Il fenomeno delle “cover” e “tribute band” si è allargato sempre più anche a Palermo e, camminando per le strade del centro, è impossibile non sentire o lasciarsi trascinare e canticchiare le canzoni che escono dai locali cittadini.
Si è notato, però, che vengono eseguiti sempre gli stessi tributi, e sempre allo stesso modo, suonano con più o meno abilità e dedizione tutte le note che il pubblico si aspetta di ascoltare, riproducendo artisti internazionali o italiani di carattere nazional popolare della golden age, prevalentemente facili, i cui brani siano formati da tre, massimo quattro accordi, strimpellati e schitarrati senza spessore, ma basandosi sull’imitazione, priva di personalità, delle rock/pop star.
Questo però ha portato, per chi ha un minimo di cultura musicale “pop” alla saturazione e sopportazione delle proposte artistiche avanzate all’interno del capoluogo siciliano.
Ma perché? Perché artisti più complessi ma di eguale fama, non vengono suonati? La musica “inedita”, poi, che fine ha fatto? E gli anni 2000? E perché al di fuori di Palermo è tutto un altro sound?
E’ emerso, parlando con musicisti, cantautori ed organizzatori di eventi, che i gestori dei locali e/o presunti direttori artistici, tre o quattro quelli che hanno il monopolio dei locali della movida palermitana, fanno suonare principalmente le tribute band perché con quelle riempiono sempre i locali e riutilizzano gli stessi musicisti, cambiando il nome ed il genere a seconda della moda e dei filoni correnti. Sono pochi quelli che fanno la differenza e, spesso, non sono abbastanza grandi o attrezzati per determinate proposte artistiche.
Inoltre, improvvisare e sperimentare sembra quasi esser proibito. Viene richiesto il “copia e incolla“ e se qualcuno vuole fare qualcosa di diverso e originale, viene emarginato o non gli viene dato spazio. E così diviene impossibile far emergere il proprio sound, la voglia di sperimentare nuovi arrangiamenti nella ricerca di un prodotto di qualità, per far crescere, non solo sei stessi, ma anche il fruitore, oltre alla soddisfazione nel reinterpretare i pezzi.
Alcuni cantautori, che hanno proposto la loro musica “inedita” a diversi gestori, hanno persino raccontato che gli è stato chiesto di suonare gratuitamente, poiché gli “facevano un favore” nel fornirgli, senza farsi pagare, i servizi accessori… a meno che non fossero in possesso di amicizie per accedere a determinate situazioni.
In ogni caso, gestori dei locali e presunti direttori artistici pongono puntualmente ai musicisti e promoter la solita domanda “quanta gente porti?”, senza interessarsi al progetto musicale ed al talento, “basta che si incassi”.
Ma i musicisti non sono promoter o organizzatori di eventi e spesso non sono preparati nell’affrontare sia la vita artistica che tutti gli aspetti organizzativi che vi sono dietro.
La promozione dovrebbe essere fatta dal gestore, non limitandosi a qualche post o ad un evento sui canali social per riempire una sala, e, in ogni caso, di quelle “persone”, quanto si è certi che quel pubblico torni per risentire la stessa band o altri progetti se non promossi da quel medesimo locale?
Comunque, qualsiasi sia il risultato della serata, bene o male, i musicisti devono essere pagati, senza se e ma, perché il loro lavoro l’hanno svolto, che non è solo la serata, ma tutte le prove che ci sono dietro e, inoltre, anche l’usura degli strumenti e, non dimenticando il trasporto degli stessi.
Quanto sopra citato porta ad un circolo vizioso dove molti sono adagiati o rassegnati alla situazione, al riciclo dei musicisti nascosto dal diverso nome del gruppo musicale, al copia ed incolla e all’abbandono dello studio, della creatività e della sperimentazione.
Ancor più grave è che questa situazione alimenta solo ignoranza, uccide la cultura musicale, perché la gente comune non sa nulla di musica o non ha voglia e pazienza di “ascoltare”, ma canta in modalità nostalgica ciò che gli interessa.
In un sistema così guasto, ci vorrebbe ben poco per raggiungere delle condizioni ottimali e quindi un target più vasto di fruitori e consumatori. Basterebbe partire da una buona selezione di musica e di artisti, ai quali sia data la possibilità di eseguire creazioni originali, e non solo falsi d’autore, permettendo la libera espressione ed interpretazione, dando spazio a tutti i generi musicali.
Questa sorta di mafia dei locali sembra esistere solo nel capoluogo siciliano, perché nel resto della Sicilia, e del mondo, si lavora così, creando nuove sinergie, diversificando, dando spazio e possibilità, in particolare modo alla bravura e all’originalità, o almeno facendo un salto nel nuovo secolo ed organizzando anche festival, come ad esempio quelli Jazz.
Sia chiaro, qui non siamo contro le tribute e cover band, che sicuramente non sono la rovina della musica (ben altri sono i guasti e i cortocircuiti…)