Cinque donne, seguite dal Centro antiviolenza “Lia Pipitone”, prenderanno il largo in barca a vela il 12 giugno dal golfo di Palermo. È l’ultimo passo di un percorso di rinascita: un viaggio sul mare, per lasciarsi alle spalle la violenza e guardare al futuro con occhi nuovi.
La barca si staccherà lentamente dal pontile numero 4 “Salpancore”, proprio davanti alla Chiesa della Catena. Il mare, placido e profondo, accoglierà le vele bianche come un abbraccio. E loro, cinque donne seguite dal Centro antiviolenza “Lia Pipitone” di Palermo, prenderanno il largo. Non solo fisicamente. Giovedì 12 giugno, dalle 9.30 alle 12.30, navigheranno nel golfo di Palermo a bordo del “Grand Soleil 45 AIDA 2”, condotte dal vento e dalla voglia di rinascere.
È una mattina qualunque d’estate, eppure è un giorno che non dimenticheranno. Perché quella barca rappresenta molto più di un mezzo: è un simbolo, un rito di passaggio. Una linea immaginaria tra un prima e un dopo. Una rotta tracciata verso l’autonomia.
Un lavoro emotivo profondo, guidato dalla psicoterapeuta Azzurra Tramonti, per ritrovare fiducia in se stesse, per riscoprire la propria voce, per riprendersi la dignità e, lentamente, la progettualità.
Donne che hanno subito abusi e maltrattamenti fisici e psicologici, e che ora si sono scelte come compagne di viaggio. Il gruppo ha lavorato su concetti chiave come autostima, autoefficacia, empowerment. Obiettivi grandi, certo, ma raggiunti passo dopo passo, anche attraverso piccoli gesti quotidiani, idee, sogni, ipotesi di futuro. E ora, con le mani che afferrano le cime e lo sguardo puntato all’orizzonte, quelle parole prendono forma.
A dare un nome a questo gruppo è stata proprio la psicoterapeuta Tramonti: “Iside”. Un nome antico, potente. La dea egizia che incarna la forza, la maternità, la rinascita. Ma soprattutto la protezione e l’autonomia. «Iside è la figura simbolica di questo cammino – spiega Tramonti – perché incarna la capacità delle donne di curare le ferite, di ricomporsi, di rinascere anche dopo lo smembramento».
Non è un caso che il mare sia stato scelto come ultimo scenario di questo percorso. Il mare è spazio, respiro, orizzonte. È mutevole e potente, proprio come il percorso di guarigione. “Prendere il largo” non è solo una metafora: è un’esperienza concreta, corporea, sensoriale. È un esercizio di fiducia, nel vento e in se stesse. È guardare Palermo da una prospettiva nuova, lasciandosi alle spalle la costa – e tutto ciò che simboleggia.
E allora eccole, queste cinque donne, che alzano le vele nel silenzio, accompagnate solo dal rumore delle onde e da una nuova consapevolezza: che la libertà si costruisce, passo dopo passo, nodo dopo nodo, come una barca che prende forma. E che per ogni porto che si lascia, c’è sempre un nuovo orizzonte da raggiungere.