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L'anniversario

Pio La Torre: Costruttore di Democrazia

mercoledì 30 Aprile 2025

Il 30 aprile ricorre l’anniversario dell’assassinio per mano mafiosa di Pio la Torre e Rosario Di Salvo, il suo collaboratore che lo accompagnava quotidianamente, il quale dopo avere conosciuto il pane duro dell’emigrazione e conseguito il diploma di ragioniere aveva rinunciato ad un posto tranquillo per tornare a quello che gli era sempre piaciuto, il lavoro per il partito.

Per ogni italiano e siciliano amante della libertà e che rifiuta ogni forma di violenza e di ingiustizia sociale oggi più che mai è doveroso, ma anche utile, ricordare questi martiri.

È un anniversario che nella fase politica che stiamo attraversando ci spinge ad aprire una riflessione, risvegliare un impegno di fronte ai momenti di involuzione politica e di regressione civile che stiamo attraversando. Non gridiamo che vi è il fascismo alle porte, tuttavia il restringimento degli spazi di democrazia e di partecipazione è reale.

La Torre non partecipò al movimento della Resistenza contro il nazifascismo per motivi anagrafici ma fin da giovane iniziò una seconda Resistenza, quella contro la mafia del feudo che tutelava gli interessi degli agrari e liberare i contadini da una secolare schiavitù.

La lotta per la Terra e la riforma agraria significavano per lui trasportare il sud e la Sicilia nel nuovo mondo che si era aperto con la lotta di Liberazione affermando una condizione di modernità nei rapporti di produzione e di potere.

Egli fu un protagonista nella costruzione del nuovo edificio democratico nato dalla Resistenza e nel contrastare tutti i tentativi delle forze reazionarie interne ed esterne di attuare una svolta autoritaria confidando nelle fragili basi della democrazia appena conquistata.

Dalla prima strage di Portella delle Ginestre, alla legge truffa del 1953, al governo Tambroni del luglio ’60, all’operazione Sifar del 1964, al Piano Solo del  generale De Lorenzo del 1964 e ancora la strage di Piazza Fontana a Milano del 1969, il tentato golpe fascista del principe Valerio Borghese  in cui si chiese anche il sostegno della mafia (1970) e la strage di Piazza della Loggia a Brescia (1974).

In questo disegno eversivo si inserisce anche il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro del 1978 da parte delle Brigate Rosse, l’assassinio di Pier Santi Mattarella del 1980, passando per il Piano di Rinascita Democratica della P2 di Lucio Gelli scoperto nel 1981 e poi l’assassinio di La Torre e, a distanza di qualche mese, del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982 e cosi continuando fino alle stragi di Capaci e di via D’Amelio.

La lotta alla mafia, infatti, per La Torre non era solo lotta contro un normale potere criminale ma in quanto essa era uno strumento utilizzato da pezzi di potere più o meno occulti che coagulavano vari interessi economici, politici, finanziari e che ricorrevano alla mafia per imporre il proprio dominio, fermare l’avanzamento delle classi popolari e distruggere le istituzioni democratiche.

La Torre combatte così quello che Gramsci chiamava il sovversivismo delle classi dirigenti. Egli analizza e combatte tutte le fasi di trasformazione della mafia, da quella primitiva delle borgate palermitane, alla mafia rurale che lo vide alla guida nell’occupazione dei feudi e durante una manifestazione dei contadini a Bisacquino venne arrestato con accuse false  e  condannato a  4 mesi e 15 giorni di carcere dopo averne scontato 17 mesi in attesa del processo.

E poi combatte la mafia che si era trasferita dalle campagne alle città attratta dalle rendite fondiarie con le sue vigorose denunce e la strenua lotta contro il sacco di Palermo dai banchi del consiglio comunale. E ancora la mafia che penetra nell’economia grazie alle enormi risorse accumulate con il traffico della droga, fino ai grandi intrecci internazionali che avevano al centro la Sicilia in cui rientrava l’istallazione del base nucleare a Comiso.

Da qui il riferimento, come denunciò dalla tribuna del congresso regionale del PCI, alla presenza in Sicilia del finanziere Michele Sindona e al suo progetto Trinacria volto a trasformare l’isola in una zona franca in mano ai centri di potere internazionali, finanziari e militari in accordo con la mafia che ne avrebbe ricevuto in cambio rilevanti benefici e spazi per i propri traffici e interessi.

Pio La Torre, infine, definisce il quadro giuridico funzionale ad una efficace lotta alla mafia legata alle sue trasformazioni, con un salto di 200 anni del sistema giuridico italiano. Fino ad allora lo Stato non poteva combattere perché la mafia non esisteva, la si poteva perseguire come associazione a delinquere, fare parte della mafia non era un reato e non aveva pertanto gli strumenti per combatterla.

Pio La Torre risolve il problema: reato di associazione, il 416 bis, e confisca dei patrimoni per colpirla al cuore dei suoi interessi principali. Grazie a questa intuizione i magistrati da quel momento avranno a disposizione gli strumenti per perseguire  la criminalità mafiosa e la storia ha dimostrato che ne hanno fatto buon uso anche se molti hanno pagato con la vita il loro impegno.

La Torre ci ha lasciato un patrimonio di conoscenza, di strumenti per combattere la mafia insieme ad un patrimonio morale lottando per un mondo senza mafia e senza guerre e una visione della politica fatta di idee, rigore morale, disinteresse personale e coraggio nell’assumersi le proprie responsabilità. Un esempio di vita, una eredità che non va dispersa in grado di guardare al futuro con fiducia e speranza.

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