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Palermo, le rotte della droga dalla Spagna e da Napoli e la ‘villa di Scarfece’: 8 arresti CLICCA PER IL VIDEO

martedì 14 Dicembre 2021

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I carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo hanno eseguito questa notte otto misure di custodia cautelare in carcere nei confronti del capo mandamento di Pagliarelli a Palermo e dei suoi luogotenenti. Il gip Piergiorgio Morosini ha emesso il provvedimento su richiesta del sostituto procuratore della Dda Dario Scaletta e dell’aggiunto Salvatore De Luca.

Complessivamente gli indagati sono 17 (per nove il gip non ha ritenuto sussistere esigenze cautelari) per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e trasferimento fraudolento di beni e valori, tutte aggravate dal metodo mafioso. In carcere sono finiti Giuseppe Calvaruso, il reggente del mandamento di Pagliarelli (dopo l’arresto di Settimo Mineo nell’operazione Cupola 2.0 del dicembre 2018), il suo braccio destro Giovanni Caruso (sia Calvaruso che Caruso sono già detenuti dopo gli arresti del maggio scorso), i due luogotenenti del clan Angelo Costa e Francesco Duecento oltre a quattro corrieri, i più attivi nel traffico di stupefacenti: Gianluca Carrotta, Giuseppe Bifano, Ciro Casino e Domenico Pangallo.

L’indagine, conclusa dai militari al comando del colonnello Andrea Massari, comandante del reparto operativo di Palermo, costituisce l’ulteriore fase di un’articolata manovra operata in direzione del mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli, che ha consentito di riscontrare la perdurante operatività di quell’articolazione di Cosa nostra a Palermo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti i boss del mandamento di Pagliarelli importavano grossi carichi di hashish e marijuana dalla Spagna e dalla Campania, mentre la cocaina dalla ‘ndrangheta calabrese.

Oltre alle 8 misure cautelari eseguite questa notte che hanno portato in carcere i vertici del mandamento mafioso di Pagliarelli a Palermo, i carabinieri del nucleo informativo hanno sequestrato la villa di lusso con piscina in stile Scarface dove viveva la famiglia del capo mandamento Giuseppe Calvaruso. Una misura cautelare reale disposta dal gip Piergiorgio Morosini su richiesta dei magistrati della Dda Dario Scaletta e Salvatore De Luca. Una villa ottenuta schiacciando il vero titolare con il peso dell’intimidazione mafiosa di un boss. Una vicenda particolarmente indicativa del ferreo controllo del territorio da parte delle famiglie mafiose di Pagliarelli. Nel caso della villa di via Altofonte, costruita abusivamente, poi completamente sanata, Calvaruso con la scusa di dirimere una controversia fra proprietario e inquilino, non solo ha cacciato quest’ultimo ma ha convinto il proprietario a cedergli la lussuosa villa con piscina. L’immobile ha continuato ad essere intestato al proprietario originario (indagato a piede libero), ma di fatto da anni era diventata l’abitazione principale della famiglia del capo mandamento.

LA DROGA COME AMMORTIZZATORE SOCIALE

Le famiglie mafiosi si concentrano sul traffico di grosse partite di droga, lasciando ai piccoli criminali comuni, la gestione dello spaccio al dettaglio. Non ci sono affiliati nelle piazze dove si vende cocaina, hashish e marijuana ma tutto lo stupefacente che circola deve arrivare dai depositi dei boss. Non si ammettono affari “fuori sistema” come li chiama Giovanni Caruso, uno degli otto destinatari delle misure di custodia cautelare in carcere eseguite dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo. “Centocinquanta mila euro ha fatto con il fuori sistema… e poi ha fatto il meschino… non ha dato nulla il meschino” sbraitava il braccio destro del capo mandamento riferendosi ad un pusher che aveva spacciato una partita di droga presa fuori dai canali di Cosa nostra. Non sono ammessi sgarri nella vendita, ogni grammo deve arrivare dal circuito dei clan. Anche perché l’attività di vendita al dettaglio di stupefacenti è considerata dai capi famiglia un vero e proprio ammortizzatore sociale da “concedere” alle fasce sociali delle aree cittadine più critiche, in una chiara ottica di marketing criminale volto al proselitismo mafioso. Nei confronti di gruppi criminali o di interi nuclei familiari, viene tollerata l’assai remunerativa gestione delle numerose piazze di spaccio cittadine (anche al fine di garantire un’offerta costante che sostenga la domanda elevata di stupefacenti), ma a patto che la droga sia “made in cosa nostra”.

Nel corso dell’indagine, prima delle otto misure cautelari eseguite questa notte, i carabinieri del nucleo investigativo di Palermo avevano già arrestato in flagranza di reato 3 persone ed è stato deferito in stato di libertà un altro soggetto. Si tratta di corrieri presi durante i tanti viaggi dalla Campania e dalla Calabria con nascoste decine di chili di droga nelle auto, quasi sempre perse a noleggio. Arresti che hanno portato al sequestro di circa 70 kg di stupefacente e circa 20.000 euro in contanti.

Il blitz di questa notte arriva dopo le quattro operazioni del mese scorso che hanno disarticolato le piazze di spaccio di Palermo con 112 misure cautelari eseguite in 35 giorni dai carabinieri. Se i quattro blitz di novembre si sono concentrati sui pusher, l’operazione di questa notte ha azzerato il livello superiore, quello dei trafficanti che garantiscono l’approvvigionamento alle piazze di spaccio. E i risultati investigativi confermano come Cosa nostra abbia in mano tutto il business della droga in città, solo ad un livello più alto e remunerativo della vendita al dettaglio.

LE ROTTE DELLA DROGA

L’hashish dal Nordafrica, passando per Malaga in Spagna, poi Napoli e infine Palermo, la cocaina dalla Calabria dove i clan della ‘ndrangheta custodiscono parte dei maxi carichi che arrivano dal Sudamerica. Queste le due principali rotte della droga che arrivava nel mandamento di Santa Maria di Gesù, gestita dagli otto arrestati di questa notte dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Palermo su richiesta dei magistrati della Dda. Secondo gli investigatori gli indagati erano un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) che distribuiva nelle piazze del mandamento palermitano. Il sodalizio, con al vertice il reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli Giuseppe Calvaruso e il suo braccio destro Giovanni Caruso, secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe contato su un continuo afflusso di stupefacente garantito dalla rete criminale di rifornimento intessuta unitamente ad altri boss dei mandamenti palermitani, che differenziavano gli interlocutori criminali di riferimento a seconda del tipo di stupefacente di volta in volta richiesto: per l’hashish si sarebbero rivolti ad uno stabile gruppo di corrieri campani che si sarebbero riforniti direttamente nella cittadina spagnola di Malaga e che avrebbero curato il trasporto della sostanza fino al capoluogo siciliano. Per la cocaina, invece, avrebbero fatto riferimento a soggetti calabresi che si sarebbero fatti carico della consegna.

Per Giuseppe Calvaruso, il reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli a Palermo, il primo obiettivo da raggiungere con i proventi del traffico di droga era il mantenimento delle famiglie dei carcerati, decine di famiglie con mariti, padri e figli affiliati alle famiglie di Pagliarelli ed ora in cella. “Che si lavori o non si lavori… i soldi ci devono essere sempre” diceva alla moglie Calvaruso. Per gli inquirenti è lui il promotore dell’associazione finalizzata al narcotraffico, è lui che riceve e gestisce le somme derivanti dallo smercio della droga, ha la cassa del mandamento e raccogliere il denaro necessario al mantenimento dei familiari dei consociati detenuti. La riscontrata coincidenza tra il denaro raccolto dal traffico di stupefacenti e la somma destinata ai presunti consociati ristretti ha consentito di inquadrare nel provvedimento cautelare la predetta attività delittuosa in un disegno criminale più ampio e finalizzato a garantire la sussistenza stessa dell’organizzazione mafiosa.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Gli arrestati nell’operazione Brevis II dei carabinieri di Palermo sono: Giuseppe Calvaruso, 44 anni, Giovanni Caruso, 50 anni, Angelo Costa, 28 anni, Francesco Duecento, 20 anni, tutti di Palermo; Gianluca Carrotta, 26 anni, Giuseppe Bifano, 45 anni e Ciro Casino, 49 anni, di Napoli; e infine Domenico Pangallo, 38 anni di Locri (Reggio Calabria). Con lo stesso provvedimento e’ stato disposto anche il sequestro di una villa in via Altofonte a Palermo

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