Molti lo pensano, ma pochi hanno avuto il coraggio di dire a voce alta che la stabilizzazione dei 2.800 ex Pip del bacino “Emergenza Palermo”, votata dalla maggioranza la settimana scorsa dall’Ars, potrebbe rivelarsi illegittima e quindi nulla. La felicità provata da questi lavoratori, entrati nei decenni scorsi nelle fila della Pubblica amministrazione come soggetti svantaggiati titolari di un assegno di sostegno, potrebbe presto trasformarsi in delusione. D’altronde il rischio dell’impugnativa da parte del Consiglio dei ministri è stato avvertito sin da quando il provvedimento è stato presentato nelle Commissioni competenti.
Nei giorni della finanziaria a Palazzo dei Normanni quasi tutti i deputati ne parlavano, tra una chiacchierata in corridoio e un caffè al bar, e qualcuno di loro aveva pure preso la parola in occasione della discussione d’Aula per mettere la maggioranza in guardia dal pericolo. A differenza dei contrattisti degli Enti locali, infatti, non esiste una legge che riconosce a questa categoria di lavoratori il diritto ad essere assunti dalla Pubblica amministrazione in deroga alle modalità previste dalla legge, in altre parole ai concorsi pubblici. La loro assunzione presso la Resais, società partecipata dalla Regione Siciliana, scatterà all’inizio del 2019.
Gli estensori del provvedimento però hanno preferito tirare dritto, senza se e senza ma. La stabilizzazione degli ex Pip “s’ha da fare”. Nessuna considerazione, nessun parere, per quanto autorevole, e nessun dubbio hanno scalfito la volontà dei deputati proponenti e di quelli della maggioranza che poi lo hanno approvato. Adesso manca poco al giorno della verità. Una volta votato il collegato alla finanziaria, infatti, Roma avvierà i controlli di rito per capire se le norme varate a Palermo nell’ambito della manovra regionale sono coerenti con quelle nazionale e sovranazionali.
Solo allora si saprà se la tanto agognata stabilizzazione da parte degli ex Pip è una realtà o tornerà ad essere una promessa impossibile da realizzare. Ai lavoratori non resta altro che incrociare le dita e sperare che tutto fili liscio.