Questa mattina, in occasione del 38° anniversario dell’uccisione del vice questore della polizia Ninni Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia, assassinati per mano mafiosa il 6 agosto del 1985, si è svolta una cerimonia commemorativa. Il questore di Palermo Leopoldo Laricchia alla presenza dei familiari e delle autorità civili e militari, ha reso omaggio alla loro memoria, deponendo una corona di alloro alla stele di piazza Giovanni Paolo II, a poca distanza da viale Croce Rossa, luogo dell’attentato. Per il loro sacrificio, Cassarà e Antiochia, il 26 settembre 1986 sono stati insigniti della medaglia d’oro al valor civile alla memoria.
“Nel 38° anniversario dell’uccisione del vicequestore Ninni Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia, assassinati per mano mafiosa, è viva ancora la memoria del loro operato e della loro lealtà verso lo Stato. Cassarà ebbe un ruolo investigativo di primo piano nell’istruzione del maxiprocesso e, per questa ragione, rimane nel tempo un esempio per gli uomini delle forze dell’ordine che lavorano ogni giorno con coraggio per la legalità”. Così dichiara il sindaco di Palermo Roberto Lagalla.
E sempre in ricordo di quando 43 anni fa il procuratore Gaetano Costa, fu abbattuto da un sicario di Cosa nostra in via Cavour il 6 agosto 1980 mentre da solo stava tornando a casa, il sindaco Roberto Lagalla. “Magistrato lungimirante, Gaetano Costa intuì l’evoluzione del pericoloso potere di Cosa nostra all’interno delle istituzioni. Per questo e per essere stato un esemplare servitore dello Stato, ancora oggi ne viene ricordato il valore dalle istituzioni e da quanti continuano ad alimentare la lotta contro la criminalità organizzata nel nostro territorio. Per ricordare nel migliore dei modi il giudice Costa, in questo anniversario l’amministrazione ha finalmente assolto anche al dovere di sostituire la lapide, dove per la prima volta si legge che questa strage è avvenuta per mano mafiosa”.
La verità storica delle responsabilità di Cosa nostra finalmente compare nella lapide che ricorda l’assassinio del magistrato il 6 agosto 1980. “Era una reticenza, non so quanto originariamente consapevole”, commenta sempre il sindaco Roberto Lagalla.
Alla scopertura della nuova lapide alla quale sono intervenuti i vertici del palazzo giustizia, i familiari di Costa e i dirigenti della fondazione intestata al procuratore. Il figlio Michele accoglie con favore la “correzione” ma sostiene “che il processo di recupero della verità e della memoria non può dirsi concluso. Nel caso Costa manca anche una verità giudiziaria, anche se viene collegata, dopo una indagine ritenuta dai familiari lacunosa, alla condizione di solitudine e di sovraesposizione del magistrato. Qualche mese prima di essere assassinato mentre tornava a casa da solo, Costa aveva firmato in prima persona la convalida degli arresti di esponenti della cosca Spatola-Inzerillo-Gambino. I sostituti, tranne uno, si erano rifiutati di avallare l’operazione di polizia. E il procuratore decise di metterci la propria firma solitaria”.