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Perché votare NO al referendum del 20 settembre

giovedì 20 Agosto 2020

Facciamo fatica a rintracciare un motivo valido per votare Sì al referendum del prossimo 20 settembre sulla riduzione del numero dei parlamentari.

In una situazione di grave crisi del Paese pervaso da un diffuso malessere sociale, incertezza per il futuro, accresciuta dall’inquietudine per una pandemia che sembra non avere fine, la riduzione del numero dei parlamentari non sembra proprio l’emergenza prioritaria.

E, soprattutto, è un provvedimento utile?

L’unico argomento che abbiamo sentito circolare, prima e dopo l’approvazione della Legge, è che essa assicura un risparmio per le casse dello Stato.

Ora, a parte l’esiguità del risparmio, questo si poteva realizzare, senza intaccare la Costituzione, attraverso la semplice e più rapida riduzione dei costi generali del Sistema, in molti casi esorbitanti, e che sono invece gelosamente salvaguardati.

Viene da sorridere se a fronte del nostro enorme debito pubblico, tra i più alti del mondo, rispondiamo con il taglio dei parlamentari con cui si risparmierebbe lo 0,007 della spesa pubblica nazionale.

La verità è che la lotta agli sprechi, alle liquidazioni scandalose, alle pensioni d’oro, che solo in parte, e non la più rilevante, appartengono al mondo della politica, non si è mai fatta.

Invece, con un’abile operazione di depistaggio si voluto individuare nei parlamentari e quindi nel Parlamento, l’area del privilegio, di gente pagata profumatamente per non fare niente, occultando le vere aree del privilegio e del parassitismo che si annidano in particolare negli enti pubblici e para pubblici.

A mo’ di esempio, perché non è l’unico caso eclatante, alcuni anni fa destò un certo scalpore il caso di Flavio Cattaneo, un boiardo di Stato, (ora più elegantemente si chiamano Top Manager) famoso per avere sposato Sabrina Ferilli, ma ancor di più perché dopo essere stato alla Telecom solo sedici mesi è stato liquidato con 25 milioni di euro, peraltro transate perché, come sostenevano i suoi legali, potevano arrivare a 50 milioni di euro.

In tempi ancora più recenti Silvano Cassano dopo appena nove mesi all’Alitalia è stato liquidato con 2,4 milioni di euro di buona uscita.

L’altro elemento che spicca in questo provvedimento è l’arbitrarietà del taglio previsto. Quando i Padri costituenti fissarono il numero, lo stabilirono in base a dei criteri, il territorio, la popolazione, ma soprattutto scaturiva da un progetto generale di assetto istituzionale che la Costituzione regolava e da cui discendeva il numero della rappresentanza.

Di per sé non è un delitto ridurre il numero dei parlamentari, ma se non inserito in una riforma organica della Costituzione, il taglio produce solo un ridimensionamento della funzione del Parlamento che conterà sempre meno.

Continuare a dare morsi alla Costituzione in assenza di un riassetto generale provocherà nuovi squilibri istituzionali, una sterilizzazione del Parlamento e un accentuarsi della crisi del nostro sistema politico.

E’ un provvedimento che, paradossalmente, si muove nella stessa logica della riforma di Renzi che aveva il limite di limitarsi a uno spostamento, a un riequilibrio dei poteri dal parlamento all’esecutivo.

Altro paradosso è che da parte di chi teorizzava una democrazia senza i partiti, contrapponendo la democrazia diretta alla democrazia rappresentativa, secondo la ottocentesca teoria di Rousseau, con questo taglio comprimerà l’area sociale, politica e territoriale della rappresentanza e si determinerà un rafforzamento dei vertici dei partiti, del notabilato e dei capi clientela.

Avremo un parlamento omologato alle direttive dei partiti che continueranno nell’occupazione dello Stato e ad eliminare ogni forma di dissenso.

Più che ridurre il numero dei parlamentari la vera questione democratica che abbiamo di fronte è, infatti, la riforma dei partiti togliendo ad essi il potere di decidere chi deve rappresentarli.

Non esiste nessuna democrazia al modo, solo in Italia, in cui gli elettori non possono scegliere il loro rappresentante in Parlamento.

La semplice riduzione dei parlamentari, infatti, trasformerà il sistema democratico in un’oligarchia in cui i partiti continueranno a sostituirsi agli elettori nominando deputati e senatori scelti in base al criterio dell’appartenenza e della fedeltà e dove si moltiplicheranno i comportamenti scandalosi che le cronache di questi giorni hanno messo in risalto.

 

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