La morte è sempre un evento enorme che interroga credenti e non credenti. La morte di un Papa non è da meno ma è chiaro che ha una rilevanza maggiore per l’impatto che la figura di un pontefice ha su milioni di persone credenti e sul corso degli eventi della storia ecclesiastica e mondiale.
In questi giorni leggeremo tante cose su papa Francesco che probabilmente avranno il limite dell’estemporaneità e dell’emotività. Già le prime pagine dei giornali italiani che annunciano la morte di Francesco sono un indizio evidente della difficoltà di approcciarsi alla figura di Bergoglio. I principali quotidiani italiani con titoli fotocopia hanno puntato sul “Papa degli ultimi”, ricorrendo ad una immagine popolare simile a quella del “Papa Buono” che però certamente non rivela poliedricità e complessità di un pontificato a cui probabilmente si adattano più alcune prima pagine di giornali italiani e stranieri come il Foglio e El Mundo che rispettivamente hanno aperto i loro giornali parlando de “il Papa che ribaltò la Chiesa” e de “il Papa che agitò la Chiesa”. Sicuramente due prime pagine più “vere” rispetto alla vulgata del Papa degli ultimi. La verità è che abbiamo strumenti troppo limitati in questo momento per esprimerci con completezza sulla figura di Jorge Bergoglio e per dare un giudizio complessivo sul suo Pontificato ed è per questo che sarebbe bene, in un certo senso, sospendere il giudizio perché probabilmente, anzi sicuramente, non compete neanche a noi.
Ciò non significa che i credenti, sopratutto i fedeli cattolici, debbano astenersi dal comprensibile dolore e dai normali sentimenti di tristezza e cordoglio. Sarebbe assurdo. Sarebbe necessario invece rifuggire dalla tentazione del “santo subito” che in questi casi scatta quasi naturalmente per la pressione emotiva e mediatica che una figura empatica come quella di Papa Francesco potrebbe alimentare. Azzarderei anche a dire che una cosa di questo tipo non sarebbe piaciuta neanche a Francesco che in vita ha rifiutato parecchi degli onori tributati normalmente al Romano Pontefice.
Quella di Papa Francesco è una figura complessa così come complesso può essere definito il suo Pontificato ed è per questo che un’analisi approfondita e naturalmente un giudizio dovranno obbligatoriamente essere rimandati, non solo per il necessario rispetto al defunto Pontefice ma perché sopratutto per quanto riguarda le sue scelte di governo della Chiesa cattolica e di pastorale servirà tempo per capirne l’effettivo impatto sulla vita della comunità ecclesiale. Bisognerà attendere quei frutti che la sapienza evangelica addita come unico criterio per giudicare della bontà o meno dell’albero.
Intanto, pur consapevoli che Papa Bergoglio in vita ha destato forti contrapposizioni, è necessario soprassedere dalle prese di posizione definitive. Adesso è il momento di lasciare spazio ai sentimenti che sono propri del momento supremo della morte e della fine di un Pontificato.
La Chiesa cattolica di Bergoglio e quella che sarà sono le pagine di un capitolo ancora non scritto della storia della Chiesa. Noi, in questo momento, siamo solo spettatori di un evento grande che non richiede né applausi né fischi ma un silenzio sacro che può essere riempito dalla preghiera e dalla riflessione.
Preghiera e riflessione sono le uniche cose che servono per accompagnare degnamente il Vescovo di Roma nel suo transito da questa vita a quella futura.
Sappiamo dal suo testamento che riposerà in Santa Maria Maggiore ed è in questo momento la cosa più certa che possiamo dire, per il resto Papa Francesco adesso è affidato, per i credenti, al giudizio di Dio e per tutti al giudizio della Storia che ha i suoi tempi e i suoi metodi.