sua presa di posizione in pratica lo consacra quale unico candidato spendibile di un Pd siciliano, dilaniato da una guerra interna devastante e perciò ancora più in crisi di quello nazionale. Insomma, Orlando ancora una volta ha sparigliato le carte della politica e imposto se stesso a tutto e tutti, come avvenuto in più di un’occasione anche in passato. Le dichiarazioni di venerdì rese in piazza in merito all’Europa, poi, suonano un po’ come l’inizio della sua personale campagna elettorale.
Non è tutto, perchè a beneficiare di questa polemica è anche Matteo Salvini. Infatti, in questi giorni la politica italiana si è polarizzata proprio sullo scontro Orlando-Salvini, togliendo in pratica visibilità a tutti gli altri attori sia di governo che di opposizione. All’indomani della disobbedienza orlandiana contro il decreto salviniano, gli italiani sono chiamati a scegliere oggi o l’uno o l’altro a seconda della propria visione di società. E questo non può che far bene anche al leader della Lega, visto che consolida il suo ruolo centrale, anzi primario, nella politica italiana, oscurando ulteriormente gli avversari politici. («Nel bene o nel male, purché se ne parli», si diceva un tempo parafrasando un celebre brano di Oscar Wilde)…
Chi ne fa le spese sono i Cinquestelle e Luigi Di Maio, costretti a inventarsi improvvise e goffe prese di posizione (vedi il caso dell’intervento alquanto fuori luogo sui migranti al largo di Malta) pur di smarcarsi da questa polemica e riacquistare una visibilità perduta. Tentativi, che a ben guardare, difficilmente potranno fermare l’erosione lenta ma costante di consenso e di voti che gli ex grillini (oggi dimaini, domani forse dibattistini) stanno subendo oramai da mesi.
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