“Le scelte comunitarie sulla politica comune della pesca nel Mediterraneo degli ultimi trent’anni hanno solo prodotto oltre il 50 per cento della demolizione della flotta e la rottamazione del 30 per cento del capitale umano, mortificando competenze, capacità, modalità di lavoro conquistare in decenni di attività di pesca delle marinerie italiane e siciliane in particolare”, a dichiararlo Giuseppe Messina, Segretario Ugl Sicilia.
“Sono molteplici le minacce sugli stock ittici mediterranei indipendenti dall’attività di pesca – precisa Messina – come il bracconaggio sotto costa, la concorrenza delle flotte legali ed illegali extra Ue, il cambiamento climatico, l’inquinamento”.
“La scelta di chiudere gli spazi di pesca per alcune specie bersaglio può essere condivisa solo se rispettata da tutte le flotte operanti nel Mediterraneo – chiarisce il Segretario Ugl Sicilia – ed il rischio di ridurre le giornate di pesca è concreto e potrebbe portare solo ad una ulteriore riduzione della flotta e non dello sforzo di pesca, determinando la conseguente chiusura definitiva dell’attività della pesca. L’effetto sarà quello di fare scomparire il settore senza ridurre lo sforzo di pesca”.
“Chiediamo al governo regionale, in merito al tavolo di confronto sulla programmazione, di individuare risorse nel Pnrr, oltre a quelle del nuovo Feamp, per migliorare il settore nella pesca permettendo l’introduzione di nuove tecnologie, rivalutando il pescato, migliorando gli aspetti igienico sanitari ed evitando il triste e dannoso fenomeno del bracconaggio, uscendo dal miope criterio di rivalutazione dei dati sulle specie ittiche basato dal rapporto sforzo di pesca e cattura per evitare il rischio di vedere scomparire la flotta siciliana. Registriamo finalmente l’inversione di tendenza che serviva al settore della pesca – conclude Messina – perché l’azione politica del governo regionale e dell’assessore Scilla, ha già prodotto il cambio di marcia che serve per modificare l’atteggiamento a Bruxelles, necessario a porre fine alle scelte scellerate che hanno solo danneggiato l’economia ittica senza ridurre in alcun modo lo sforza di pesca”.