Fatti più in là… Il refrain delle Sorelle Bandiera di un tempo in cui l’Italia ancora entrava per intera nel piccolo schermo, potrebbe essere il ritornello giusto per scandire i giorni della vigilia della preparazione delle liste in casa Pd. Con i dirigenti regionali del partito che si affannano a trovare la quadra in un condominio dove la coabitazione tra le varie anime, comincia a essere complessa e risicata.
L’ingresso di Orlando fra i Dem, uno dei tanti ritorni a cui non si possono attribuire particolari significati di conversioni o rinnovate folgorazioni politiche, pone solo una delle contingenze che restringono il campo dei pochi posti al sole nel contenitore che andrà consegnato a Renzi.
L’adesione infatti del sindaco di Palermo al Pd arriva a cavallo della presentazione delle liste per le Politiche in cui Orlando manda in campo il suo luogotenente più fidato, Fabio Giambrone, presidente della Gesap, pronto a correre come capolista nella quota plurinominale proporzionale alla Camera.
Oggi la scelta di Orlando trova l’apprezzamento esplicito del capogruppo all’Ars del Pd Giuseppe Lupo, uno che con lui non ha mai negato un asse privilegiato di rapporti. Come è altrettanto possibile che di minore entusiasmo sia fatto il silenzio di altri big del Pd. Solo qualche giorno fa, Antonio Rubino, dirigente regionale, vicino a Cracolici, aveva dichiarato: “Leoluca Orlando è uno dei grandi responsabili della sconfitta alle scorse regionali. Ha proposto un modello che è risultato fallimentare e poi è scomparso prima ancora della chiusura delle liste”.
Nei conti, ottimistici, del Pd ci sono in tutto una decina di posti utili e tra poco potrebbero mettersi pure in mezzo i primi sondaggi e le rilevazioni che confermano un trend assolutamente povero tra i Dem nell’uninominale. Piove dunque sul bagnato.
Volontari che fanno un passo avanti non se ne vedono. Non è decollata nemmeno l’idea abbozzata da Renzi di mandare in campo i deputati regionali nei collegi a scontrarsi con le corazzate dei grillini e del centrodestra.
Il tempo in cui Matteo Renzi parlava e tutti si precipitavano ad esaudire i suoi desideri è finito da un po’. Anche in Sicilia. Da settimane si rileva nel Partito democratico una fuga dai collegi senza soluzione di continuità. Pare essere scomparso dai radar Fabrizio Micari, immolato sull’altare usa e getta dai renziani di Sicilia e per il quale i più ottimisti prefiguravano un seggio romano di risarcimento.
L’area renziana di Luca Sammartino non fa passi indietro sul nome di Valeria Sudano, ex deputata regionale nel plurinominale alla Camera. Ma anche l’altro big etneo del partito, l’ex assessore Anthony Barbagallo, rivendica spazio per Ersilia Saverino.