Panormus, la città tutto porto, che negli anni bui del sacco edilizio aveva girato le spalle al mare, prova a fare pace con l’acqua e a rivolgere lo sguardo verso quella costa tanto negata e tanto decantata dai pittori paesaggisti.
Il recente progetto del waterfront, redatto dall’Autorità portuale di sistema, ha probabilmente accelerato la pedonalizzazione di una delle arterie, la via Emerico Amari, che dal porto conduce al centro e incrocia la via Ruggero Settimo, il “salotto” di Palermo, anch’essa destinata ai soli pedoni già a partire da maggio. Così ha deciso la giunta di Palermo, proprio nel giorno in cui il Consiglio comunale ha bocciato il Piano triennale delle opere pubbliche.
In città si parla già di Rambla, sul modello di Barcellona, mentre il sindaco Leoluca Orlando insiste sul “cambio culturale che ha superato ostacoli frapposti da resistenze sempre piu’ sterili”.
Il nuovo progetto crea una grande area priva di traffico veicolare: le due arterie prolungano la già pedonalizzata via Maqueda, che a sua volta incrocia corso Vittorio Emanuele che conduce alla cattedrale. Città di “primati”, Palermo subisce il leggendario disordine del traffico e ora punta a scoraggiare chi va in auto: cento chilometri di piste ciclabili, quattro linee del tram in esercizio e altre sette in programma. Una mobilità leggera che include la metropolitana ferroviaria (i cui cantieri accumulano ritardi), mentre i servizi di bike sharing e monopattini cercano di superare lo scetticismo degli incalliti automobilisti locali.
Siamo a una svolta? Per il sindaco e l’amministrazione non ci sono dubbi. Cautele, però, arrivano dagli addetti ai lavori.
“La strada è quella giusta – dice il presidente dell’Ordine degli architetti di Palermo, Franco Miceli – . Ma su due temi si registrano ritardi: manca il coinvolgimento di cittadini, professionisti, categorie produttive. Le scelte vanno poste a verifiche. La pedonalizzazione va perseguita mirando alla qualità degli interventi: non basta transennare una strada. Dalla pavimentazione (la via Amari, che si vuole chiudere al traffico, è stata appena asfaltata) all’arredo urbano, i progetti vanno pensati”.
Il dato positivo segnalato un po’ da tutti è che oggi c’è una strategia, “iniziata con un incontro di alcuni anni fa ai Cantieri culturali alla Zisa: eravamo un centinaio di professionisti, in dieci diversi tavoli tecnici, e cominciammo a pianificare la svolta”, spiega il docente di Urbanistica dell’Ateneo di Palermo, Dino Trapani.
“Se guardiamo alle altre città costiere – aggiunge Trapani – capiamo che il riordino urbanistico non può che partire dal mare. Il waterfront è una grande idea, purché le scelte siano chiare: lo scalo marittimo non può sviluppare le attività commerciali, ma deve puntare al traffico passeggeri. Palermo non ha retro porto e non potrebbe reggere la pressione dei tir. La costa è un patrimonio incommensurabile, altro che Rio de Janeiro: l’area metropolitana offre un panorama marino per decine di chilometri, delimitato dai promontori di Aspra e Monte Pellegrino, come nei quadri dei vedutisti inglesi e francesi dei secoli scorsi”.
Se la strategia è segnata, a favore della mobilità leggera e della riduzione del traffico veicolare, “quello che manca è una visione d’insieme – dice Filippo Schilleci, ordinario di Urbanistica dell’ateneo palermitano – I vari piani devono dialogare tra loro, partendo dal Prg, cioè da un quadro generale, per scendere via via nei dettagli. Un singolo progetto, che si tratti di una strada o di un percorso ciclabile, va bene se viene inserito in un sistema”.